Staccavano l’adesivo Made in China Sequestrati oltre 2mila elettrodomestici

L’indagine dei finanzieri è partita dal porto di Ravenna: nei guai un’azienda di Rimini per forni, impastatrici, vetrine-frigo…

I finanzieri del Gruppo di Ravenna e del Gruppo di Rimini, nel corso di un’operazione congiunta per la tutela del “Made in Italy”, hanno sequestrato oltre 2.000 elettrodomestici carenti delle previste indicazioni di provenienza.

L’operazione ha tratto origine da un’approfondita attività di intelligence condotta dalle Fiamme Gialle in servizio al porto di Ravenna. Attraverso l’analisi dei traffici commerciali in arrivo nello scalo bizantino, infatti, i Finanzieri hanno individuato un container proveniente dalla Cina con al suo interno numerosi elettrodomestici per la preparazione alimentare destinati ad un’azienda della provincia di Rimini per la successiva commercializzazione in Italia.

Sugli imballaggi degli elettrodomestici vi era regolarmente apposta l’etichetta recante la dicitura “Made in China”, ma la stessa, a un più approfondito esame, risultava applicata con un semplice adesivo e, dunque, di facile asportazione. Pertanto le Fiamme Gialle hanno esteso gli accertamenti presso la sede della società riminese destinataria degli elettrodomestici cinesi, al fine di appurarne la corretta commercializzazione. E dal controllo i finanzieri hanno appurato che erano stoccati oltre 2.000 prodotti pronti per la vendita, per un valore commerciale di oltre 300.000 euro, ai quali era stata staccata l’etichetta adesiva con la scritta “Made in China” e, dunque, in grado di indurre il consumatore a ritenere che fossero di origine italiana. Per tale ragione tutti i dispositivi (impastatrici planetarie, vetrine-frigo, affettatrici, forni elettrici etc.), privati delle indicazioni sull’effettiva origine in violazione dell’art. 4, comma 49-bis, della Legge n. 350/2003, sono stati sottoposti a sequestro dalla Guardia di Finanza e all’importatore riminese è stata comminata una sanzione amministrativa che va da un minimo di 10.000 ad un massimo di 250.000 euro.

Ora l’azienda italiana potrà rientrare in possesso dei prodotti sequestrati solo dopo aver pagato la sanzione ed aver ottemperato, a sue spese, all’obbligo di apporre su ciascun dispositivo la dicitura “Made in China” in modo chiaro ed inamovibile. In caso contrario i beni saranno definitivamente confiscati.

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