«Farmaci sospesi su consiglio di uno psicanalista». Interrogati i medici della donna

Udienza di convalida dell’arresto per la 41enne Lavatura Truninger che ha tentato il suicidio l’8 gennaio ma gettandosi dal nono piano ha ucciso la figlia di sei anni e il cane. L’accusa chiede la custodia in una struttura di sicurezza. Per la difesa non è imputabile per il suo stato di salute

1A metà dicembre ha smesso di prendere i farmaci prescritti dal centro di salute mentale (Csm) che la seguiva da anni, il 22 dicembre ha elaborato l’idea di uccidersi, in qualche giorno ha scritto il testo da pubblicare su Facebook come messaggio di addio e l’8 gennaio si è buttata dal nono piano con la figlia e la cagnolina che sono morte, mentre lei è sopravvissuta e ora, se sarà ritenuta capace di intendere e volere, rischia fino all’ergastolo. È la sintesi dell’ultimo mese di Giulia Lavatura Truninger, la 41enne che pochi giorni fa ha tentato il suicidio buttandosi da 20-25 metri. La donna ha ricostruito i fatti davanti al giudice per le indagini preliminari nell’udienza di convalida dell’arresto che si è tenuta ieri, 10 gennaio, in ospedale a Cesena dove è ricoverata (prognosi di 40 giorni). Sono i due quotidiani locali, Resto del Carlino e Corriere Romagna, a riportare i dettagli del procedimento giudiziario fino a questo punto.

Il pubblico ministero ha chiesto la convalida dell’arresto eseguito dalla polizia in flagranza e la custodia cautelare in una clinica specializzata una volta dimessa dall’ospedale. L’avvocato difensore si è opposto alla convalida dell’arresto dato che eseguito «su persona non imputabile per quei fatti» e ha chiesto l’affidamento a una struttura specializzata per essere controllata ogni giorno come misura di sicurezza e non cautelare perché andrebbe esclusa la pericolosità per altre persone e il rischio di fuga. Il giudice si è riservato la decisione che dovrebbe arrivare entro domani, 12 gennaio.

La procura ha acquisito le cartelle cliniche della 41enne al Csm e ha deciso di ascoltare gli specialisti che l’avevano visitata. Secondo quanto riferito dall’indagata stessa, i medici le avevano aumentato il dosaggio dei farmaci per fronteggiare il suo disturbo, ma questo le provocava un forte tremore alle mani, tanto da averla spinta a chiedere un farmaco ansiolitico per ridurre l’effetto collaterale.

La donna dice di aver sospeso l’assunzione dei farmaci a dicembre dopo esseri rivolta a uno psicanalista di un centro privato – che l’aveva assistita già in passato prima della gravidanza – perché di questi si fidava maggiormente rispetto al Csm dove, secondo la sua visione, il padre poteva vantare delle aderenze per somministrarle quei farmaci che lei non voleva prendere. Stando a quanto da lei riferito, sarebbe stato proprio il terapeuta a suggerirle di buttare i farmaci. Lo specialista ha negato di avere affrontato con lei questioni legate al dosaggio della terapia farmacologica indicata dal Csm. A fine novembre l’ultimo controllo al Csm. A metà dicembre l’incontro nel centro privato.

La dirigente scolastica dell’istituto comprensivo ravennate dove la figlia di sei anni frequentava la prima elementare ha deciso di avviare un percorso di supporto per i compagni e le famiglie nella difficile necessità di elaborare il lutto.

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