Un’occasione fallita e un’altra per scoprire la musica indie italiana

Fottute! (di Jonathan Levine, 2017)
Da cinefilo all’antica, nella scelta dei film da vedere, la voce “regista” resta la principale, a scapito di trama, cast, successo, premi, vociare, recensioni di altri. E Jonathan Levine, classe 1976, è da una decina d’anni un tizio da tenere d’occhio, dal debutto con Fa la cosa sbagliata fino a titoli spesso imperfetti ma sempre interessanti come Warm Bodies e il delizioso 50 e 50. Fottute! è la traduzione un po’ libera di Snatched, che nel mio limitato inglese dovrebbe significare “rapite” o “strappate”, ma non andiamo a cercare il pelo nell’uovo. Il film si discosta dai precedenti perché è una commedia altamente demenziale, e nonostante una svolta un po’ seriosa della vicenda, non perde mai per un secondo la vocazione della risata. Una figlia convince la madre a un’avventurosa vacanza in Ecuador, dove verranno rapite da uno spietato boss locale, e dalla quale ne usciranno con una serie infinita di botte di fortuna e momenti di improvvisato coraggio. Quante volte avete letto una trama simile? Almeno 10, e non si capisce infatti come si possa produrre ancora questo genere di trame e come un regista emergente si metta in testa di dirigerle. Il film è innocuo, affianca nel cast la simpatica e straripante Amy Schumer a due mostri sacri come Goldie Hawn e Joan Cusack, personaggi potenzialmente fantastici ma non sfruttati a dovere. Per ridere si ride, e in alcuni casi anche sguaiatamente, soprattutto grazie ai personaggi minori (il fratello minore nerd e il navigatore solitario, protagonista della memorabile scena della liana) ma il film non lascia alcun segno, si sviluppa in maniera del tutto prevedibile e soprattutto non calca la mano sulla cattiveria, che accenna all’inizio e in alcune scene. Un’occasione non del tutto perduta perché ci si diverte per l’ideale durata di 90 minuti, ma che fallisce nel rapporto qualità prezzo, perché non si può spendere come per andare a vedere Baby Driver, di cui parleremo la prossima volte!
Rotte indipendenti (di Lara Rongoni, Giangiacomo De Stefano, 2016)
Documentario che racconta la storia della musica indipendente italiana, dal punk di fine anni 70 fino quasi ai giorni nostri, diviso per 4 città, ciascuna delle quali protagonista di un episodio: Bologna, Milano, Torino e Roma. Attraverso le interviste ai musicisti, ai giornalisti, ai discografici e al purtroppo scarno materiale video, si racconta una vera e propria storia musicale di queste città, in un’epoca in cui dal punk si è passati all’hardcore e all’hip hop, fatta parzialmente eccezione per la più rock Milano, mostrando il significato di queste scelte stilistiche con attenzione a quanto succedeva nei luoghi in cui si facevano nascere delle nuove realtà. Si scoprirà che Neffa era un batterista hardcore, mentre il Piotta è uno dei maggiori conoscitori e protagonisti della scena della Capitale, per esempio. Per gli appassionati si tratterà di un viaggio piacevole e nostalgico, mentre per chi non ha vissuto quegli anni si troverà davanti a un documento fondamentale. Presentato in occasione dei vent’anni del Mei di Faenza, e sottolineato che il lavoro non è un’opera omnia, mancano molte città (Napoli e Firenze su tutte, sembra sia in cantiere un sequel) e non tutte le realtà musicali indipendenti sono state toccate, non si può non citare il lavoro della coppia di registi che consegnano agli appassionati una piccola enciclopedia. I 4 episodi sono disponibili On Demand su Sky. Forse anche sul sito del Mei. Cercateli, trovateli.

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