lunedì
17 Novembre 2025

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Metafisica concreta

Sull’intitolazione dell’ex Piazzale Cilla a Piazza Giorgio de Chirico

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Sabato 8 novembre scorso, a Ravenna, alla presenza dell’Assessore alla Cultura Fabio Sbaraglia, dell’architetto Bruno Minardi, autore del progetto, e di poche selezionate persone – come ben si addice alle “Piazze d’Italia” dipinte da Giorgio de Chirico (Volo, Grecia, 1888 – Roma, 1978), in cui, oltre alle architetture porticate, ai frontoni classici, alle fontane e alle statue, ai treni e alle barche a vela in lontananza (nascosti sempre dietro lunghi muri), compaiono rarissime figure umane – è avvenuta la cerimonia ufficiale di intitolazione dell’ex Piazzale Cilla a una ben più illustre Piazza “Giorgio de Chirico”. La pittura metafisica, di cui la paternità è attribuita ormai al solo de Chirico, nasce con alcuni quadri come l’Enigma dell’oracolo, l’Enigma di un pomeriggio d’autunno e l’Enigma dell’ora, tutti eseguiti a Firenze nel 1910. In particolare, nell’Enigma d’un pomeriggio d’autunno, compare la prima rappresentazione di quelle che poi saranno note come Piazze d’Italia, che de Chirico dipingerà fino agli anni Cinquanta. Nel quadro appare una visione semplificata della Basilica francescana di Santa Croce con, al posto della statua di Dante, scolpita dallo scultore ravennate Enrico Pazzi nel 1865, una statua antica di spalle.

Cosa lega l’architettura alla metafisica di de Chirico? È lo stesso artista, nel 1919, a chiarirlo: «Io ho mostrato per primo la metafisica delle piazze e delle città d’Italia – perché – «nella costruzione delle città, nella forma architetturale delle case, delle piazze, dei giardini e dei paesaggi, dei porti, delle stazioni ferroviarie, ecc., stanno le prima fondamenta d’una grande estetica metafisica» (G. de Chirico, Estetica metafisica, in «Valori plastici», aprile-maggio 1919).

È stato lo stesso progettista del complesso di Piazzale Cilla, Minardi, circa due anni fa, a proporre all’Ufficio Toponomastica di Ravenna la nuova intitolazione. Cosa lega, allora, il progetto di Minardi alle Piazze d’Italia dechirichiane? Certamente la ricerca minardiana di quegli archetipi architettonici tipici della tradizione italiana: dai portici (anche lignei come nelle case medievali di Bologna), alle colonne (senza base e senza capitello), ai timpani con l’oculo al centro, alle costruzioni cilindriche (come non ricordare La torre rossa di de Chirico, datata 1913, che Minardi sembra aver citato nel cilindro a mattoni rossi sede della Cna?). Se Minardi parte dai luoghi, dalla natura, dall’architettura senza architetti e, spesso, dall’anonima architettura industriale, ispirandosi a capannoni, tettoie, silos, cisterne, macchine portuali, gru ecc., anche de Chirico – oltre a templi a tholos, probabilmente ispirati agli affreschi pompeiani, alle torri, cilindriche e coniche, alle statue antiche e non, dipinte sempre di spalle, come nei quadri di Caspar David Friedrich – ha raffigurato, almeno una volta, nell’Enigma della partenza, datato dall’artista al 1914, una ciminiera rossa, ricordo delle periferie industriali italiane e parigine. Metafisica dipinta, quella di de Chirico; metafisica concreta, quella di Minardi.

De Chirico

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