Romanzo Criminale, e d’improvviso il serial italiano diventa internazionale

Come la scorsa estate, con la scarsità di nuove pellicole in circolazione, il nostro recensore cambia target e la rubrica diventa temporaneamente “Serial&Dintorni”. Buona lettura!

La nostra storia è un thriller, lo sanno bene scrittori come Ellroy e Sciascia, tanto per citarne due così lontani tra loro. Lo sanno bene i Wu ming, che con 54 hanno riscritto, tra finzione e realtà, un’annata che ha segnato un’intera generazione. E lo sa molto bene anche Giancarlo De Cataldo, di professione magistrato, che nel 2002 decise di raccontare, con uno stile simile ai già citati colleghi, la storia della Banda della Magliana, un’organizzazione criminale che operò a Roma tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni novanta, si costruì un impero simile alle varie mafie e ha lasciato la sua firma in alcuni dei più drammatici eventi della nostra storia.

Tra le tante intuizioni geniali, quella di cambiare i soprannomi dei suoi protagonisti con degli altri assolutamente adatti al portatore. Questo magnifico libro ha avuto già una valida trasposizione cinematografica (Michele Placido, 2008), e ha stupito un po’ tutti l’annuncio da parte di Sky di produrre una serie televisiva basata sul romanzo di De Cataldo. Alla regia un figlio d’arte: Stefano Sollima, figlio di Sergio, apprezzato regista di spaghetti western e della serie televisiva Sandokan. Il cast, a differenza del film, è formato esclusivamente da attori giovani, sconosciuti ed emergenti dal mondo della televisione. Un’operazione rischiosissima. L’incipit ricalca il libro: Roma, giorni nostri, quartiere della Magliana, un uomo derubato e malmenato da giovani teppisti, insegue e uccide il capo della piccola banda, gridando “io stavo col Libanese!”. Da lì, flashback sulla genesi e storia della banda, e di un sogno mancato, da parte dei suoi protagonisti, di diventare i padroni di una città, probabilmente impossibile da governare. Realizzato in due distinte stagioni, la visione si rivela un colpo di fulmine: il telefilm ti catapulta direttamente negli anni settanta, per l’ambientazione perfetta e la magnifica regia che pur ricalcandone lo stile, dimostra una freschezza e dimestichezza con la macchina da presa, figlia di una cultura assolutamente contemporanea. Anche i giovani attori stupiscono, e quasi ci fanno dimenticare i bravissimi Santamaria, Rossi Stuart e Favino del film di Placido. Ciò che stupisce è che siamo di fronte a un prodotto italiano, in quanto l’uso della macchina da presa, del montaggio e del colore rappresentano una gradita novità nell’ambito della regia italiana. La tempistica del telefilm consente poi di approfondire meglio la scrittura di De Cataldo, mostrando sia tutta la violenza di questa organizzazione criminale, sia tutti i retroscena storico-politici del tempo. Soprattutto questo aspetto dà alla vicenda un senso di completezza che solo il libro era riuscito a dare. Siamo di fronte a uno stupefacente esempio di rilettura di un libro tramite la serie: qualche anno fa, con Shining, lo stesso Stephen King fallì miseramente. Ma l’opera di Sollima ci offre nuovi orizzonti espressivi, che non possono che essere recepiti come un nuovo modo di portare la scrittura sullo schermo senza vincoli di tempo. Pensate a quanti bellissimi romanzi possono trovare una trasposizione ad ampio respiro come lo sono i serial. Recentemente, anche I pilastri della terra è diventato una serie. Forza, allora. Buona estate.

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