Un film da vedere anche per i nostri Cucchi e Aldrovandi

Prossima fermata – Fruitvale Station (di Ryan Coogler, 2013).
In attesa delle “bombe” di stagione, i neo usciti in sala Nynphomaniac di Lars Von Trier e Grand Budapest Hotel di Wes Anderson, concentriamoci su qualche piccola chicca passata nelle nostre sale (più precisamente nel bentornato Astoria, e a proposito bentornato anche al Mariani, ci siete mancati) e già volata via non perchè i gestori sono cattivi, ma semplicemente per carenza di pubblico. Fruitvale Station narra una storia vera, dolorosa, ambientata in California ma che succede di continuo in tutto il mondo, Italia compresa. Con taglio documentaristico, camera a mano e primi piani continui, il film narra l’ultimo giorno di vita di Oscar Grant, la notte di capodanno del 2009, ucciso innocentemente a sangue freddo con un colpo di pistola dalla polizia locale. Il 31 dicembre è anche il giorno del compleanno della madre, e per Oscar è una giornata speciale da passare insieme con moglie e figlioletta. La vita di Oscar non è né lineare né trasparente, ha problemi col lavoro e in passato non ha mancato di spacciare un po’; una vita ventiduenne che cerca con fatica di emergere da una mediocrità quotidiana segnata dalle sue umili origini e dal fatto che nel nuovo millennio avere la pelle nera costituisca ancora motivo di discriminazione. Ottima la performance del protagonista Michael B. Jordan (non l’ex cestista, eh) e coraggiosa la scelta registica già descritta che imprime un pesante (e a piccoli momenti) noioso iperrealismo alla vicenda, concedendo ben poco alla finzione filmica. Tutto è comunque funzionale e alla lunga, tesa e dolorosa scena finale, ambientata come recita il titolo originale (e quello italiano con odiosa aggiunta) nella stazione della metropolitana di Fruitvale: da quel punto il coinvolgimento dello spettatore è totale e la forza emotiva sprigionata dal film è talmente enorme da considerare tutta l’oretta precedente come un ottimo preludio. Il film è un’opera prima, mentre il protagonista ha già ben figurato in un altro film indipendente, il fantascientifico e fintamente verosimile Chronicle, già qui consigliato. Un film, tornando a Fruitvale Station, che ha strappato molti applausi e il doppio, significativo, premio al più importante festival di cinema indipendente: al Sundance giuria e pubblico sono stati concordi. Successivamente ha partecipato a Cannes, ottenendo un riconoscimento come opera prima. Un film da scoprire, una storia a cui appassionarsi perchè purtroppo i Grant esistono anche in Italia, e si chiamano Giuliani, Cucchi, Aldovrandi, Sandri e come tanti altri a cui la cronaca non concede ingiustamente lo spazio che meritano. Un film da vedere anche  in nome di tutti loro.

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