Era ora: stroncatura condizionale per un film noioso, ma molto amato

Era ora (di Alessandro Aronadio, 2023)

Dante è un impiegato di successo nella compagnia di assicurazioni per cui lavora, ma questo gli toglie inesorabilmente la maggior parte del tempo da dedicare alla sua compagna Alice. La goccia che fa traboccare il vaso viene versata quando Dante si presenta in enorme ritardo a casa dove trova una festa a sorpresa organizzata da Alice per il suo quarantesimo compleanno, provocando non pochi malumori. Ma è il film che prende una svolta importante perché il giorno dopo Dante si sveglia… nel giorno del suo quarantunesimo compleanno, senza capire il perché di questo loop temporale che lo terrà prigioniero. Se state pensando a Ricomincio da capo, non avete torto per nulla, perché questa commedia sicuramente ha un suo capostipite (anch’esso ormai quarantenne), ma ha un fratello molto vicino nel tempo, perché Era ora è il remake di un film australiano intitolato Come se non ci fosse un domani (anch’esso disponibile in Italia tramite piattaforme). Edoardo Leo è ormai un attore iconico e sa benissimo come entrare perfettamente nel personaggio, ma la vera rivelazione è la coprotagonista, la meno nota Barbara Ronchi, deliziosa e trainante.

Il film è piaciuto molto al pubblico, che lo ha apprezzato sia alla festa del cinema di Roma, che al suo debutto in piattaforma (Netflix), che lo ha proiettato per tutto marzo non solo al primo posto dei suoi film più visti, ma anche in vetta alla classifica dei film non in lingua inglese.

Il film è sentimentale, leggero, simpatico, divertente ma per chi vi scrive si attorciglia troppo su se stesso finendo per creare un meccanismo ripetitivo e francamente noioso, oltre che teatro di tutti i cliché delle commedie che vogliono aggiungere un pizzico di dramma da vita reale, dal padre all’amico che si ammala, tutte piccole storie francamente prevedibili. Ma il mondo è bello perché è vario, perché Era ora, oltre a essere stato molto visto, ha generato per lo più pareri positivi che ne esaltano la leggerezza, il meccanismo narrativo e la regia di Aronadio (già “compagno di avventure” di Edoardo Leo nel suo film precedente, Io c’è).

E allora inventiamo un nuovo linguaggio di critica cinematografica che potremmo chiamare “stroncatura condizionale”, che vuole comunicare quanto poco (ma davvero poco) sia piaciuto al recensore il film in oggetto, ma che il recensore stesso, con grande umiltà e senso di comunità si guarda bene dallo sconsigliarvelo in virtù di un quasi plebiscito che ha accompagnato il film. Colui che a quel punto diventa un sedicente critico, perché quando si stronca un film di cui non si può parlare male, si perde ogni certezza sul proprio status lavorativo e intellettuale, mette tutto in standby, come la vita del protagonista del film, e lascia allo spettatore, invitato alla visione, da che parte schierarsi. Ma poi, perché schierarsi? Buona (?) visione!

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