Nittolo: «Nonostante la Biennale, il Mar sul mosaico è tornato indietro di decenni»

Il maestro scrive una lettera aperta: «Artisti internazionali ma nessun coinvolgimento dei laboratori della città»

Felice NIttolo 1

Felice Nittolo

Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta di Felice Nittolo su Ravenna Mosaico

Dopo aver apprezzato la bella mostra del MAR e dopo aver fatto i dovuti complimenti al validissimo curatore e amico Daniele Torcellini, un tarlo ha continuato a rodermi dentro e non ho potuto non pensare alla scelta  politico – culturale che la nostra città ha fatto per questa sesta edizione di Ravenna Mosaico con MOSAICS di Chuck Close. È questa l’esposizione cardinale della VI edizione di Ravenna Mosaico, il simbolo più importante anche in termini di lavoro, rappresentatività esterna  e impegno anche economico per questa  manifestazione. Il  Museo MAR della città di Ravenna (faro dell’istituzione culturale pubblica e per questo indicatore della massima visibilità artistica nazionale e internazionale contemporanea ) in questo momento sul centrale tema del mosaico è tornato, temo, parecchio indietro.

Indietro almeno al lontano 1959, quando Ravenna con coraggio e determinazione riuscì a coinvolgere i massimi esponenti dell’arte di quei giorni, e soprattutto, cosa fondamentale, riuscì a far lavorare un gruppo di “Maestri Mosaicisti” che dimostrarono sul campo che cosa era e che cos’è il mosaico secondo Ravenna. Un momento importante, di grande apertura culturale, che però pare non aver lasciato traccia profonda verso chi può far tesoro per tutti della memoria vera, quella  che vuol farsi “storia viva” meritevole di essere coltivata e vissuta con amor proprio. Eppure, anche oggi, valenti Maestri continuano ad esistere, di alto e riconosciuto profilo; ma con Ravenna Mosaico mi pare di non vedere nulla di veramente concreto verso tutto questo movimento: enorme impegno da parte della “categoria”, ma  attenzione e considerazioni assolutamente minori in termini di considerazione nella programmazione. Certo, grande tecnicismo e “bellezza” con la riconosciuta abilità pittorica di un artista internazionale come Chuck Close.

Ma poi? Niente Ravenna, nessun coinvolgimento, niente lavoro per i laboratori della città, niente ARTE… In compenso, abbiamo apprezzato l’eccellente “fattura tecnica” realizzata da un laboratorio di mosaico canadese. Quindi qual è il messaggio che la massima istituzione pubblica della città lancia nei confronti del “nuovo e futuro mosaico”? Negli ultimi decenni ho parlato e lavorato con tanti giovani artisti e mi ero illuso che questa idea (propria della cultura di una realtà che vuole evolversi avendo consapevolezza ), finalmente fosse approdata anche nelle menti di chi si prende cura della nostra grande arte. Sì, forse mi devo ravvedere. La mia generazione ha combattuto enormemente per affermare l’autonomia, la ricerca, la creatività del mosaico contemporaneo (Mathieu, Cicognani) ma è come se con questa scelta culturale si veda vanificato tutto quanto abbiamo cercato di convalidare  fino a qui.

Ripeto, la mostra MOSAICS è molto bella e l’artista è ineccepibile. Ma sono convinto che in una azione così importante,  se si voleva fare un’ operazione culturale veramente utile anche per il nostro territorio, serviva un coinvolgimento verso le realtà artigianali musive. Un atto di vera fiducia, non solo ideale,  ma patrimonio concreto per tutti. Almeno una parte del nostro impegno (anche fiscale) sarebbe tornato utile a qualche buon mosaicista…

Sento la necessità di scusarmi con tutti Voi di questo impeto comunicativo, ma è dal 1984 (dal Manifesto sull’A-Ritmismo) che sono costantemente e coerentemente impegnato con le idee che cerco di comunicare. Già alcuni anni fa avevo proposto un confronto-dibattito pubblico su questi temi e sull’importanza del mosaico ravennate… mi fu risposto che la proposta era interessante e che qualcosa sarebbe stato organizzato… Niente!

L’occasione, utilissima anche in previsione di questa Biennale, è chiaramente sfumata e forse succederà che cercheremo di (fingere di) dibattere le cose in casa nostra, quasi nascostamente, senza utilità concrete, mentre fuori dalle nostre mura il mondo dell’arte guarderà al mosaico contemporaneo anche con i principi dettati dalla mostra MOSAICS. D’altronde, invece che il 1959, basta fare riferimento ai grandi mosaici nella Basilica di San Pietro a Roma tratti dai dipinti di Raffaello e ripercorrerne la storia per recepire come tanti studiosi e storici dell’arte ritengono che quei mosaici segnarono l’oblio del mosaico per alcuni secoli. Fino a quando Gino Severini e i grandi del Novecento non ne riscattarono il valore e la centralità.
Fino a quando a Ravenna nacque l’Accademia di Belle Arti e l’Istituto d’Arte, esperienze che oggi cercano con  fatica di affermare e rilanciare quei valori. Forse la città di Ravenna non ha avuto il coraggio di superare complicati equilibri politico-culturali…

Forse anche colpa della confusione che ancora ruota attorno alla figura del “Mosaicista” (lo sapevate che non esiste l’albo dei mosaicisti?). Forse è il momento di soffermarsi sui valori della SCUOLA, delle BOTTEGHE, del RESTAURO, dell’ARTE! Come al termine di ogni grande e seria rassegna culturale  auspico e credo fondamentale un dibattito appena conclusa questa edizione 2019:  sincero, senza paure, senza steccati e né appartenenze preconcette. La realtà e le difficoltà collettive  lo richiedono. Almeno questo, almeno verso questa straordinaria storia che si chiama Ravenna.

Felice Nittolo

 

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