Un’altra commedia giovanile, da guardare sul divano

Un’altra commedia giovanile? Si. La terza consecutiva, se contiamo la pausa estiva? Si, ma questa volta non c’è Zac Efron. Ma non ci sarebbe qualcosa di diverso? Cartoni animati e supereroi, generi al cui pubblico della recensione interessa assolutamente nulla. Ma non ci sarebbe qualcosa di meglio? Forse cartoni e supereroi, ma vedi risposta precedente. Ma non sono tutte uguali queste commedie? Lo scopriremo sono guardandole? Per quanti numeri dobbiamo andare avanti con questi film qua? Ultimo, promesso!
Comportamenti molto… cattivi (di Tim Garrick, 2014)
In principio ci sono sempre Suxbad e Project X, una sorta di nuovi capisaldi della commedia giovanile americana a base di sesso, droga, alcol e più techno che rock’n’roll. Difficile per tutti uscire dagli stereotipi che questi due film recenti (ed entrambi più che interessanti) hanno imposto, vuoi a livello di regia, vuoi a livello di sceneggiatura. Da questa coppia non si esce. Aggiungiamoci che il debuttante regista Garrick deve coltivare una grande passione per gli anni ’80, sia a livello musicale (si sentono Cure e New Order), sia a livello cinematografico, soprattutto a livello di cast, assortito di vecchie glorie e giovani promesse. Il protagonista, Nat Wolff, è la giovane star del momento, almeno negli Stati Uniti, visto il successo di Colpa delle stelle e il ruolo di primo piano in Palo Alto (film di una “nuova” Coppola che non uscirà in Italia, ma qui si); non è da meno la controparte femminile, Selena Gomez, star pop Disney che già era uscita dai suoi schemi di ragazzina modello nel bellissimo Spring Breakers. Ai giovani protagonisti aggiungiamo alcune chicche: Jason Lee (My Name Is Earl e i film di Jay e Silent Bob), Mary Louise Parker (ormai esperta di ruoli da tossica, dopo Weeds), la rediviva Elisabeth Shue (Via da Las Vegas e Karate Kid), il redivivo Cary Elwes (La storia fantastica su tutti) e il mitico surfer Gary Busey (Un mecoledì da leoni). Tratto da un romanzo molto noto, autobiografico, e citato nei primi minuti dal biglietto del tentato suicidio della madre, “While I’m dead, feed the dog” (mentre sono morta, dai da mangiare al cane), la commedia si fonda su una struttura a flashback con il solito io narrante. Esilarante e vertiginoso per le risate nei primi minuti, il film si sgonfia col passare del tempo, anche se nel finale riserva ancora qualche freccia nel suo arco. Ma soprattutto l’inizio, grazie ai dialoghi, alle citazioni, alla scorrettezza di parole e tematiche (sesso e religione, si vince facile), lascia preludere a un piccolo cult. La mano del regista non è sicura e non riesce a tenere in pugno la storia, e soprattutto perde di vista i suoi personaggi minori (vero punto di forza), lasciandoli in sospeso per poi abbandonarli. Una gustosa (davvero!) e scorretta apparizione di Justin Bieber verso fine film non fa che rafforzare la convinzione che le potenzialità ci fossero, soprattutto per una storia vera. Concludendo, il divertimento c’è comunque, ma più per una serata in casa che al cinema. Il titolo ha soltanto un “molto” e i puntini di sospensione di troppo.

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