Magnifica Presenza, un film gradevole e divertente, di sicure ispirazioni

Magnifica Presenza, di Ferzan Ozpetek (2012)
Eccoci qua, Ozpetek. Pietro Ponte si trasferisce da Catania a Roma e sogna di poter far l’attore. Grazie all’aiuto (morale, più che altro) di una presunta cugina, Pietro trova una bellissima casa nella capitale, arredata in stile anni ’40 dentro la quale troverà inaspettate compagnie. Partiamo dalla fine, senza paura e senza equivoci: Magnifica Presenza è un buon film, una commedia gradevole, un film che si guarda estremamente volentieri, da cui si esce con soddisfazione simile a quella che si ha dopo aver assistito a una pellicola dell’ultimo Clint Eastwood. Ma cosa accomuna Ozpetek a Eastwood? Entrambi realizzano film di vecchissimo stampo e sicure ispirazioni (rispettivamente la commedia all’italiana e la Hollywood di Sam Peckimpah e Don Siegel), che ai tempi costituivano un genere dominante, normale e qualitativamente maggiore alle opere dei signori Ferzan e Clint. Ma loro sono ormai gli unici a riproporre quello che è un meccanismo perfetto. Magnifica Presenza è divertentissimo, ha ritmo, ha bravi attori e ha magnifiche presenze di attori o presunti tali che qui funzionano benissimo (Fiorello Jr., Platinette). I modelli sono espliciti, partendo da quel delizioso Fantasmi a Roma del 1961 fino al più recente Pupi Avati, e sono ricalcati con rinnovata freschezza. I difetti non mancano, a partire dai ripetuti e inutili ralenty, a una certa debolezza emotiva di un finale che riserva però scambi di battute esilaranti, su scuola, comunismo e papato, senza offendere nessuno. Gradevole, non c’è che dire, e sempre ottime le musiche. E non dimentichiamo la passione del regista per un teatro, mai come in questo caso occupato da magnifiche presenze.

The Future, di Miranda July (2011)
Per quei pochi e fortunati che hanno visto il folgorante Me And You And Everyone We Know, siamo lieti di annunciare che The Future è l’opera seconda della videoartista e scrittrice Miranda July. E a chi l’avesse trovata un po’ bizzarra, va detto subito che l’opera prima in confronto a questo sembra un lineare film hollywoodiano. Molto atteso e sofferto (il titolo inizialmente era Satisfaction), questo The Future si presenta piuttosto bizzarro sin da principio, quando la voce narrante di un gatto (doppiato/storpiato dalla stessa regista) racconta le vicissitudini esistenziali di una coppia che dovrebbe prendere l’animale in adozione. I due giovani sono proprio alle prese col futuro, che nelle loro intenzioni va colto col classico principio del “carpe diem”. Lasciando per strada la trama, concentriamoci sull’universo poetico della July, fatto di scene che sembrano fermo immagine, colori, momenti incomprensibili e parole in libertà, il tutto condito da musiche e canzoni che restano insistenti nella testa fin dopo il film e che marcano scene apparentemente innocue, come le goffe prove di ballo della regista/protagonista, scandita dalla magnifica Master Of None dei Beach House. Gli elementi irritanti, in primis la vocina del gatto, ci sono e più volte viene da alzarsi e buttare il telecomando; ma alla fine si resta lì, pur perplessi a cercare di capire un universo parallelo al nostro. Col passare dei giorni, poi, il senso di irritazione lascia spazio alla curiosità, e quasi al desiderio di rivederlo, immersi tra i pensieri sul futuro e sulla forza delle relazioni, sull’ansia dell’intraprendere certe strade o fare altre scelte. Sempre al ritmo dei Beach House.

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