Il pluripremiato Nomadland e quella irrefrenabile voglia di andare al cinema

 

Nomadland (di Chloé Zhao, 2020)

Il film ci presenta immediatamente Fern che, nel giro di breve tempo, ha perso il marito (per colpa di una malattia) e l’impiego (perché l’azienda, nella quale lavorava da una vita, ha dovuto chiudere per la crisi). Siamo nel 2011 e Fern con il suo furgoncino (che usa come fosse un camper) inizia a girare gli Stati Uniti e, svolgendo lavoretti saltuari, si ritrova di fatto alla fine di ogni giornata in un piazzale condiviso con una sorta di comunità formata da vagabondi con cui inizia pian piano a raccontarsi e a condividere le vicende che l’hanno portata fin lì. Col passare dei minuti, anche noi incontreremo e conosceremo i protagonisti di questa terra nomade.

Basato sul libro-inchiesta della giornalista Jessica Bruder, il film è sorretto dalla protagonista che, dopo un’accurata introduzione, funge da spina dorsale della narrazione e da mediatrice con i suoi compagni d’avventura, veri nomadi intervistati dall’inchiesta della Bruder, che interpretano loro stessi.

Fern, non essendo un personaggio reale, ha il volto livido di Frances McDormand, che non doma dei premi già ricevuti, aggiunge un’altra mattonella d’oro alla sua carriera grazie al terzo Oscar come Miglior attrice protagonista, dopo Fargo e Tre manifesti. Non è da meno lo stesso Nomadland, che si porta a casa le ambite statuette di Miglior film e Regia, dopo aver vinto in settembre il Leone d’oro veneziano. Un biglietto da visita incredibile per il film che segna simbolicamente e nel migliore dei modi la riapertura dei nostri cinema – al di là dei giudizi personali di chi vi scrive (che non ne è entusiasta) – perché incarna benissimo la voglia di rinascere e di rimettere in moto la meravigliosa macchina della settima arte.

Pur privo di effetti visivi e sonori particolari, infatti, il film coi suoi ritmi compassati e compiaciuti, ci mostra comunque la forza del grande schermo e la collocazione ideale di quella magnifica forma d’arte chiamata cinema.

Il viaggio di Fern rappresenta idealmente la vicenda del grande schermo che riparte spogliato di tutte le sue certezze e dei suoi capisaldi e che punta dritto alle nostre menti e ai nostri cuori, accompagnandoci nuovamente in quel mondo chiamato “sala cinematografica”, il suo habitat naturale. Quasi per sfida (ma probabilmente anche per rispetto della tempistica) il film esce anche in streaming, che tanta compagnia ci ha tenuto in questo anno abbondante di pandemia, ma che per una volta deve essere messo in secondo piano dal grido di battaglia che ci intima di alzarci dal divano e finire dritto in sala, per ricominciare una meravigliosa vita cinematografica

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