sabato
18 Ottobre 2025
Cervia

Omicidio Genini: un anno fa un dito rotto in una lite, ma il codice rosso non si attivò

La 29enne scappò dalla casa di Soncin nel Ravennate e si rivolse al pronto soccorso di Seriate dicendo che lo riteneva capace di ammazzarla

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Un anno prima di essere ammazzata a coltellate dal 52enne compagno Gianluca Soncin, la 29enne Pamela Genini riportò la frattura di un dito della mano destra durante una lite nell’abitazione dell’uomo a Cervia e al pronto soccorso di Seriate (Milano), dove si rivolse per essere medicata, disse che gli episodi di violenza erano aumentati di frequenza e gravità nei sei mesi precedenti, che era stata minacciata con un’arma e riteneva Soncin capace di ammazzarla.

Sono dettagli delle indagini sull’omicidio del 14 ottobre scorso, avvenuto nell’abitazione della donna a Milano, che si apprendono dalla lettura delle pagine del quotidiano Il Corriere della Sera di oggi, 18 ottobre.

La lite risale al 3 settembre 2024. Nell’abitazione di Cervia intervennero i carabinieri, ma la ragazza non fece denuncia. La mattina successiva, alle 10.33, la giovane si presentò all’ospedale lombardo e ci restò per circa cinque ore. Genini raccontò della lite con Soncin e questo avviò il protocollo chiamato Brief Risk Assessment: uno strumento standardizzato per identificare vittime di violenza ad alto rischio, valutando 5 domande specifiche su frequenza/gravità degli atti, uso di armi, minacce di morte, violenza in gravidanza e gelosia dell’aggressore. Una risposta positiva a 3 domande indica un elevato rischio di violenza grave e permette di attuare un intervento tempestivo. Genini diede 4 risposte positive, ma il cosiddetto Codice Rosso non si attivò. Anche questo è un aspetto che dovrà essere chiarito dalle indagini.

La visita in pronto soccorso cominciò con la ricostruzione dei fatti della sera precedente. Queste le parole sul referto medico riportate dal Corsera: «Buttata a terra e colpita alla testa con pugni, trascinata poi per i capelli per diversi metri. Inoltre ha lanciato oggetti addosso provocandole un trauma al IV dito mano dx. Plurimi graffi agli arti inferiori. Le strappava una ciocca di capelli. Nega violenza sessuale in questa occasione, avvenuta però in passato».

La prognosi fu di 20 giorni, un tempo inferiore ai 40 che avrebbero fatto partire d’ufficio l’indagine per lesioni personali. Con la cosiddetta “riforma Cartabia” (Dlgs 150/2022) una serie di reati prima procedibili di ufficio sono divenuti procedibili a querela di parte, al dichiarato fine di “decongestionare” il carico degli uffici giudiziari. Per le lesioni personali la procedibilità a querela, originariamente limitata a quelle condotte che avessero prodotto una malattia fino a 20 giorni, è stata estesa, in linea generale, alle lesioni sino a 40 giorni, salvo alcune specifiche eccezioni previste.

I medici milanesi allertarono comunque le forze dell’ordine con il consenso della paziente che arrivarono in ospedale. Sul documento dell’ospedale si legge: “Alle 15.37 colloquio con le forze dell’ordine non vi è indicazione ad attivazione del codice rosso”.

I carabinieri di Seriate acquisirono il referto e lo inviarono a Cervia per competenza. I militari di Cervia trasmisero a loro volta a Seriate l’annotazione dell’intervento in casa del 3 settembre (quando fu sentita anche una vicina), chiedendo ai colleghi bergamaschi di sentire la 29enne e raccoglierne la denuncia. Ma Pamela si rifiutò. Secondo il Corriere della Sera nella banca dati della forze dell’ordine venne inserito un intervento per «presunta violenza di genere», senza seguito. Nulla finì nel software “Scudo”, adottato per monitorare gli interventi “spia” anche in assenza di denuncia.

Il Corriere Romagna di oggi riporta alcuni passaggi dell’ordinanza di custodia cautelare per Soncin. Emerge che l’uomo usava oppiacei e cocaina, ma anche farmaci come il Contramal (oppiaceo sintetico) e Xanax che prendeva in una farmacia di Cervia senza ricetta. Un tassello in più per ricostruire non solo la personalità di Soncin ma anche lo stile di vita che conduceva, a quanto pare grazie anche all’aiuto economico del padre, titolare di un’azienda di pellame ad Arzignano (Vicenza) di cui Soncin si è dichiarato dipendente prima di avvalersi della facoltà di non rispondere.

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