Il tribunale di Ravenna ha condannato in primo grado due donne, madre e figlia, per truffa e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina: secondo l’accusa, accolta dal collegio penale, proponevano finti contratti di lavoro a stranieri in cerca di permessi di soggiorno e disposti a pagare pur di ottenere un’occupazione. Condanne pesanti, superiori alle richieste della procura: 8 anni e 11 mesi e 666mila euro di multa per la 64enne Lia Apostoli Monti e 6 anni e 450mila euro per la 32enne Maria Antonietta Apostoli Monti. L’indagine si era aperta tra 2019 e 2020 dalle denunce presentate da diversi extracomunitari. La notizia è riportata dai quotidiani locali, Il Resto del Carlino e Il Corriere Romagna.
Il fulcro dell’impianto era l’agenzia Aemme di via Cesarea a Ravenna, chiusa nel dicembre 2022, quando le titolari – madre e figlia – furono arrestate insieme ad altre tre persone ora assolte: il 76enne Marcello Frassineti e altri due presunti datori di lavoro fittizi, Salvatore Fiume, 35 anni, e Abdihamid Ibrahim, 31 anni.
L’agenzia trasmetteva online le istanze sul portale del ministero dell’Interno inserendo dati fittizi per superare i primi controlli ed essere accolte in base al “Decreto flussi” o al “Decreto emersione”. L’obiettivo era ottenere il permesso di soggiorno regolarizzando la propria posizione, o far arrivare in Italia i familiari: gli stranieri erano disposti a sborsare migliaia di euro a chi prometteva scorciatoie per presentare le domande.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, gli stranieri risultavano formalmente assunti, ma solo sulla carta, senza un reale contratto: colf, badanti, addetti al volantinaggio, ma anche professionisti del web marketing o informatici. Incassato il denaro (fino a 4mila euro a persona), molte pratiche venivano respinte. L’alta percentuale di richieste anomale ha insospettito gli uffici competenti.
Uno solo tra i 23 extracomunitari che secondo l’accusa furono raggirati si è costituito parte civile: a lui il collegio ha disposto un risarcimento di 7mila euro oltre a 4mila euro di spese legali.
Soddisfatto il difensore dello straniero, l’avvocato Andrea Maestri: «Si è conclusa, almeno in primo grado, una battaglia durata molti anni, in difesa di una persona migrante di origine algerina, generosa e onesta, che a costo di indicibili sacrifici si era affidato, per regolarizzare la sua posizione di soggiorno in Italia, a persone che hanno odiosamente approfittato del suo stato di bisogno per lucrare, ostacolando così e ritardando sino ad oggi la sua piena integrazione in Italia. Questa è una delle tante storie di sofferenza che nascono dal pozzo marcio e disumano della legge Bossi-Fini che governi di centro, di destra e di sinistra sino ad oggi hanno lasciato intatta, nella sua crudeltà e inefficacia. Quando ero alla Camera dei Deputati lavorai per oltre un anno, insieme alle migliori competenze italiane in materia, alla elaborazione di un progetto di radicale riforma della legge sull’immigrazione. Quel progetto è lì, chiuso negli archivi del Parlamento ma è ancora molto attuale. A livello umano non posso non risentire una profonda amarezza perché comunque la pesante condanna penale di due persone è anch’essa sofferenza che scaturisce da quello stesso putrido pozzo della legge Bossi-Fini, una legge disumana e, come si è visto con questo e altri processi, criminogena».