L’uomo che fissa le capre, metafora sgangherata sulla guerra, e l’eccezionale Capitalism di Moore

L’uomo che fissa le capre di Grant Heslov
Tratto dal romanzo di Jon Ronson, una storia “molto più vera di tante altre storie”, almeno così recita misteriosamente la didascalia iniziale. Un reporter, piantato dalla moglie, decide di andare in Iraq a raccontare la guerra, per mettere alla prova se stesso.

Incontrerà un reduce apparentemente svitato che, sembra, con la forza del pensiero dirada le nuvole e uccide le capre. Il film gioca tutto sull’equilibrio tra realtà e fantasia, tra personaggi che un momento sembrano pazzi, un altro sono eroi; il regista tenta così di costruire una metafora sgangherata e surreale, amara e divertente sul dramma della guerra. I protagonisti del film sono in primis delle macchiette, da un gigioneggiante George Clooney, al Jeff Bridges del Grande Lebowski, dal Soze di Kevin Spacey al giovane Obi-Wan Kenobi interpretato da Ewan McGregor. Lo stile, dichiarato, fa il verso alle commedie dei fratelli Coen, soprattutto a Fratello, dove sei?. Tutti ingredienti per una gran torta, se le dosi non fossero completamente sballate. Dal disorientato ma accettabile humor presente per tutta la prima ora si passa a un pasticcio mistico-filosofico impossibile da digerire, con finale che non vi svelo, ma che obiettivamente fa pendere in negativo la bilancia del film. Si salvano il bel messaggio pacifista, l’originalità di soggetto e prima parte di sceneggiatura, e le scelte musicali che spaziano dalla psichedelia anni ’60 al classicone dei Boston More Than A Feeling. Ma su satira militare, si è fatto ben di meglio. 5 1/2
Filmografia satirica militare: Il dottor Stranamore (Stanley Kubrick, 1964), M.A.S.H. (Robert Altman, 1970), Comma 22 (Mike Nichols, 1970), Team America (Trey Parker, 2004), Tropic Thunder (Ben Stiller, 2008).

Capitalism: A Love Story di Michael Moore
L’ultimo, eccezionale documentario di Michael Moore finisce dritto negli invisibili, grazie a un fugace passaggio in poche e coraggiose sale cinematografiche della zona. Ed è un vero peccato, perché questa volta il documentarista americano si cimenta con la genesi di un problema che riguarda tutto il mondo: la crisi economica di questi anni. Abituato a trattare temi alquanto scottanti, quali 11 settembre 2001 e sanità americana, Moore parte dal problema spinoso dei mutui, fino ad arrestare “idealmente” Wall Street, colpevole di aver “ucciso” l’economia americana, fondata su un sistema, quello capitalistico, indicato (con tanto di dimostrazioni) come il responsabile unico dell’impoverimento del paese. Il documentario è lungo, ma si segue che è un piacere e ha un paio di scene assolutamente esilaranti, su tutte quella che mostra il Gesù zeffirelliano che, doppiato, predica alle famiglie di affidare i propri soldi alle banche! Con Capitalism: A Love Story Michael Moore continua a raccontare la stessa storia del suo primo film Roger And Me, quella del sogno americano che si sta rivelando, per sempre più persone, solo un grande incubo. Cambia solo la scena del delitto, che in questo caso sono i circuiti del potere finanziario, concentrato tra Manhattan e Washington. Si può essere più o meno d’accordo sulle sue conclusioni, ma è innegabile che Moore sia un grande comunicatore e un cittadino estremamente informato su fatti, che ognuno di noi dovrebbe conoscere meglio. 8

Filmografia di Michael Moore: Roger And Me (1989), Canadian Bacon (1995), Bowling for Columbine (2002), Fahrenehit 9/11 (2004), Sicko (2007).

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