Tempo di Oscar: dal noiosetto Revenant all’entusiasmante Mad Max

Revenant (di Alejandro Gonzales Inarritu, 2015) All’alba del diciannovesimo secolo il Nuovo Mondo è terra di conquista da parte di mercenari. Un gruppo di cacciatori di pelli è stato decimato da un attacco indiano e l’esploratore Hugh Glass (realmente esistito) viene attaccato, ferito quasi a morte da una femmina di orso bruno e abbandonato per colpa di un traditore. Come si costruisce un film “da Oscar”? Gli ingredienti sono: un regista già vincitore, un protagonista affamato di statuetta, un attore ancor più bravo del protagonista, una fotografia brillante e affascinante, una storia tanto americana con buoni sentimenti, patria, famiglia mista, battaglie, tradimenti, flora, fauna e tanto tanto coraggio. Al di là dell’ironia risulta difficile dire che Revenant sia un brutto film, perché è fotografato e girato veramente bene, recitato in modo impeccabile ed è intelligente nell’uso dei dialoghi e dei colpi di scena. Ciò che non convince è proprio l’operazione nel suo complesso, costruita troppo a tavolino: a parte che due ore e mezza sono troppe, il film è un’abile via di mezzo tra elementi del cinema hollywoodiano già visti, dall’epico Terrence Malick al solitario Cast Away con Tom Hanks, dai western tradizionali alle ballate coi lupi degli anni novanta. Per quanto riguarda Di Caprio, è molto divertente la storiella degli Oscar mancati, lui è sempre molto bravo e l’Oscar, non essendo mai stato dato a Kubrick (se non per aspetti minori) per esempio, non è un premio fondamentale. In questo film la sua interpretazione è molto fisica e certamente efficace. Tom Hardy, stella luminosissima del firmamento degli attori, è forse ancora meglio, regalando al cinema uno dei cattivi più efficaci della sua storia recente. Inarritu è tecnicamente impeccabile, ma non si sente più la sua mano di autore. Fondamentalmente quindi non c’è nulla che non vada, ma dalla sala non esco stupito, emozionato o rinnovato. Anzi, anche un po’ annoiato.

Lost in 2015:
Mad Max: Fury Road (di George Miller, 2015)
Ancor prima di Guerre Stellari, il 2015 ha visto un altro celebre ritorno sugli schermi, della bellissima saga del deserto australiano (da noi il primo film si chiamava Interceptor, anno di grazia 1979). Dopo 30 anni il quarto capitolo si profila più come un remake del primo film, che vede la conferma alla regia del grande George Miller ma cambiano i protagonisti: Mel Gibson cede il passo al già grande Tom Hardy (vedi sopra e Wikipedia per i film in cui ha recitato), mentre la mitica Tina Turner è qui sostituita da un’irriconoscibile e fantastica Charlize Theron. La storia riguarda sempre la carenza di energia e una cittadella in mano a un dittatore, che verrà tradito dalla compagna Furiosa, che incontrato Max darà luogo alla rivoluzione. C’è molta azione, in Mad Max, e ritmo e montaggio viaggiano a velocità supersoniche, negando allo spettatore anche il diritto di respirare nella prima mezz’ora, forse un po’ troppo carica. Col passare del tempo il film ha modo di calmarsi e presentarsi in tutto il suo splendore cinematografico, apparendo come un film di genere contemporaneamente classico e moderno, che da un lato strizza l’occhio ai vecchi western, e dall’altro inseguimenti, incidenti, esplosioni e continui ribaltamenti di prospettiva (e di mezzi) caratterizzano il passare dei minuti. Due ore folli e decisamente entusiasmanti. Per una volta l’Oscar potrebbe fare un giretto nel deserto.

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