L’omaggio al Maestro e i suoi film tutti da rivedere

Il ricatto (Eugenio Mira, 2014)
Avere un debole per il cinema è cosa normale e molto bella; avere un debole per Alfred Hitchcock è cosa buona e giusta; avere un debole per gli omaggi e per le operazioni a metà tra la nostalgia e il citazionismo può portare invece più frequentemente verso trappole, piuttosto che al piacere assoluto. Il ricatto, anzi Grand Piano come recita il titolo originale, vuole essere un omaggio al Maestro del brivido (a cui andrebbe tolto il riduttivo “del brivido”) incentrato su due suoi capolavori: Paura in palcoscenico e L’uomo che sapeva troppo, nella celeberrima scena del pianoforte. Il film dello spagnolo Mira parla di un pianista, Tom Selznick (altro omaggio a Hitch, visto che David Selznick era il suo produttore storico) che torna sulle scene dopo cinque anni di assenza causata da un fiasco, incoraggiato dalla moglie, che è una star del cinema, e guarda caso è bionda e affascinante come le donne che vissero due volte. Non appena inizia l’attesissimo concerto, Tom riceve sullo spartito una minaccia di morte, legata al ricatto che dovrà suonare, questa volta in modo perfetto, proprio quel brano che cinque anni prima lo aveva fatto sparire dalle scene. Non solo il cinema classico, ma anche il relativamente recente In linea con l’assassino – in cui il protagonista era minacciato dentro una cabina telefonica dal mittente – ricordano un thriller piuttosto appassionante e coinvolgente nel suo esercizio di tensione. La breve durata del film (poco meno di novanta minuti) e la furba e inevitabile lunghezza della premessa, pongono delle basi solide per le regole della tensione: c’è curiosità, ansia e partecipazione a una vicenda che avvince nel suo svolgersi del concerto, magnifico per occhi e orecchie (il regista è un compositore, e si sente). Il cast è adeguato e lo svolgersi degli episodi di thrilling sono ancora una volta volutamente retrò. Un esercizio di stile perfetto fino all’epilogo, che mostra i limiti di un film interessante ma che alla fine non può che rivelarsi sterile. O forse è chi vi scrive che non ha capito nulla del finale, e a quel punto spiegategli come stanno le cose. Insomma per farla breve è bello 75 minuti su 90. Difficile non farsi prendere, difficile non irritarsi.

Paura in palcoscenico (Alfred Hitchcock, 1950) è un film da non perdere per tanti motivi, e se volete guardarlo a breve interrompete questa lettura. Il capolavoro è rappresentato dalla scena iniziale, dove il Maestro introdusse un espediente incredibile allora come adesso: il flashback è falso, inganna lo spettatore e indirizza tutto il film in un’altra direzione. Questo “tradimento” del poliziesco tradizionale gli fu rimproverato, ma a distanza di oltre 60 anni ci ritroviamo un grande classico, un modello imitato, non certo le chiacchiere di allora. Grazie a un’iniziativa editoriale degli anni ’90, troviamo facilmente tutti i film del Maestro in dvd, alcuni purtroppo doppiati apposta per l’iniziativa. Si consiglia sempre la lingua originale e i sottotitoli. Parola di R&D.

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