Col favore degli astri

Il rilievo dell’Apoteosi di Augusto (Un oroscopo… doc)

L’Apoteosi di Augusto e la Scena con vittimari, considerate le sculture più famose della Ravenna romana, divennero immediatamente significative testimonianze delle raccolte lapidarie dei monaci benedettini di San Vitale che le esposero, a partire dalla seconda metà del XVII secolo, nella sacrestia della chiesa a ostentazione delle loro ricchezze artistiche.
Assai improbabile risulta il loro utilizzo nelle decorazioni di Porta Aurea, dove non avrebbe avuto alcun senso la rappresentazione di temi figurativi rituali e religiosi, pertanto è più verosimile che i due frammenti fossero inseriti in un monumento o in un altare monumentale, dedicato al culto imperiale della famiglia Giulio-Claudia, simile all’Ara Pacis, anch’essa costituita da processioni e scene sacre.
I due rilievi, raffinati e aulici, rivelano un’attenta indagine psicologica dei volti, una ricerca anatomica dei corpi e una resa naturalistica dei panneggi, espressioni probabilmente di un’arte della Capitale, che si riscontra anche in opere affini come l’Ara Pacis, il rilievo con i suovetaurilia conservato al Louvre con due scene di sacrificio provenienti dall’Ara Gentis Iuliae e ora conservate sulla facciata di Villa Medici a Roma.

Apoteosi di Augusto, uno dei bassorilievi della metà del I sec. d.C., esposti al Museo Nazionale di Ravenna, nel primo chiostro di San Vitale

Il bassorilievo di Augusto venne probabilmente eseguito durante l’impero di Claudio, per l’attenzione riservata all’espressione dei volti che lasciano trasparire sentimenti e una maggiore umanità. Corpi volumetrici e solidi, giochi chiaroscurali e personaggi solo apparentemente statici sono infatti tipici della scultura del periodo dell’imperatore Claudio.
Non è possibile identificare con certezza i personaggi rappresentati perchè la volontà di divinizzarli ha portato lo scultore a creare immagini idealizzate e avulse dal tempo.
Plausibile è l’ipotesi che vede nel centro della lastra con apoteosi il personaggio principale rappresentato volutamente di statura più elevata a sottolinearne la sua importanza.
La nudità eroica, l’himation, la corona di foglie di quercia, la sfera con segni zodiacali, i fulmini sotto nell’avambraccio sinistro, ancora in parte intuibili, e forse un lungo scettro in metallo, non più presente, nella mano destra, hanno portato a identificare questo personaggio con Augusto sotto le sembianze del dio Giove. Tale divinità, rappresentata in un atteggiamento simile anche in altre sculture, è infatti caratterizzata oltre che dall’himation dalla presenza di due attributi come il fulmine e lo scettro.

L’astrologia, che ha sollecitato fin dai tempi più remoti lo studio degli effetti che i corpi celesti e i loro reciproci aspetti al momento della nascita esercitano sugli uomini, ha sempre occupato un ruolo rilevante nella cultura romana.

Lo stesso Quintiliano, nell’Institutio oratoria, ritiene che la sua conoscenza sia imprescindibile per l’insegnamento, alla stessa stregua della musica e della filosofia. Il favore e il sostegno degli astri hanno ispirato e condizionato suggestive creazioni artistiche in ogni epoca, ma non vi è alcun dubbio che con Ottaviano Augusto l’astrologia acquisti un ruolo di rilevanza assoluta, diventando parte fondamentale della retorica imperiale e strumento di legittimazione politica.
Nato il 23 settembre del 63 a.C., alle prime luci dell’alba, paulo ante solis exortum, Augusto ha l’ascendente in Bilancia, sub pondere Librae, come specifica Manilio nel suo poema sugli astri.
E nello stesso segno Virgilio predice l’ascensione del princeps fra gli astri, specificando che il luogo a lui destinato si trova fra la Vergine e lo Scorpione, ed è appunto la Libra, la Bilancia, ricavata dalle pinze dello stesso Scorpione e introdotta a Roma dal I secolo a.C.
La collocazione di Ottaviano fra gli astri, il suo catasterismo appunto, è strettamente connesso alla dottrina platonica dell’origine astrale delle anime e della loro sopravvivenza, quale ricompensa per le azioni virtuose compiute in vita, tema a cui furono molto sensibili sia Cicerone che Manilio e che venne diffuso a Roma dal filosofo stoico Posidonio e dall’astrologo Nigidio Figulo.
Dopo l’assassinio di Giulio Cesare il suo figlio adottivo Ottaviano lo fece oggetto di onori regali e gli innalzò un tempio come a un dio, e questa apoteosi, che svolgerà un ruolo fondamentale nella vita politica, costituisce il tassello fondativo della divinizzazione dello stesso Augusto.
Pochi mesi dopo la morte di Cesare, nel 44 a.C., apparve nel cielo una cometa, un sidus crinitum, molto luminoso e di grandi proporzioni ma, contrariamente all’opinione corrente della negatività di tali signa, venne interpretata favorevolmente come un segno dell’ascesa al cielo dell’anima di Cesare, del suo divenire astro fra gli astri. La deificazione di Cesare non rappresentava del resto un fatto nuovo, sin dai tempi di Scipione l’Africano si era ammesso che Romolo fosse assurto in cielo e, divinizzato, si fosse identificato nel dio Quirino.

