L’esordiente Godano indaga nel rapporto di coppia: si ride ma non solo

Moglie e marito (di Simone Godano, 2017)

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Moglie e marito

Andrea e Sofia sono una coppia ormai giunta al capolinea, lui neurochirurgo, lei conduttrice televisiva di un programma “dalla parte delle donne”. Nello sperimentare una macchina di sua creazione prendendo come cavia la moglie, Andrea combina un pasticcio enorme: a causa di un corto circuito la macchina fa sì che i due corpi si scambino e ognuno deve affrontare i problemi dell’altro in primissima persona. Il soggetto non è nuovo, ci pensò una quarantina d’anni fa la Disney con Tutto accadde un venerdì, quando furono madre e figlia (Jodie Foster bambina, tra l’altro) a scambiarsi il corpo, ma l’esordiente Godano (in passato assistente di Matteo Rovere, qui produttore) non guarda alla fantascienza, ma dopo un’ottima mezz’ora di risate ben orchestrate punta alla riflessione sulla vita di coppia e agli elementi che caratterizzano gli specifici ruoli di marito e moglie. Lo fa grazie a un duo di attori d’eccezione, Pierfrancesco Favino e soprattutto Kasia Smutniak, sorprendente ed entusiasmante caricatura del suo compagno di scene; non ultimo, l’ottimo caratterista Valerio Aprea, dal curriculum eccellente (Boris e Ogni maledetto Natale), ideale catalizzatore comico della situazione. Il film poteva anche essere altro, poteva puntare esclusivamente sul comico, poteva distribuire maggior cattiveria e cinismo, poteva andare in tante direzioni ma Godano ha scelto la strada della commedia, rendendole un più che dignitoso omaggio e mostrando attenzione anche in particolari dove il nostro cinema spesso inciampa, come ad esempio una colonna sonora (non originale) ricca di grandi momenti, in certi casi molto noti, ma sempre adatti al ritmo del film. Il dado è tratto, e forse la chiave di volta è stato proprio quel magico Perfetti Sconosciuti di due anni fa, la commedia italiana fortunatamente non cerca più di diventare un clone dei film di Moretti, non guarda tutti dall’alto di un radicalismo chic che ha portato solo a noia e disaffezione: la nuova commedia è popolare, divertente, accattivante e azzeccata nell’aver abbassato le pretese. Andiamo quindi, a divertirci, che qualcosa dentro rimane. Sempre.

L’estate del mio primo bacio (di Carlo Virzì, 2006)

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L’estate del mio primo bacio

1987. Come ogni estate, la ricca tredicenne Camilla, passa le vacanze nella lussuosa (ma decadente) villa di famiglia all’Argentario, in compagnia di una madre che pensa solo a se stessa, e di amiche viziate ed egoiste con le quali non ha nessun rapporto. Intanto il padre preferisce restare a Roma con l’amante, fingendo di lavorare. La monotonia verrà presto spezzata quando Camilla conosce il ragazzo diciassettenne che deve pulire la loro piscina. Opera prima di Carlo Virzì, fratello minore di Paolo, che cerca di seguire le sue orme ricalcandole nel mettere in scena la povertà d’animo del mondo dei ricchi. Il cast lo aiuta perché la giovane Gabriella Bellisario (poi attrice per Sorrentino) è bravissima, Laura Morante è una madre “perfetta” e alcuni ruoli di contorno sono davvero gustosi, come lo psichiatra proletario di Neri Marcorè. Virzì jr sa ritrarre bene queste persone, e da buon musicista presenta una colonna sonora nostalgica e commovente (qualche errore storico però c’è…). Il film però è un po’ troppo semplice e televisivo, un’operina corretta che non rimane nella mente. Ma se l’avete persa, dopo oltre dieci anni può essere un’occasione per passare novanta minuti di relax assoluto. Disponibile in streaming su Chili, Wuaki e Itunes.

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