La Regione corre ai ripari e lancia il consumo di territorio a saldo zero

In discussione la nuova legge urbanistica che vuole un’Emilia Romagna proiettata nel futuro attraverso la rigenerazione urbana, l’efficienza energetica e l’adeguamento sismico

Dopo 17 anni la Regione mette mano alla complessa materia urbanistica e si appresta a votare una nuova legge che impone alcune parole d’ordine, modifica e inibisce, nelle intenzioni, il consumo di territorio e frena le previsioni di espansione. Il tutto in risposta alla durezza di una crisi economica lunga e implacabile che più di tutti sembra aver colpito proprio il settore delle costruzioni. Uno strumento pensato in difesa di territori esposti agli effetti dei mutamenti climatici e al dissesto idrogeologico.

Molto cambierà ma non il vezzo di muoversi tra gli strumenti urbanistici con acronimi mutevoli, spia di un distacco forse irrecuperabile con i cittadini, anche quelli più informati e sensibili alla materia. Si intravede la volontà di non  lasciare l’urbanistica chiusa nelle stanze dei funzionari degli enti locali e dei portatori di interessi, siano proprietari di aree, progettisti, costruttori, immobiliari, imprese o consorzi artigiani. In futuro Psc, Poc e Rue lasceranno posto al Pug – piano urbanistico generale – che non verrà più declinato in  Poc e Pua, ma attuato attraverso più comprensibili, almeno nella dizione, “Accordi operativi”, strumenti che andranno a definire gli interventi da realizzare. Fra le rassicurazioni avanzate dall’assessore regionale Raffaele Donini c’è l’esplicito riferimento a forme di partecipazione per i cittadini. «Con questa proposta di legge – afferma l’assessore Donini – che l’Assemblea legislativa discuterà, si apre un cantiere di confronto e dialogo con i territori e con il mondo produttivo, associazioni e professionisti. Proponiamo una svolta culturale sul nostro modello di sviluppo, non più basato sull’espansione e sul consumo di suolo ma sulla rigenerazione delle nostre città e l’adeguamento sismico degli edifici. Pensiamo ad una pianificazione semplice, veloce e trasparente che consenta al territorio uno sviluppo sostenibile sbarrando la strada alla corruzione e alle infiltrazioni mafiose». Il progetto di legge prevede allora norme per promuovere e favorire la partecipazione dei cittadini alle scelte urbanistiche dei Comuni e concorsi di architettura per aumentare la trasparenza dei progetti urbanistici.

Di sicuro impatto le parole d’ordine indicate nella proposta di legge: stop all’espansione urbanistica e consumo di suolo a saldo zero, rigenerazione urbana e riqualificazione degli edifici.

Poi adeguamento sismico degli immobili, sostegno alle imprese e tutela del territorio agricolo. Ogni Comune potrà estendersi con una quota massima del 3% nel caso di nuovi insediamenti produttivi; l’edilizia residenziale sociale e le nuove abitazioni, dovranno essere collegate a progetti di rigenerazione urbana. Sono esclusi da tale limite gli insediamenti produttivi strategici, gli interventi di ampliamento produttivi e le opere pubbliche o di interesse pubblico. Punto quest’ultimo criticato dalle opposizioni, da Verdi, M5S e Sel ma anche da Paola Bonora docente di Geografia dell’Università di Bologna e da Ilaria Agostini, ricercatrice di tecnica e pianificazione urbanistica sempre dell’ateneo bolognese che in questi mesi hanno pubblicato articolati contributi al dibattito in corso.
Uno degli obiettivi dichiarati dalla legge è quello di anticipare il consumo di suolo a saldo zero rispetto all’obiettivo europeo del 2050. Il capitolo della rigenerazione urbana va invece di pari passo con l’adeguamento sismico che sarà sostenuto con incentivi, contributi regionali diretti, a partire dai 30 milioni di euro promessi dalla Regione. Seguono l’esonero dal contributo straordinario, la riduzione di almeno il 20% del contributo di costruzione, incentivi volumetrici legati alla qualità del progetto, oltre a procedure più veloci e snelle. Una novità per i cittadini sempre in tema di rigenerazione urbana è la possibilità offerta dalla norma di avviare interventi anche quando solo il 50% dei proprietari di un edificio è concorde, questa metà potrà imporre la realizzazione delle opere sulla restante quota di proprietari, qualora essi si oppongano.

Un quadro che non si realizzerà però all’approvazione della normativa, all’articolo 3 si legge infatti che: «I Comuni, per assicurare la celere e uniforme applicazione su tutto il territorio delle disposizioni stabilite dalla presente legge, adeguano la pianificazione urbanistica vigente entro il termine perentorio di tre anni dalla data della sua entrata in vigore». E ancora: «I Comuni che, prima dell’entrata in vigore della presente legge, hanno adottato il piano strutturale comunale (Psc) e il regolamento urbanistico ed edilizio (Rue) unificano e conformano le previsioni dei piani ai contenuti del Pug, senza che ciò comporti la ripubblicazione del piano». Una finestra di tempo nella quale il Comune come prevede l’articolo 4: «può stipulare accordi operativi, per dare immediata attuazione alle previsioni contenute nei vigenti Psc, e può rilasciare permessi di costruire convenzionati, per attuare le previsioni del Prg e del Poc vigenti. Allo scopo di dare immediata attuazione alle previsioni del Psc, il Consiglio comunale assume una apposita delibera di indirizzo con la quale stabilisce requisiti e condizioni per l’accoglimento delle proposte dei soggetti interessati. Possono altresì essere adottati i seguenti strumenti urbanistici e può essere formalmente avviato il procedimento di approvazione dei seguenti atti negoziali: i piani attuativi dei piani regolatori comunali vigenti; i Piani Urbanistici Attuativi (Pua), di iniziativa pubblica o privata; i Programmi di Riqualificazione Urbana (Pru); i procedimenti speciali di approvazione di progetti e gli atti negoziali che comportano l’effetto di variante agli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica».

A questo proposito, a Ravenna è iniziata la revisione del Poc, scaduto nel 2016 e la discussione sulla variante generale al Prg 2003 (PRG 2017). «La nuova pianificazione – spiega l’assessore all’urbanistica Federica Del Conte – vuole essere luogo di scelte strategiche, utile a soddisfare i bisogni collettivi, nel rispetto dell’integrità fisica e dell’identità culturale del territorio, tenendo in considerazione e coniugando in modo equilibrato le esigenze di sviluppo con le politiche di tutela del paesaggio, il recupero dell’edificato, la qualità edilizia, la riqualificazione e la massima efficienza energetica, la sicurezza, la sostenibilità ambientale e sociale».

Fra gli obiettivi strategici in primo piano appare la limitazione drastica del consumo di suolo; nuove previsioni di espansione solo per ampliamenti di insediamenti produttivi e strategici; nuovi insediamenti subordinati ad elevati standard di qualità ambientale e infrastrutturale;  riuso/rigenerazione del patrimonio edilizio esistente con eventuale densificazione dei tessuti esistenti, attuando politiche volte al recupero dell’edificato, alla qualità edilizia, alla riqualificazione energetica e alla massima efficienza dei sistemi di consumo di energia e acqua, alla sicurezza sismica, e alla tutela del paesaggio.

L’obiettivo dichiarato sia per la legge regionale che per il Poc ravennate e delle altre città della regione, è di arrivare all’approvazione definitiva nel dicembre del 2017.

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