Equipe multidisciplinari per valutare i casi a rischio e definire i piani individuali di intervento. Massima sinergia tra operatori penitenziari e sanitari e percorsi clinici personalizzati per accompagnare il detenuto dal momento dell’ingresso alla dimissione, con azioni mirate di prevenzione e sostegno
Staff multidisciplinari composti da operatori penitenziari e sanitari; collaborazione con i servizi sociali territoriali e percorsi clinici personalizzati che accompagnano il detenuto dal momento del suo ingresso nell’istituto penitenziario fino all’uscita dal carcere: queste sono alcune delle azioni prevenzione del rischio del suicidario in carcere messe in campo dalla regione Emilia-Romagna in collaborazione con la regione Marche all’interno del “Piano regionale per la prevenzione del rischio suicidario nel sistema penitenziario per adulti – Linee di indirizzo 2025”.
Tra le altre misure previste anche visite per la valutazione del grado di rischio di suicido, con ulteriori rivalutazioni psicologiche e psichiatriche e programmi individuali di presa in carico per affrontare situazioni volubili nel tempo.
Già nel nome, “Piano regionale per la prevenzione del rischio suicidario nel sistema penitenziario per adulti – Linee di indirizzo 2025”, è racchiuso l’importante e ambizioso obiettivo: contrastare quello che l’Organizzazione mondiale della sanità identifica come una delle principali cause di morte tra le persone detenute, il drammatico fenomeno del suicidio in carcere.
Il documento, approvato nell’ultima seduta di Giunta, ha richiesto un lavoro di stesura di due anni, aggiornando le precedenti linee guida del 2018
Tutte le strutture penitenziarie della regione e le Aziende Usl dovranno dotarsi di un Piano locale che costituisca la declinazione operativa del Piano regionale e dell’Accordo nazionale, in linea con le indicazioni dell’Oms.
«La prevenzione del suicidio in carcere – sottolinea l’assessore regionale alle Politiche per la salute, Massimo Fabi – non è solo una questione sanitaria, ma un dovere politico, etico e civile. Con l’Amministrazione penitenziaria abbiamo sempre lavorato per contrastare questo drammatico fenomeno, in crescita in tutta Italia, mettendo in campo soprattutto negli ultimi anni una serie di azioni volte a prevenirlo. Ora, insieme, abbiamo provato a costruire un nuovo modello, che mette al centro la persona, valorizza il lavoro di squadra e promuove un carcere più umano, dove nessuno sia lasciato solo nel proprio dolore, o peggio nella disperazione. Ogni vita conta, anche dentro gli Istituti penitenziari, dove aumentano, anche a causa del sovraffollamento, i casi di suicidio».