Secondo i dati forniti dal sindacato, in provincia di Ravenna nella seconda ondata circa 460 positività nelle strutture per anziani: «Una gestione che vuole il profitto può dare sicurezza?». Segnalato il caso di una struttura dove il personale doveva lavare la propria divisa
Il sindacato cita il caso estremo di una struttura in cui i dipendenti erano obbligati a lavare i propri indumenti da lavoro a casa e si vedevano consegnare una mascherina chirurgica per turni di 6 ore. «Non è possibile che, ancora oggi, una struttura per anziani non sia dotata di un servizio professionale di lavanderia e dia risposte approssimative al sindacato quando chiede chiarimenti in merito a protocolli covid e gestione dell’emergenza. Troppo spesso succede che le mascherine chirurgiche siano centellinate o date solo su richiesta, che le mascherine Ffp2 non siano fornite, assieme a visiere e camici idonei».
La Cgil ritiene che non sia solo un problema di allentamento nell’applicazione di protocolli e norme, ma vi sia una questione di fondo nel modello organizzativo: «Il numero di focolai e l’ampio raggio di persone coinvolte fra operatori sanitari, infermieri, oss, fisioterapisti, responsabili delle attività assistenziali e utenti, ci convince ogni giorno di più della necessità di ripensare il modello organizzativo del lavoro, coniugandolo positivamente con le necessità di anziani e dipendenti. Serve un modello che garantisca la sicurezza e la salute a ospiti e lavoratori. Queste gestioni non hanno il presupposto per isolare e gestire il contagio. Una volta che il virus entra in struttura, il sistema implode trasmettendo il virus, con conseguenze a volte letali, a ospiti, personale e loro familiari».
La responsabile Fp socio-sanitario Sara Massaroli e il segretario generale Fp-Cgil Alberto Mazzoni si rivolgono agli interlocutori – Distretto Sanitario, Dipartimento di sanità pubblica, Asp, centrali cooperative e loro associate – per creare le condizioni indispensabili per invertire questo trend in ogni singola realtà. «Chiediamo alle cooperative virtuose, con le quali sono costanti gli incontri di aggiornamento e coinvolgimento nei protocolli covid e di informazione sulle situazioni di focolai, di essere da esempio. Chiediamo a tutti i gestori privati e pubblici la massima collaborazione per garantire screening e tamponi con cadenza almeno quindicinale, perché è sotto gli occhi di tutti che tamponi eseguiti ogni 30/40 giorni siano quanto meno tardivi e insufficienti».