Snowpiercer, una bomba con ambizioni filosofiche

Snowpiercer (di Bong Joon-Ho, 2013)
I venticinque assidui lettori di questa rubrica avranno già sentito parlare di Bong Joon-Ho, visto che un anno (o poco più) fa, tra gli invisibili veniva segnalato il bizzarro colossal horror ambientalista The Host, maggior incasso coreano di tutti i tempi (fino a quest’anno). Bong sbarca negli Stati Uniti, portando col suo talento il film più costoso prodotto in Corea, ricevendo in cambio un cast di primo piano, formato dall’Avenger Chris Evans, Jamie Bell (chi lo ricorda bimbo ballerino in Billy Elliott?) e dai magnifici Tilda Swinton, John Hurt e Ed Harris, oltre a un paio di suoi attori connazionali tra cui spicca il grande Oldboy Kang-ho Song. Il film è tratto da una graphic novel francese, e la trama viene raccontata nel primo minuto di film da una didascalia: a seguito di una sciagurata opera di spargimento di una sostanza contro il riscaldamento totale, il mondo piomba in una nuova era glaciale, i cui unici sopravvissuti sono dentro un grande treno ad alta velocità, che riesce in modo circolare a compiere un percorso e ad autoalimentarsi. Il treno Snowpiercer, “rompighiaccio”, è a tutti gli effetti un micro mondo, formato da differenti strati sociali, e parte dall’idea di rivolta della classe più bassa, che mira ad arrivare non solo alla prima classe, ma proprio alla locomotiva. Dimenticate l’America, sia il suo cinema catastrofico, sia il suo modo di mettere in scena il racconto morale, sotto forma di varie problematiche della loro storia, come schiavitù, Aids, economia, temi che tanto hanno noiosamente trionfato nell’ultima notte degli Oscar. Dimenticate, è un caloroso invito, tutto ciò e fate il biglietto per questo treno che vi riserverà grandi sorprese. Snowpiercer è un film di fantascienza, e parte come un action movie molto adrenalinico che contiene già indizi e indirizzi precisi per quella che è una metafora della condizione umana, forse un po’ scontata ma inevitabile; dopo una prima parte assai movimentata il film cambia registro, e scopre le sue meraviglie, grazie anche a straordinarie scenografie. C’è tutto, in questa seconda parte, tutta l’esperienza e il micromondo non solo del regista, ma anche del cinema stesso: ogni vagone viene vissuto come esperienza a se, ed è solo un teso inseguimento a distanza a ricordarci dove siamo. Un viaggio fisico e mentale affascinante e carico di citazioni, su tutte quella a Kubrick in una scena meravigliosa che qui non vi verrà rivelata, ma che ha la stessa musica di sottofondo del finale di Shining. Ecco, a proposito di finale, ci sarebbe da parlarne per molto tempo: il film ha la giusta ambizione filosofica e non di semplice intrattenimento. Ci riesce? Sinceramente è difficile dirlo, perchè mentre l’immagine finale è perfetta, è proprio la locomotiva che potrebbe nascondere un po’ di delusione, e l’eccessiva verbosità della scena maschera un po’ di confusione sulle idee stesse alla base del film. Ma nonostante i suoi non pochi difetti, Snowpiercer è una bomba, un film che va visto, apprezzato nelle sue due ore per poi decidere con calma se resterà nella memoria. Un classico, un film di Grande Bellezza.

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