lost, il serial che ha cambiato il modo di guardare la televisione

Con l’arrivo dell’estate e la scarsità in circolazione di nuove pellicole, il nostro recensore cambia target e la rubrica diventa temporaneamente “Serial&Dintorni”.

Era il 2005 quando nelle nostre televisioni (satellitari) irrompeva la serie che non solo ha entusiasmato, appassionato, irritato e coinvolto milioni di spettatori in tutto il mondo, ma che ha anche rivoluzionato il modo di guardare un serial tv. La trama, per quei venticinque lettori che non la conoscessero, è abbastanza semplice: un aereo si schianta su un’isola e i suoi miracolati superstiti (che, va detto, sono vivi!) cercano il modo di tornare alle loro case, incontrando ben più di un ostacolo. Durante le 6 stagioni gli sceneggiatori fanno davvero accadere di tutto, fin troppo, riuscendo a dilatare e arricchire una singola vicenda in un tempo incalcolabile, sia per i protagonisti che per il pubblico. Dopo una prima da urlo, seguita da una noiosa seconda stagione, il telefilm spicca decisamente il volo, andando ben oltre il suo ruolo di serie televisiva, e diventando un vero e proprio kolossal cinematografico, sia nella scrittura che nella regia, nonché un irrinunciabile appuntamento per gli appassionati, che col passare delle puntate si sono convinti che lasciare quella maledetta isola sarebbe stato un compito tutt’altro che breve. Lost ha creato dipendenza, ha lasciato il segno, e oltre ad essere stato (ed essere tuttora) oggetto di animate discussioni nei circoli non sportivi, ha invaso il magico mondo di internet, con numerosi (e interessanti) siti dedicati, giochi interattivi e addirittura con clip extra, uscite tra una stagione e l’altra, con spunti interessanti ai fini del semi-incomprensibile intreccio narrativo. Un polverone (nero) così non si sollevava dai tempi di Twin Peaks. Ma a differenza del capolavoro di David Lynch, il team di Lost ha voluto strafare, e con molta presunzione ha continuato a macinare situazioni ed enigmi nuovi, senza mai svelare completamente i vecchi. Tutto questo si è potuto realizzare attraverso un meccanismo che gli autori hanno reso allo stato dell’arte: la suspense, che alla fine di ogni puntata e di ogni serie, lasciava lo spettatore con mille dubbi e una gran voglia di non abbandonare mai più l’isola. Poi è arrivata la sesta e ultima serie, che ha letteralmente diviso quei fans così temerari da seguirlo per ben quattro anni, a causa di una sorta di “inversione a U” narrativa pretenziosa e spiazzante. Per chi scrive, Lost si è perso proprio nell’ultimo anno, cambiando faccia e carattere, fino a scivolare in un finale inevitabile e piuttosto deludente. Ma c’è chi ha gradito e incensato questa scelta stilistico narrativa, tanto da far supporre a una vera e propria “lost religion”. Ma al di là dei giudizi finali, Lost ha cambiato anche il modo di seguire un serial: i fans con una certa dimestichezza internettiana non avevano bisogno di attendere la televisione, quando subito dopo la prima televisiva americana si ritrovavano il telefilm completo di sottotitoli ben tradotti: una rivoluzione che ha contagiato addirittura la distribuzione televisiva italiana, che ha fatto uscire l’ultima, deludente, puntata proprio la sera stessa, con tanto di sottotitolazione. Già, perché sentire i nostri dispersi preferiti con la loro voce, fa un altro effetto.

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