Faenza: l’arte nelle mani, la bellezza nel cuore

Cultura e buon vivere sono di casa nella città della ceramica

Lasciata Cesena, la rubrica Città e quartieri si sposta ancora sulla via Emilia e dopo Forlì approda a Faenza. Chi visita la città, apprende dal materiale di promozione turistica che si trova in un “territorio incantato” nel quale si custodisce l’arte della ceramica, si può apprezzare i piaceri della buona tavola e l’amenità delle colline circostanti. Come è avvenuto nelle precedenti puntate non è possibile raccontare per intero la storia della città, le trasformazioni, la ricchezza di segni e la complessità del tessuto urbano, conviene allora indicare un possibile percorso fra i tanti offerti da Faenza, privilegiando alcune emergenze e cogliendo nuove funzioni e stili di vita.
Di dimensioni ridotte rispetto a Forlì e Cesena, con 58.441 abitanti al 31 dicembre 2015, in calo di 80 persone rispetto al 2014, Faenza rimane nell’immaginario «quella culta e brillante Città» descritta dal poeta Vincenzo Monti nel 1788. Un destino tutto rivolto all’arte, insito nel nome, assunto per definire la parola ceramica (maiolica) in francese (faïance) e in inglese (faience).
Raccolta, aggraziata, esuberante, delle città romagnole è quella che più di tutte ha mantenuto uno stretto legame con Firenze, dichiarato nella presenza di maestranze e artisti provenienti dalla città toscana, impegnati nel programma di monumentalizzazione avviato nel Quattrocento. Ma la ricchezza del patrimonio storico artistico non la cristallizza in una dimensione museale, la vivacità dell’offerta culturale sempre più spesso proiettata sulla contemporaneità, la qualificata rete commerciale, l’ampio scenario gastronomico e culinario garantiscono un carattere unico a Faenza, città dinamica, alle prese con le durezze di una crisi economica che sembra non volere cedere il passo.
Dell’età romana mantiene un segno distintivo quale l’incrocio fra il decumano e il cardo posto sul tracciato della via Emilia; i due assi viari oggi sono rintracciabili, il primo nei corsi Saffi e Mazzini e il secondo nei Corsi Garibaldi e Matteotti. Qui si apre il  cuore di Faenza, piazza della Libertà e piazza del Popolo, vissute come un unicum, rappresentano uno spazio urbano elegante e accogliente. Ed è lì che trova spazio la cattedrale costruita nel IX secolo poi riedificata fra il 1474 e il 1520 su progetto dell’architetto fiorentino Giuliano da Maiano, nonché i palazzi posti uno di fronte all’altro del Podestà e del Capitano del Popolo, quest’ultimo destinato a divenire sede della signoria manfrediana. Entrambi di epoca medioevali con portici a doppio ordine subirono diversi rifacimenti, fino all’aspetto attuale. La piazza prese la forma odierna nel XV secolo, l‘intero loggiato del palazzo Manfredi fu poi ricostruito in forme neoclassiche, nel 1859. Anche al palazzo del Podestà, fu aggiunto un loggiato a due piani, ma a spese dei mercanti che possedevano botteghe in piazza, nel 1760. Nel Taccuinetto faentino il poeta Dino Campana scrive: «Pare un caffè concerto dalla loggia grande dove sono seduto la Piazza». E ancora sorprende la duttilità dello spazio urbano, capace di accogliere fiere e mercati, sfilate storiche, la passeggiata dei cittadini, le corse dei bambini, il zigzagare di bici e skate, ma anche di farsi scenario metafisico, senza presenze umane.

Dai portici che la bordano ai lati, la fitta rete delle botteghe di un tempo, oggi, è diventata un susseguirsi di negozi e caffè dove ristorarsi e vivere lo scandire delle ore cittadine.

Di fronte alla Cattedrale si apre il loggiato detto Portico degli Orefici, costruito nel primo decennio del Seicento, mentre a lato si trova la fontana monumentale, disegnata dall’architetto ticinese Domenico Castelli nel 1621, monumento cittadino tutelato dall’Associazione “Amici della fontana”.
A pochi passi la Torre dell’Orologio, progettata da fra’ Domenico Paganelli nel 1604, fu ricostruita dopo la Seconda guerra mondiale dopo la demolizione ad opera dei Tedeschi nel 1944. Dalla piazza si accede grazie al voltone della Molinella, sottostante il palazzo Comunale, alla raccolta piazza che dagli anni Ottanta è dedicata a Pietro Nenni, sulla quale si affaccia il teatro Masini, progettato da Giuseppe Pistocchi e costruito dalla municipalità fra il 1780 e il 1787. Il Masini, perfetto esempio di teatro all’italiana, conserva intatti i caratteri dell’architettura neoclassica e offre stagioni ricche di proposte fra prosa e musica; è collegato a palazzo Manfredi tramite la Galleria dei Cento Pacifici, annessa al Ridotto e progettata da Giuseppe Pistocchi, con decorazioni di Felice Giani. Un voltone collega poi piazza Nenni a via Pistocchi, elegante via, con negozi di pregio, posta fra via Severoli e corso Mazzini.
Uno delle strade del passeggio faentino, corso Mazzini conserva in sequenza botteghe storiche come lo stabilimento grafico cartoleria fratelli Lega, pubblici esercizi, negozi delle catene nazionale e internazionali ed edifici storici come palazzo Mazzolani; Zanelli; Zucchini; palazzo Gessi e palazzo Conti Sinibaldi entrambi firmati da Giuseppe Pistocchi. Di pregevole fattura anche palazzo Ferniani su via Naviglio, e palazzo Laderchi progettato nel 1780 circa da Francesco Tadolini e costruito all’angolo fra via XX Settembre e corso Garibaldi con decorazioni pittoriche di Felice Giani.