Ottaviano sottolineò lo stretto legame fra l’apoteosi del padre adottivo con l’apparizione della cometa e sul timpano del tempio dedicato al Divus Julius, dopo la sua consecratio nel 42 a.C., fece applicare l’immagine della stella. Anche Plinio, parlando della luminosissima cometa, sottolinea come tale segno celeste fu ritenuto di buon auspicio e scrive: Admodum faustus Divo Augusto iudicatus (cometes) ab ipso,qui incipiente eo apparuit; haec ille (Augustus) in publicum; interiore gaudio sibi illum natum seque in eo nasci interpretatus est.
Il sidus Iulium, che, secondo alcuni studiosi potrebbe essere il giovane rappresentato nel rilievo ravennate con la stella sulla fronte, venne quindi interpretato da Ottaviano come un signum relativo a lui e una chiara conferma del suo destino celeste.
Virgilio nel proemio delle Georgiche scrive che per la metamorfosi astrale di Augusto sarà introdotto in cielo una nuova costellazione, un novum sidus, e nell’apparizione della cometa legge la promessa di un’imminente prosperità agricola.
Svetonio, nel De vita Caesarum, Divus Augustus, narra che Augusto era salito insieme ad Agrippa, mentre si trovavano ad Apollonia nell’Illiria, nel 45-44 a.C., sulla torre dell’astrologo Teogene per raccoglierne le profezie. Dopo aver superato l’iniziale reticenza, temendo di avere un pronostico inferiore rispetto all’amico, si decise a consultare l’astrologo e questo, dopo averne esaminato l’oroscopo, gli si gettò ai piedi in segno di adorazione, avendo letto nelle configurazioni celesti il più straordinario dei destini, che avrebbe portato al mondo un’età caratterizzata dalla prosperità e dalla pace. La reazione dell’astrologo rese il giovane sicuro e fiducioso del suo destino glorioso che gli era garantito dal segno natale del Capricorno: Tantam mox fiduciam fati Augustus habuit, ut thema suum vulgaverit atque nummum argenteum nota sideris Capricorni, quo natus est, percusserit.
La decisione di Augusto di rendere pubblico il suo oroscopo, ut thema suum vulgaverit, è chiara dimostrazione della sua volontà di fare conoscere al mondo intero che tutto è scritto nei signa celesti e dal desiderio di offrire l’immagine di un princeps il cui cammino è segnato da un oroscopo che già in vita garantiva un futuro regale e un destino di immortalità astrale.
Quindi, nonostante la Bilancia sia il suo segno natale e anche il suo ascendente, a partire dal 31 a.C., anno che lo vede trionfare contro Antonio nella battaglia di Azio, in molteplici creazioni artistiche e soprattutto nelle emissioni monetali, Ottaviano darà sempre più spazio al segno del Capricorno, segno che ospitava il sole al momento del suo concepimento, o in cui al momento della sua nascita si trovava la luna, la cui posizione era fondamentale nell’oroscopo antico.
Le configurazioni del concepimento in Capricorno e della nascita in Bilancia, dodicesimo segno introdotto nel calendario da Giulio Cesare e generato appunto dalle branchie dello Scorpione, sono di per sé esplicite indicazioni che Augusto assume su di sé il ruolo di cronocratore, di regolatore del tempo e del fluire delle stagioni, essendo il Capricorno, governato dal pianeta Saturno, stazione del solstizio d’inverno e la Bilancia, governata da Venere, stazione dell’equinozio di autunno. Entrambi i due segni sono perfettamente funzionali all’apologia augustea, la Bilancia come glorificazione del gens Iulia, progenie di Venere, e il Capricorno a lode della pax augustea.

Il Capricorno, creatura fantastica con la parte anteriore di capra e la coda di pesce, rispecchia la metamorfosi del dio Pan che, per sfuggire a Tifone, si rifugiò nell’acqua. Il polivalente simbolismo di questo singolare segno zodiacale, partecipe sia della natura acquatica che di quella terrestre, bene si presta a significare che Augusto esercita il suo dominio sia sulla terra che sul mare.
Il Capricorno diviene pertanto il simbolo ufficiale di Augusto con le emissioni monetali: aurei e denari costituivano infatti un efficace mezzo di comunicazione col popolo.
Per quanto riguarda invece la rappresentazione del globo celeste sotto ai piedi, come si vede nel rilievo ravennate, non risulta che questa compaia in altri rilievi monumentali, ma la si trova in un denario d’argento, dove Augusto regge lo scettro e l’aplustre, ornamento posto a poppa delle antiche navi, coniato a Roma nel 29 a.C., tra la battaglia di Naulochos e quella di Azio.
Il rilievo del Museo Nazionale di Ravenna alla luce delle ricerche svolte, costituisce un unicum. Infatti presenta contemporaneamente in un’opera monumentale i principali attributi che mostrano la divinizzazione di Augusto sotto la specie di Giove: la corona di quercia, il fulmine, lo scettro e il globo, attributi che in numerose altre testimonianze artistiche compaiono singolarmente, ma che qui sono così mirabilmente riuniti. Nelle configurazioni celesti che sono scolpite a bassissimo rilievo nella fascia zodiacale che circonda il globo, per quanto molto abrase, sembra di poter leggere, procedendo da sinistra verso destra, i segni zodiacali dello Scorpione, del Capricorno e del Sagittario.  Dal momento però che la corretta sequenza di questi segni nello zodiaco è Scorpione, Sagittario, Capricorno, si può ipotizzare che l’avere posto il Capricorno in una posizione centrale rispetto agli altri due sia stata determinata dal desiderio di focalizzare l’attenzione su questo segno.
Dal punto di vista dell’interpretazione dei singoli segni mentre lo scorpione rappresenta il potere di cui una persona dispone, il sagittario si riferisce alla direzione e allo scopo dell’impresa che si deve compiere. Ed infine ecco al centro il Capricorno, immagine del costruttore, vale a dire l’imperatore Augusto, che realizza il suo progetto grazie al potere di cui è dotato e alla fede.

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