Roan Johnson, esordio da non perdere. Il secondo film, invece…

Roan Johnson è un regista pisano, di nascita e padre inglese, ma italiano a tutti gli effetti.
I primi della lista (di Roan Johnson, 2011)
Pisa, 1970. Protagonisti due maturandi che, affascinati dal personaggio, passano le loro giornate a cantare col loro idolo e leader spirituale Pino Masi, autore della celebre “La ballata del Pinelli”. Quando a Masi arriva la soffiata di un imminente golpe militare in Italia, i tre fuggono alla ricerca di asilo politico all’estero, convincendosi che gli intellettuali saranno “i primi della lista” da far fuori dall’imminente giunta militare. Premettendo che il contesto storico è reale, e che le vicende legate ai protagonisti sono vere, il film di debutto di Johnson è un’esilarante e appassionante commedia che abilmente miscela storia, ironia, turbe generazionali, situazioni paradossali e profondo affetto per i suoi protagonisti. Il film appassionerà i cultori del periodo, ma non mancherà di strappare risate e carezze da tutti, per i suoi protagonisti, capitanati da un Claudio Santamaria per la seconda volta interprete di un cantautore (per la tv è stato Rino Gaetano), e ben coadiuvato dai più “locali” Paolo Cioni e Francesco Turbanti. Il finale porta il film in un contesto più serio, spiegando che le paranoie del protagonista stavano per diventare una drammatica realtà per il nostro paese, e si accompagna col “saluto” dei veri protagonisti, dei quali uno autore del soggetto del film. Un gioiellino da non perdere, ignorato dai più.
Fino a qui tutto bene (di Roan Johnson, 2014)
Universitari di Pisa, 2014. Il periodo universitario sta per finire e il segno più chiaro per i cinque protagonisti è l’abbandono dell’appartamento in cui hanno condiviso anni di vita da studenti. La storia vuole rappresentare l’abbandono di uno stile di vita per un’inevitabile crescita, raccontando gli istanti prima di una separazione e di un saluto che ha il sapore dell’addio, attraverso situazioni,  feste, litigi, sorrisi e pianti. Dopo aver apprezzato il primo film, e avendo letto del premio del pubblico alla Festa del Cinema di Roma, le aspettative per Fin qui tutto bene erano alte, probabilmente troppo. Un’opera seconda dovrebbe rappresentare la maturazione, o in casi di prima straordinaria, una conferma. Ma in questo caso assistiamo a un lavoro che sembra un recupero di un vecchio filmino adattato a lungometraggio (piuttosto breve, 80 minuti). Accanto a una regia onestamente all’altezza, ci si forma l’idea che i personaggi non siano trentenni in cerca d’autore, ma quarantenni che hanno realizzato un film con dieci anni di ritardo, quando tra le altre cose non c’erano gli Smartphone, e la toscanità con la sua comicità, l’attore fallito, l’alcol, gli amori e le gravidanze erano temi meno abusati. Sensazioni non gradevoli, in un film che porta perentoriamente la data del 2014, ma che non vogliono dissuadere lo spettatore dalla visione, visto che il pubblico lo ha premiato. Tra le cose positive, oltre a regia e fotografia, troviamo la colonna sonora dei Gatti Mezzi (fin qui mai sentiti), e un senso generale di leggerezza, trasmesso dalla coralità degli attori (tra cui il fedelissimo Paolo Cioni e Isabella Regonese come unica star) che sembrano davvero divertirsi molto. Stessa sensazione avvertita in Basilicata Coast To Coast,  che infatti a chi vi scrive… non gli era garbato nulla.

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