Le pagine delle cronache locali durante l’estate appena conclusa hanno ospitato spesso – più spesso degli anni passati – resoconti di microcriminalità nelle strade e gli spazi del turismo notturno sulla riviera romagnola. Aggressioni, rapine, coltellate, risse: in provincia di Ravenna si contano nove episodi (solo per uno non sono ancora stati individuati gli autori, ma le indagini proseguono). Violenza di solito innescata da futili motivi, nei casi peggiori conclusa con ferimenti con prognosi di qualche settimana. Su alcuni media si è fatta largo la parola “malamovida”, versione malata del divertimento. Tratti comuni fra molte vicende sono l’età e la provenienza di vittime e autori. Giovanissimi: appena maggiorenni, ma spesso minorenni. Stranieri: immigrati dal nord Africa o italiani di seconda generazione.
«Giornali e telegiornali ci dicono che l’aumento di questi episodi di violenza è una situazione diffusa a livello nazionale, è stato un problema con cui hanno fatto i conti molte località che richiamano alte affluenze di turisti e giovani in cerca di divertimento», commenta il colonnello Andrea Lachi, comandante provinciale dei carabinieri che hanno trattato sette degli otto casi per cui si è arrivati a individuare i presunti colpevoli.
Il pericolo è stato inserito presto all’ordine del giorno delle riunioni del comitato provinciale per l’ordine e le sicurezza. La prefettura, in sinergia con la procura, ha chiesto alle forze dell’ordine il massimo sforzo: «La strada migliore per arginare questi atteggiamenti è la presenza di pattuglie sul territorio. Abbiamo ricevuto rinforzi dal comando regionale e abbiamo intensificato l’attività di raccolta informazioni su potenziali autori». Spesso si tratta di gruppi che si spostano dalle zone di residenza ad altre, magari in treno: «Di solito i momenti critici sono al rientro, quando forse incide anche qualche bevuta di troppo». Un tema che chiama in causa i locali. Per legge gli alcolici possono essere serviti solo ai maggiorenni: «Un protocollo firmato in prefettura coinvolge i gestori e c’è una buona collaborazione. Agli imprenditori del settore chiediamo il rispetto delle norme amministrative perché questo aiuta anche la gestione dell’ordine pubblico. E poi è importante fermare sul nascere ogni situazione che potenzialmente può innescare un effetto domino fino a gesti gravi».
L’esperienza diretta dei militari mostra una caratteristica frequente tra gli autori fermati: «Anche se sono giovani e spesso incensurati alla prima denuncia, mostrano spavalderia e arroganza di fronte alle divise, non si avvertono particolari segnali di pentimento».
La sintesi delle indagini aiuta a inquadrare il fenomeno. «Non si tratta di spedizioni premeditate. Solo in pochi casi si è arrivati a reati più gravi: non siamo di fronte a casi di delinquenza vera e propria, ma piuttosto più vicini a quella che potremmo chiamare devianza giovanile. Si esce di casa in cerca di una serata “sopra le righe” e a qualcuno non dispiace se questo comprende anche situazioni violente».
Nei giorni scorsi il procuratore capo, Daniele Barberini, ha sottolineato la risposta pronta delle autorità «perché non diventi una moda andare con il coltello in tasca nei luoghi del divertimento». Le lame sono uscite spesso nei nove casi ravennati: «È un’arma di facile reperimento – spiega il comandante Lachi –, per averne uno non sono necessari collegamenti con la criminalità come sarebbe per avere una pistola. E poi è facile da portare, da tenere nascosto e da gettare dopo averlo usato». Quasi sempre si sono visti arnesi a serramanico di dimensioni ridotte, ma in un caso la perquisizione domiciliare di un indagato ha portato al sequestro di un coltello più massiccio: «Per fortuna non è stato usato quello perché forse ora parleremmo di conseguenze più gravi».
Il comandante non può fare a meno di sottolineare la pochezza delle cause scatenanti: «Un commento spinto durante una serata in un locale che si sviluppa poi all’esterno, oppure veder passare una persona isolata con un paio di Nike o una cintura di Gucci e parte la rapina. Fra vittime e autori spesso ci sono conoscenze superficiali, questo ci dice che non c’è un tessuto criminale sullo sfondo, non ci sono questioni legate a spaccio o altri reati».
Per capire meglio i soggetti coinvolti, Lachi invita a considerare anche il contesto da cui provengono: «Molto spesso le famiglie hanno problematiche e nel comportamento scolastico ci sono segnali da non sottovalutare». Ma anche in casa. Il comandante riconosce un aumento delle richieste di intervento al 112 da genitori che chiedono aiuto per figli aggressivi: «Me ne accorgo dalla lettura dei mattinali. La violenza domestica non è più solo quella che consideriamo più classica tra marito e moglie».