Lo sguardo di Anita

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Ogni anno alla Fattoria Guiccioli si rinnova la memoria dell’eroica moglie di Garibaldi.
Testimonianze che continuano a vivere

Ogni anno la memoria di Anita Garibaldi rinnova interessi e passioni: il cuore, dove ritorna a vivere questa mitica ed esemplare figura leggendaria, è la Fattoria Guiccioli.
In questo luogo, antico possedimento dei monaci benedettini di San Vitale, Anita morì la sera del 4 Agosto 1849.
La Federazione delle Cooperative della Provincia di Ravenna, proprietaria della storica azienda acquistata nel secondo decennio del Novecento da Nullo Baldini, da anni, per l’impulso promosso dal suo entusiasta presidente Lorenzo Cottignoli, ricorda quest’avvenimento.
Si svolgono iniziative di tipo culturale ed artistico, lontane dalla ridondanza celebrativa, ma dense di significati.
Come desiderato da Don Isidoro Giuliani, l’indimenticabile sacerdote cultore delle memorie di Anita Garibaldi e della vicenda storica che la vide protagonista del Risorgimento, saranno posti altri “segni” a fissare alcune tappe del percorso di quell’estate del 1849: quattro cippi di roccia che rappresentano anche l’elevazione verso il cielo così cara a Don Isidoro, provetto scalatore.

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Busto di Anita

I “segnacoli” saranno collocati alla Ca’Bianca, sulla sinistra del fiume Reno, dove Garibaldi scambiò il suo cappello con quello di un contadino, allo staggio del Bardello, dove vi fu analogo gesto e a passare di mano furono i mantelli,  al taglio della Baiona e presso il forte Michelino, una macchia boscosa alla destra del vecchio corso del Lamone presso la pineta della Bedalassona.

Cappello e mantello come altri oggetti di culto del transito di Garibaldi sulla nostra terra, sono stati custoditi gelosamente dalle famiglie attraverso alcune generazioni. Ora sono collocati al Museo del Risorgimento di Ravenna, la cui Fondazione è presieduta da Giannantonio Mingozzi affiancato dall’entusiasta consulente e studioso del Risorgimento, Giovanni Fanti.
Il progetto di installare segni evidenti che ricordano il passaggio di Garibaldi è del Comitato Acque e Terre,  attivo a Marina Romea e impegnato da alcuni anni nella valorizzazione del territorio. Con l’occasione esce anche una piccola guida turistico-ambientale dal titolo: Sulle tracce di Garibaldi curata da Osiride Guerrini, Gianna Lugaresi  e Laura Montanari.  Seguendo questo testo corredato da carte e immagini, si possono trovare suggerimenti e indicazioni per percorrere i passi dell’eroe dei due mondi fra i canneti e le bassure del paesaggio che conserva ancora alcuni tratti di quel tempo.

SOVRAPPOSIZIONI DI STORIE INDIVIDUALI E COLLETTIVE, DOVE È PIACEVOLE RITORNARE,
FACENDOSI CULLARE DALLA NOSTALGIA

Le tracce di Garibaldi, come impronte della storia con la maiuscola, permettono a ciascuno di noi di comunicare sul filo di un pensiero e di un impegno civile rivolto al  futuro.
Questi pensieri li ho annotati passando in bicicletta davanti alla chiesa di Musano, minuscolo borgo collinare sotto Roncofreddo.  Qui  Anita e Josè, così lei soleva chiamare suo marito, osservando il mare di fronte a Cesenatico, agognata meta dopo aver lasciato San Marino, ebbero uno  sguardo d’intesa.
Penso che i luoghi abbiano memoria anche del modo di approcciarsi all’ambiente, la bicicletta suggerita dalla guida permette di ricalcare quel binario tracciato a fatica.

La Fattoria Guiccioli  mantiene ricordi incancellabili con la stanza di Anita e lo studio di Don Isidoro che non poteva essere lontano: infatti, il sacerdote aveva chiesto espressamente a Lorenzo Cottignoli di poter collocare al momento della sua morte, lo studio vicino alla stanza dove morì Anita. Il suo desiderio è stato raccolto dal Presidente della Federazione delle Cooperative della Provincia di Ravenna e,  alla scomparsa della sorella Francesca Filomena Giuliani, per tutti Cecchina, Don Isidoro ha trovato quell’ubicazione che aveva sognato nella sua ricerca, quasi una trafila, sulle tracce di Anita.  Di quella donna aveva saputo individuare e trovare significati che superavano appartenenze e ideologie; Anita è stata assunta così a personaggio simbolico di donna esemplare. Isidoro Giuliani seguì questa vicenda che avveniva cent’anni prima di quando il giovane, uscito dal Seminario di Ravenna, venne ordinato sacerdote e destinato come cappellano alla parrocchia del priore di Sant’Alberto.
All’indomani del passaggio del fronte, fra i danni e le rovine della guerra, Don Isidoro trova nella sua parrocchia di Mandriole, che non lascerà più, i segni tangibili di Anita Garibaldi. Ne percorre le vicissitudini da quella sera del 4 agosto del 1849, quando un medico, il dottor Nannini, ne decreta l’avvenuta morte, mancano pochi minuti alle otto di sera.

Lorenzo Cottignoli sottolinea come la Fattoria Guiccioli sia luogo dove la storia passa più volte: la storia risorgimentale con Anita, Garibaldi e la Trafila e un secolo dopo con la Resistenza che vide protagonista a Mandriole un altro medico, Giulio Zangaglia, Giulietto,  del quale il nuovo parroco celebrò nel 1945 le nozze con Dolores Argentini, ma non ci si ferma qui.

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La cascina o cascinale delle Mandriole

Le significative coincidenze, infatti, iniziano precedentemente: la Fattoria venne acquistata nel 1914 al culmine dell’espansione delle cooperative agricole braccianti, che ebbero un ruolo determinante nel trasformare il territorio a nord di Ravenna. Il fondo, era appartenuto ai Bastogi, che l’avevano comprato dalla famiglia Guiccioli.  Ignazio Guiccioli, marito della contessa Teresa Gamba, quando era ormai in età più che matura, aveva acquisito vasti tenimenti alienati dalle repubbliche napoleoniche delle quali fu subito fervente sostenitore. Ebbe forse il suo interesse, tanto che molti terreni fra Ravenna e Venezia, come soleva vantarsi, erano i suoi.

Lo sforzo economico del conte Guiccioli non fu sicuramente enorme, in quanto seppe approfittare delle circostanze, dal momento che i beni  ecclesiastici furono confiscati al clero e alle potenti  abbazie,  alienati, smembrati e spesso svenduti. Passarono di mano così i terreni pinetati e incolti, le larghe a fieno e le bassure vallive fra Primaro e Mandriole verso le valli di Marcabò e attorno alle antiche anse fluviali del Po morto di Primaro, chiamati “Gattoli”. I monaci benedettini di San Vitale che nel motto “ora et labora” hanno custodito per anni i terreni, vengono espropriati dalla nobiltà agraria e successivamente da una borghesia emergente come quella dei Bastogi che lascia ampie tracce toponomastiche come la Carraia Bastogi, strada tuttora esistente che collega Rossetta alla via provinciale Naviglio inferiore, nel comune di Bagnacavallo. Su quelle terre ritornano però dei lavoratori che hanno analogie con i monaci benedettini: non hanno una casa colonica né appezzamenti di terra e lavorano collettivamente in folta schiera per dissodare e rendere produttive terre dure e incallite.

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