Le notti della Repubblica: il cinema che ci racconta la storia

Le cinque giornate (Dario Argento, 1973)
Avete letto bene, il genio del thriller italiano ha avuto una felice parentesi storica, raccontando l’insurrezione di Milano del marzo 1848. I due protagonisti sono Caivazza, un ladruncolo, e Romolo, un fornaio romano, che vengono involontariamente coinvolti negli scontri tra italiani e austriaci,  fino a che uno di loro giocherà un ruolo da protagonista.  Per l’annessione della Lombardia al Piemonte mancano ancora 11 anni. Commedia dolceamara di Argento: all’inizio si ride spesso, grazie anche al duetto di protagonisti formato dal mitico Adriano Celentano e dallo sfortunato Enzo Cerusico, attore di cabaret scomparso poco più che cinquantenne e finito velocemente nel dimenticatoio. I toni si drammatizzano col passare dei minuti e con l’aumento del coinvolgimento emotivo dei suoi protagonisti: Argento strizza l’occhio al Monicelli de La grande guerra anche se qui si vola decisamente più basso. Il film è gradevole, divertente e ben fatto, anche se la critica ai tempi non fu tenera, dopo che Argento li aveva deliziati coi primissimi thriller. Ma Le cinque giornate va visto perché riesce ad essere leggero pur narrando tragedie e la mano del Maestro che  questa volta non impugna il coltello, gestisce abilmente i cambiamenti di tono del film. Un po’ meno i tempi, visto che la visione dura poco più di due ore.

Segreti di stato (Paolo Benvenuti, 2003)
Uno dei tanti giorni in cui l’Italia è stata ferita al cuore, è sicuramente quel 1 maggio 1947 in cui nella piana di Portella della Ginestra, durante la festa dei lavoratori, dalle colline partirono raffiche di mitra che uccisero più di dieci persone. Una strage che ha sempre avuto un’unica firma, il bandito Salvatore Giuliano (molto ben raccontato nell’omonimo film di Francesco Rosi), ma che come tanti altri episodi di questo secolo, lascia ben più di un dubbio. Benvenuti analizza a fondo la vicenda e trasforma il suo film in un appassionante documentario a tesi, partendo dalla considerazione che l’attribuzione della strage a Giuliano sia un falso storico, come documentano atti ufficiali della Cia. Il film segue la storia di Gaspare Pisciotta, amico del bandito, non convinto delle colpe di Giuliano: le sue “ingerenze” lo porteranno alla morte. La tesi del regista è che la strage sia il primo atto della Strategia della tensione che lo stato adottò per tutto il dopoguerra (fino alla strage di Bologna) per intimidire i cittadini desiderosi di cambiamento. Nella tesi, oltre a Democrazia Cristiana e Cia, c’è anche il Vaticano, coraggiosamente tirato in ballo nella bellissima scena madre del film, in cui vengono poste sul tavolo delle carte scoperte coi volti di quelli che dovrebbero essere i protagonisti della vicenda. Le carte, poco prima di volare via, formano uno scudo crociato. Criticatissimo all’uscita da più direzioni, da chi ama il classico di Rosi e non ne accetta una versione aggiornata, alle vere e proprie critiche politiche: polemiche sterili, perché Segreti di Stato non somiglia a nessun film e non vuole neanche farlo… quanto alle polemiche politiche, forse i fomentatori sono gli stessi che vogliono farci credere che l’aereo di Ustica nel 1981 sia precipitato da solo. Auguri, eh…

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