Room, forte e imperfetto. Compliance, cinico e asciutto

Room (di Lenny Abrahamson, 2015)
Il piccolo Jack e sua madre vivono in una stanza squallidissima, prigionieri dell’orribile Old Nick che nelle sue visite abusa della madre. Per Jack il mondo è in una stanza e i suoi amici sono gli oggetti, compreso il cielo. Ma un giorno tutto questo potrebbe avere una fine, scoprendo che forse c’è tutto un mondo intorno a loro. La prima parte ricorda non poco un film da noi sconosciuto, qui ampiamente osannato e ingiustamente mai distribuito (Kynodontas alias Dogtooth alias Canini), in cui una famiglia teneva i figli rinchiusi in casa. La stanza – prigione ha un confine labile di consapevolezza, perché agli occhi della madre appare anche come un importante e inevitabile rifugio. Dramma intenso ed emotivo che si sviluppa in tre distinti livelli di narrazione e di emozione, Room ha giustamente consacrato Brie Larson come migliore attrice e rivelato il giovanissimo Jacob Tremblay alle attenzioni del grande pubblico. Le loro interpretazioni sono il punto di forza di un buon film, forse costruito troppo a tavolino per emozionare ma che contemporaneamente non lascia nulla alla spettacolarità, risultando anzi in alcune parti un po’ stirato. Room non è quello che sembra all’inizio, acquista un carico di tensione alto che sfocia nella scena del camion per poi sgonfiarsi progressivamente, imboccando un percorso narrativo difficile e lodevole. Pur consegnato in una confezione perfetta, non è il solito film che parla di disagio e di rapporti coi figli, con l’esterno e con il territorio, ma un’opera che osa fermarsi a metà per permettere allo spettatore di cogliere sfumature che il cinema di oggi spesso dimentica. Forte e imperfetto, semplice nella presentazione, ricco nelle emozioni, un po’ tirato nella realizzazione.
Compliance (di Craig Zobel, 2012)
Basato su una storia vera, anzi su una quotidianità ripetuta. Specifica importante perchè Compliance ricorda Room nel trasformare e stravolgere la percezione dello spettatore da thrillerino di serie B a dramma vero. Ma andiamo con calma e capiamo di cosa si tratta. Ambientato nel 2004 all’interno di un fast food, la vicenda vede al centro la tensione tra la manager e una sua dipendente accusata di aver truffato una cliente. L’accusa però è arrivata via telefono da una voce che dice di essere di un poliziotto. Da qui in poi la voce comanderà via telefono l’indagine con metodi estremi e sgradevoli, che sprofonderanno pericolosamente (meglio non lo si poteva dire, per non rovinare la visione). Ricordate In linea con l’assassino, il thriller con Colin Farrell ambientato quasi interamente in una cabina telefonica con una voce misteriosa a comandare il protagonista? Siamo in un terreno simile, se non ci fosse la premessa che rende il film un dramma sociale piuttosto che un giallo, visto che i misteri sono svelati tutti all’inizio. La regia è estremamente asciutta ed è al servizio della storia e degli attori, tra cui spiccano le brave protagoniste Ann Dowd e Dreama Walker (porteremo fortuna come per Brie Larson?). Un film cinico, girato sul contrasto tra la spensieratezza del fast food e il dramma del dietro le quinte, contornate dall’inquietante figura che parla dall’altra parte della cornetta. La durata esatta (90′) ne fa un film assolutamente da vedere. Naturalmente non distribuito qui, disponibili i sottotitoli italiani in rete.

RFM 2024 PUNTI DIFFUSIONE AZIENDE BILLB 14 05 – 08 07 24
SAFARI RAVENNA BILLB 13 – 19 05 24
CONAD INSTAGRAM BILLB 01 01 – 31 12 24