La Medicina del Lavoro: «Appalti e subappalti minano la sicurezza dei lavoratori»

Parla il direttore Gianpiero Mancini. L’edilizia è il settore più sorvegliato in provincia con 400 cantieri controllati ogni anno

Ausl

«Il mancato coordinamento tra ditte diverse collegate fra loro nello stesso luogo di lavoro è uno dei fattori che più mi preoccupa per il rispetto delle disposizioni preventive per la sicurezza. Uno scenario accentuato nelle catene di appalti e subappalti». Gianpiero Mancini dirige la Medicina del Lavoro dell’Ausl a Ravenna e si occupa della materia da trent’anni. Le sue parole spiegano l’organizzazione del servizio e i compiti.

I problemi di comunicazione che mettono in discussione la sicurezza per chi lavora non sono solo quelli burocratici documentali tra organizzazioni, ma anche quelli dovuti a barriere linguistiche fra lavoratori di nazionalità diverse: «Se due persone non parlano la stessa lingua e uno deve segnalare un’emergenza all’altro può esserci un ostacolo in momenti cruciali».

Sono anche questi aspetti che vengono presi in considerazione dall’attività di ispezione svolta dal personale con sopralluoghi nelle sedi delle ditte o nei luoghi di lavoro: «Il settore a cui dedichiamo più risorse è l’edilizia, sia perché statisticamente ha numeri importanti di infortuni e sia perché impiega molte persone».

Sono circa 400 ogni anno i controlli svolti nell’edilizia della provincia (nella metà dei casi sono cantieri di bonifica amianto) che corrispondono al 13-14 percento del totale dei cantiere operativi. La scelta dei cantieri da ispezionare è dettata da tre parametri: dimensione del cantiere, tipologia di edificio in costruzione e numero di ditte coinvolte. La selezione di quali ispezionare può avvenire tramite il database regionale dove i committenti inseriscono le aperture di tutti i cantieri, oppure a vista muovendosi sul territorio oppure in risposta a una segnalazione ricevuta.

Gli altri settori a cui viene dedicata maggiore attenzione sono il porto e l’agricoltura, rispettivamente circa 90 e 60 interventi all’anno.

«Nel settore del porto abbiamo deciso di adottare anche una metodologia fatta di ispezioni più brevi per specifiche questioni, anziché analizzare tutta l’attività di un’impresa da cima a fondo. Questo fa sì che nella stessa azienda possiamo tornare anche più volte in un anno, per monitorare se le nostre prescrizioni precedenti vengono rispettate, instaurare un dialogo con le figure della prevenzione aziendali e per evitare che si ingeneri l’equivoco secondo il quale una volta avuto il controllo la ditta sia “a posto” a lungo e magari abbassi l’attenzione sul rispetto delle norme».

Nell’ambito del piano regionale di prevenzione è stata avviata una procedura per la definizione di “buone pratiche” attraverso una collaborazione tra controllori e mondo imprenditoriale: «Abbiamo definito dei documenti che sono dei vademecum per i settori. La novità sta nel percorso con cui siamo arrivati alla definizione che è avvenuto in collaborazione con i datori di lavoro e rappresentanti dei lavoratori, per uscire dalla logica “guardie contro ladri” che non aiuta nessuno. Riguardano questioni specifiche e ora le aziende avranno un paio di anni per migliorare la valutazione e la gestione del rischio su queste specifiche tematiche, sulle quali poi il Servizio farà i necessari controlli».

Poi l’attività di indagine in caso di infortunio. «Solitamente veniamo allertati dalle forze dell’ordine o dal 118. In base alle informazioni su dinamica e gravità che ci vengono riportate valutiamo se intervenire. È una decisione da prendere per evitare che andando su ogni intervento si finisca per non avere personale in caso di episodi più gravi. Ma in ogni caso la raccolta di materiale fotografico e i verbali delle forze dell’ordine sono informazioni sufficienti per un approfondimento anche successivo qualora ci venga richiesto dalla procura».

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