Saranno famosi, dopo trentacinque anni, un film da recuperare

Operazione U.N.C.L.E. (di Guy Ritchie) e Un’occasione da Dio (di Terry Jones). Due film al prezzo di uno? No. Due film gemelli? Non c’entrano niente tra di loro. Sono entrambi in sala in questo periodo? Sì, sì. Due film da vedere? Ecco, forse sì, forse no, e i motivi sono legati ai registi. Ritchie è il regista della favolosa triade Lock’n’Stock, The Snatch e Rocknrolla, tre colpi di genio per ritmo e divertimento allo stato puro. Solo che sono passati 17 anni dal primo e 7 dall’ultimo. E nel frattempo sono passati tanti insuccessi e uno Sherlock Holmes che c’entra poco con la favolosa triade. Ispirato alla televisione, in salsa di guerra fredda e un po’ fumettistico, riuscirà Operazione U.N.C.L.E. a ridare a Guy Ritchie la vena del passato? Un’occasione da Dio non è Jim Carrey, ma Terry Jones, che era uno dei magnifici sei Monty Python. Un regista che nel suo curriculum ha Brian di Nazareth e Il senso della vita, ma anche qui sono passati tanti anni, addirittura più di trenta. E c’è lo spettro di Jim Carrey, a cui Jones contrappone Simon Pegg (che è un comico fantastico, basti solo ricordarlo nei panni Shaun che combatteva gli zombi!). E poi c’è Kate Beckinsale che sembrava non facesse più film ed è ancora bellissima (recuperate con tutte le vostre forze Cold Confort Farm). E allora? Per una volta la decisione a voi e la sentenza ai soliti, mitici, posteri. Altrimenti si rispolvera un classico: Saranno famosi (di Alan Parker, 1980).  È la storia di un gruppo di giovani ammessi a frequentare la scuola d’arte di Manhattan, con i loro pensieri, il loro percorso, le loro storie, i loro background e i loro sogni. Doris è una ragazza insicura, con una madre oppressiva, e con voglia di recitare: troverà sicurezza, amicizie, amori e la voglia di gridare al cielo la sua bellezza. Raul è un ragazzo del Bronx ossessionato dal successo, dall’uscire dalle sue origini umili e ispaniche. Coco, come Raul, non accetta la sua condizione e, carica di talento e ingenuità, cerca in ogni angolo la via più breve per la fama… anche dentro un caffè. Leroy è un ballerino che vuole ballare, e non leggere o scrivere, e nemmeno preoccuparsi di nessuna delle persone che gli stanno intorno e che cercano di occuparsi di lui. Bruno è… Bruno è Alan Parson! Montgomery è un attore fragile, come la sua omosessualità, mascherata troppo spesso da incapacità di esprimersi, se non con la musica e la recitazione. Saranno famosi non è solo un film musicale, che in oltre due ore vi farà saltare dalla sedia, cantare e ballare, dall’inizio al sontuoso saggio finale, siglato da una meravigliosa canzone pop in perfetto Oldfield-Parsons style. Saranno famosi è un film, duro e triste, sulla crescita, sui rapporti e sulle persone, dove le arti sono nello stesso tempo mezzo e fine. Le parole, magnificamente intercalate da spot musicali, sono importanti e spesso presentano le situazioni dei personaggi protagonisti e non, tratteggiati in maniera perfetta e così somiglianti a ciascuno di noi pur senza computer o smartphone. Il film ha dato il via a una serie di culto tra noi quaranta/cinquantenni che ha in parte offuscato questo capolavoro e pietra miliare del momento di passaggio tra i gioiosi Settanta e gli oscuri Ottanta. Una pietra che non tutti portano nel loro cuore, e che dopo 35 anni è ora di riscoprire. Non un momento banale, qualche piccola lungaggine, un finale fantastico che trasforma l’affermazione del titolo italiano (in originale è Fame) in un interrogativo: saranno davvero famosi?

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