Sa che stanno aggredendo l’ex moglie in casa ma non accelera in auto per salvarla

Udienza 2 / La testimonianza del capo della squadra mobile che ha indagato sul delitto di Ilenia Fabbri in via Corbara a Faenza: l’imputato Claudio Nanni al volante viaggia ai cento in autostrada mentre la figlia gli urla di andare più forte. Per l’accusa è la dimostrazione che sapeva perché era il mandante del sicario

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Claudio Nanni

Ha saputo che c’era un uomo nella casa della ex moglie, forse un ladro, ma per raggiungere l’abitazione e prestare soccorso viaggiava appena a cento km orari in autostrada, mentre la figlia sul sedile accanto a gran voce per dieci volte in 15 minuti l’ha incitato ad accelerare. È il comportamento tenuto da Claudio Nanni la mattina del 6 febbraio 2021 al volante della sua Jeep Renegade. Secondo la procura di Ravenna non aveva fretta perché sapeva chi era quell’uomo: non un ladro ma l’amico Pierluigi Barbieri mandato per uccidere la donna, Ilenia Fabbri, un incarico da retribuire con ventimila euro e un’auto usata. L’anomala lentezza di Nanni è stata descritta stamani, 21 ottobre, nella testimonianza resa da Claudio Cagnini, dirigente della squadra mobile della questura di Ravenna, in corte d’assise a Ravenna alla seconda udienza del processo per l’omicidio della 46enne, consumatosi nell’abitazione al 4 di via Corbara a Faenza dove viveva con la figlia Arianna di 21 anni.

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Claudio Cagnini, dirigente della squadra mobile della questura di Ravenna

Il poliziotto è il primo della sessantina di testi che sfileranno davanti alla corte (presidente Michele Leoni, a latere Antonella Guidomei). Rispondendo alle domande della procura (pm Daniele Barberini e Angela Scorza), Cagnini ha ricostruito i fatti di quel giorno, come la notizia è arrivata alla polizia e le successive indagini che hanno portato al rinvio a giudizio dei due uomini con l’accusa di essere il mandante e il sicario di un delitto per motivi economici. La donna aveva chiesto 500mila euro all’ex compagno per una causa di lavoro.

Alle 6.09 il commissariato di polizia di Faenza risponde a una chiamata inviata al 112: dall’altra parte c’è Arianna Nanni che chiama mentre è in auto con il padre Claudio – appena entrati in A14 al casello di Faenza per raggiungere Milano – e chiede l’intervento di una pattuglia per un furto in corso nell’abitazione. Arianna aveva la sveglia alle 5.47 e alle 5.57 ha ricevuto un messaggio dal padre che l’attendeva in auto in strada davanti a casa: esce e nelle rispettive camere da letto lascia la madre e la fidanzata. Da quest’ultima, che ha trascorso la notte nella casa, ha appena ricevuto una chiamata alle 6.08: la coetanea è terrorizzata perché ha sentito grida e colpi e affacciandosi dalla camera da letto ha visto di spalle «un armadio di uomo con i capelli rasati e vestito di scuro che scendeva le scale di corsa».

IMG 4720La Renegade in 8’ e 42’’ raggiunge Imola dove esce, fa inversione e riprende l’autostrada in direzione opposta impiegando 7’51’’ per uscire al casello di Faenza alle 6.26. Tutto quello che succede nell’abitacolo si conosce per filo e per segno grazie all’imputato. Sul suo telefonino ha installato l’app Acr che registra le chiamate in entrata e in uscita attivando il microfono e quindi captando anche l’audio ambientale. L’app entra in funzione perché la fidanzata di Arianna prova a richiamare la giovane ma trova occupato perché lei sta parlando con la polizia e così compone il numero di Claudio Nanni.

Ne esce un audio di 20’53’’ che Nanni ha fornito volontariamente agli inquirenti quando è stato ascoltato la sera dell’omicidio ed era solo una persona informata sui fatti: in quel momento era la prova che non era in casa e quindi un alibi perfetto. Cagnini descrive l’audio alla corte: «Nanni subito esclama “Oddio” e più volte dice che la fidanzata della figlia deve restare in camera e non uscire come invece propone la ragazza in auto, poi ha un tracollo psicologico, comincia a piagnucolare al punto che la figlia si spazientisce e con un’espressione romagnola gli dice di “non fare la maletta”. Poi lo invita a mettersi in terza corsia, a usare gli abbaglianti». Quando ritornano in via Corbara, Arianna corre dentro casa mentre il padre resterà a sedere sul marciapiede. Dentro c’è già la polizia che ha trovato il cadavere di Fabbri sgozzato in una pozza di sangue sul pavimento nella cucinetta nel seminterrato. L’arma del delitto è un coltello da cucina che il killer ha trovato sul lavabo dove era stato lasciato ad asciugare dopo essere stato usato per tagliare un dolce la sera prima. Una ferita di 17 cm che recide giugulare e carotide, un violente piano B per farla finita: l’aggressione era infatti cominciata due piani più in alto, nella camera da letto con un tentativo di strangolamento usando il manico di un martello.

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