La Faenza di fine Settecento partecipa ai grandi avvenimenti storici e diverse famiglie nobiliari avvicinano gli ideali filo francesi, abbracciando il gusto neoclassico.

Un patrimonio monumentale diffuso che si può ammirare passeggiando anche per corso Garibaldi, corso Matteotti, via Torricelli e corso Saffi, strade dove l’offerta commerciale non è mai scontata e la qualità sembra essere un requisito condiviso. Una menzione speciale va a palazzo Milzetti, immancabile meta nella passeggiata dentro le mura. In via Tonducci si apre uno spettacolare esempio di neoclassico, progettato da Giuseppe Pistocchi nel 1792. Nel 1799 l’incarico passò all’architetto Giovanni Antonio Antolini, mentre gli affreschi sono ancora una volta di Felice Giani. Solo nel 1973 il palazzo divenne dello Stato e dal 2001 è il museo dell’età Neoclassica in Romagna.
Oltre al patrimonio monumentale Faenza da tempo immemore preserva e alimenta l’arte ceramica praticate nelle tante botteghe e promuove le migliori espressioni artistiche grazie al MIC, museo internazionale della ceramica, fondato nel 1908. Le collezioni originari furono danneggiate dai bombardamenti del 1944 e nel dopoguerra fu incessante il lavoro di ricomposizione delle raccolte, nelle quale sono rappresentati i maestri faentini al pari degli artisti di fama mondiale Pablo Picasso, Lucio Fontana, Henri Matisse, Arturo Martini, Pablo Echaurren, Luigi Ontani, Mimmo Paladino. Da ricordare anche il Museo Carlo Zauli che dal 2002, attraverso le proprie collezioni e le diverse attività culturali esplora e diffonde l’arte contemporanea in tutte le molteplici espressioni, con un’attenzione particolare alla ceramica. Altra meta la Pinacoteca, aperta nel 1797, quando il Comune di Faenza acquistò la collezione di opere d’arte di Giuseppe Zauli. Nello stesso anno iniziò l’acquisizione di dipinti provenienti dai conventi e dalle chiese soppressi in forza delle leggi napoleoniche. Oltre alla storica collezione d’arte antica e moderna i suoi spazi ospitano mostre temporanee e incontri culturali
Nonostante l’incessante lavoro di ricerca e valorizzazione del contemporaneo con iniziative di grande spessore, promosse dall’ente pubblico e da soggetti culturali, rattrista il danneggiamento del Cubo alato, opera dello scultore e ceramista Carlo Zauli, posta davanti alla stazione ferroviaria della città manfreda, ad opera di vandali. Un episodio che ha scosso i cittadini, abituati alle polemiche tutte interne sugli effetti maleodoranti delle distillerie e sulla difficile gestione e inclusione sociale dei migranti.
Nonostante tutto la città palpita e lascia spazio alla movida, c’è un progetto che aggrega locali e forze creative concentrate nella zona di via Cavour e via Baccarini dove si può trovare il Clan Destino e Arbusto, tanti poi i caffè e i locali in città da citare tralasciando molto altro, tutti in ordine sparso, dall’enoteca Astorre, al caffe 27, al Piccadilly, l’Evergreen, la discoteca Giradischi, il Piccadilly alla pasticceria Fiorentini, passando per il Tesco, all’Infantini caffè, al Nove100, al Corona, al Rossini, al caffè della Molinella, al Mens sana, fino alla buona tavola vanto della città con le prelibatezze de La Baita, della trattoria storica La Marianaza, di Silverio, dell’osteria La Sghisa, di O’ fiore Mio, di Zigarò, di Ca’ Murani, di Cinque Cucchiai. Ma l’elenco è davvero incompleto e tanto c’è da scoprire nelle strade quiete di Faenza, dai vicoli dietro al duomo, dal mercato di piazza Martiri della Libertà, dai palazzi nobiliari, dalle botteghe d’arte, sino alle espansioni moderne fuori le mura che riflettono una consuetudine con la buona architettura e l’arte contemporanea, capace di germogliare anche nelle rotatorie delle circonvallazioni. Dolcemente, poi la campagna prende a muoversi e il territorio verso le colline diviene davvero “incantato”.

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