Quello splendido concentrato di cattiveria in arrivo dal Giappone

CONFESSIONS, di Tetsuya Nakashima (2010)
Se siete in casa e vi accingete a leggere queste righe, mettete su se potete Last Flowers dei Radiohead, per immergervi meglio alla scoperta di un film giapponese meraviglioso, che trova la sua completezza e sublimazione proprio su queste note, che ne accompagnano i momenti topici. Cominciamo dall’inizio: girato con un ralenty qui splendidamente efficace, viene mostrata (tramite la promozione del latte a scuola) la situazione di una numerosissima classe di adolescenti, dove tra sms, sguardi, risate e battute varie, regna il caos sovrano. Un insegnante cerca di congedarsi da loro, senza ottenerne l’attenzione, fino a quando non rivela una sconvolgente verità che riguarda una parte della classe. Fermiamoci qui, perché di questo film bisogna sapere il meno possibile, quindi fermate il googlatore che c’è in voi e fidatevi, soprattutto se amate un certo cinema orientale. Che tipo di cinema? Chi ha visto la trilogia della vendetta di Park Chan-Wook (Mister e Lady Vendetta, Old Boy) sappia che non ne siamo lontani, ma il discorso per Confessions è più complesso: una vicenda drammatica, con la tensione di un thriller e la drammaticità di un melò, che si trasforma pian piano in un vero e proprio horror psicologico, un buco nero interiore (ma non siamo nel sovrannaturale) in cui pian piano cadranno tutti i suoi giovani protagonisti. La struttura del film è divisa per confessioni, cioè per narrazioni da un punto di vista di uno dei protagonisti, sempre differente. La vicenda è spiegata dall’insegnante, ma poi le conseguenze, nei pensieri e nelle azioni, coinvolgono l’intera classe scolastica, inizialmente così allegra e sbarazzina nel bere latte, lanciarsi oggetti, scriversi sms frivoli sulle note dell’azzeccatissima That’s The Way (I Like It). Un horror dicevamo, in quanto la vicenda tocca punte di surrealismo, raggiunge momenti piuttosto estremi, nei comportamenti e nei pensieri delle persone, assolutamente verosimili ma davvero a cui si stenta a credere. Un concentrato di cattiveria, che trova una sua perfetta quadratura solo al termine dell’ultima confessione, e dopo un’ora e tre quarti di un percorso di fuoco. E lo spettatore? Si dividerà in due, qualcuno annoiato e molti totalmente coinvolti, che poi sceglieranno se amare oppure odiare questo film. Ma nessuno potrà mai negare la potenza che sprigiona, nelle sue immagini, nella sua storia, nel suo modo di raccontarla, da cui è difficile restare indifferenti. Un invisibile che diventa visibile ma non si sa dove, quindi cercatelo nelle poche sale in cui esce e tuffatevi in questo mondo. Mal che vada, in rete ci sono i sottotitoli italiani. Fatica da fare, è il film dell’anno.

CORTI DA OSCAR
Nella serata conclusiva del Festival Corti da Sogni, in svolgimento al teatro Rasi, sabato sera verranno proiettati i due cortometraggi che hanno vinto il premio Oscar 2013: Paperman (animazione) e Curfew (fiction). Il primo, produzione Disney, è una breve e poetica storia d’amore tra uomini e soprattutto per la carta, visto che un gruppo di fogli avvolge il protagonista per accompagnarlo dalla sua bella. Presentato prima del lungometraggio Ralph Spaccatutto, il film è un gioiellino di animazione 2D che gioca perfettamente le sue carte con tecniche più moderne. Curfew, di e con Shawn Christensen, regista e rockstar, racconta di una serata tra zio (depresso) e nipotina, interpretato da una meravigliosa e promettente Fatima Ptaceck. Una storia già vista, ma raccontata in soli 20 minuti con una grazia e una leggerezza davvero impagabili. Un film di cui non si può apprezzarne la grande statura artistica finché non lo si vede con i propri occhi.

EROSANTEROS POLIS BILLBOARD 15 04 – 12 05 24
CENTRALE LATTE CESENA BILLB LATTE 25 04 – 01 05 24
NATURASI BILLB SEMI CECI FAGIOLI 19 – 28 04 24
CONAD INSTAGRAM BILLB 01 01 – 31 12 24