Antonio Marchetti, ribelle per sempre

Marchetti Autoritratto Atelier

Antonio Marchetti nel suo studio a Rimini (2010)

Ho conosciuto Antonio Marchetti ventiquattro anni fa, quando sono entrato nel Circolo Gramsci di Ravenna. Antonio è stato l’anima del Gramsci. È riuscito a raccogliere, intorno a quest’idea, un gruppo di amici che hanno lavorato insieme per dieci anni. Liberamente e senza fini di lucro. Ognuno di noi, nel Gramsci, aveva un suo ambito passionale. Quello di Antonio erano naturalmente l’arte e la letteratura. Nei dieci anni di attività, Antonio ha curato in particolare due convegni: “Naufragi. Nel movimento dell’Arte” (novembre 1992, con Marco Biraghi) e “Alberto Savinio, intrattenimento: Vedere le cose che non vedono gli altri” (maggio 1999) di cui sono stati pubblicati gli Atti. Dei dieci anni di attività del Gramsci – che purtroppo la città di Ravenna ha completamente rimosso (tranne l’intervista fatta da Marina Mannucci dal titolo Vario son da me stesso, pubblicata su “Trova Casa Premium” del marzo 2011) – Antonio ha curato sempre l’immagine grafica (inviti, locandine, manifesti), prima limitandosi alla composizione dei testi e, col tempo, aggiungendovi anche suoi disegni e rielaborazioni di foto. Un lavoro che l’ha appassionato e che ha contribuito, in misura rilevante, al successo di quelle iniziative culturali. Ricordo – dopo che si era trasferito da Ravenna a Rimini – anche la sua collaborazione alle iniziative della Fondazione Ravenna Capitale, e, in particolare, a quella di Massimo Cacciari, Da Leopardi a Beckett, con la foto in controluce di una vecchia persiana semichiusa. Decidemmo, per la prima volta, di far stampare dei manifesti 6 × 3. E la sua ultima “apparizione” a Ravenna, nel 2011, con l’emblematico allestimento di un “naufragio”, tema a lui caro nella declinazione artistica e concettuale, in occasione di un convegno propedeutico alla candidatura di Ravenna a Capitale Europea della Cultura 2019
Ma Antonio è stato anche un creatore di riviste. Stilo, innanzitutto, impresa che Antonio volle perseguire, contro mille difficoltà, negli anni Ottanta, prima della stagione del Gramsci. Una rivista splendida, con una bellissima grafica e una meravigliosa carta Fabriano (ricordo il n. 7/8, dedicato ai Diari, con silhouette di foglie e fiori impressi sul bianco della carta, come se fossero rimasti schiacciati, appunto, tra le pagine di un diario). Perché Antonio era anche un esteta raffinato e sensibile. Ricordo anche il n. 10 della rivista, che raccoglie gli interventi del Convegno “L’immagine della terra”, tenutosi il 14 e 15 novembre 1988 a Palazzo Corradini, ospiti gli amici di una vita: Alberto Boatto, Umberto Palestini, Concetto Pozzati, Anne Marie Sauzeau Boetti, Gianni Scalia.

Marchetti City Paper (2010)

Un’opera di Marchetti della serie “City Paper” (2010)

Poi, al tempo degli ultimi anni del Gramsci, una nuova rivista, dal titolo emblematico: Aperto: Arti & Mestieri. L’editoriale con cui si apre il primo numero dice tutto di come Antonio intendesse fare cultura, fin dal titolo spiazzante, Tuttavia: «Il tragitto sin qui percorso non è stato facile ma ci piace così. Varie esperienze e differenti individualità hanno portato a questo progetto di rivista: non è necessario ripercorrerne le tappe. Qualche vecchio lettore, qualche riservato amatore, ricorderà. Quello che è accaduto e quello che accadrà lo lasciamo ai nostalgici, ai profeti e agli ingegneri del post umano. Il numero monografico di Aperto che qui presentiamo si occupa di vuoto e di rovine. Non vorremmo concedere nulla alla facile critica di nihilismo. Vuoto è una possibilità, rovina è la condizione per costruire. Se fossimo certi di vivere una condizione di vuoto in un paesaggio di rovina saremmo a un buon punto. In realtà stiamo continuando a rimuovere i due termini. L’horror vacui ci spinge a futili riempimenti e a falsi movimenti del pieno. La rovina ci immobilizza nella paura, siamo atterriti di fronte a ciò che è stato e non siamo in grado di azzardare, di costruire, di inventare. C’è un vuoto da conquistare (o abitare), c’è una rovina da fondare come inizio». Conquistiamo questo vuoto e abitiamo le rovine. Così faremo onore ad Antonio nei prossimi, difficili anni.

Marchetti Atelier Rimini

Scorcio dell’atelier di Antonio Marchetti a Rimini

«Vario son da me stesso»: il vitale vagabondaggio da Pescara a Rimini, passando per Ravenna e altrove

Antonio Marchetti era nato a Pescara nel 1952 ed è morto a Rimini nel 2013. Artista, scrittore e raffinato intellettuale è stato autore di testi di narrativa, album d’arte, e ha partecipato come saggista a numerose riviste. Tra le sue pubblicazioni vanno ricordate: La lentezza del single (Stamperia dell’Arancio, Pescara) Ennio Flaiano e la città parallela (Edizioni Unicopli, Milano), L’orecchio alato (Edizioni Lietocolle, Como), Gineceo (Edizioni Il filo, Roma).
Visse dall’inizio degli anni Ottanta a Ravenna ove diresse la rivista d’arte e letteratura Stilo, dal 1982 al 1988 e partecipò alla fondazione del Circolo Gramsci, promuovendo convegni, conferenze, attività dal 1990 al 2000. Sempre a Ravenna, tra i tanti interventi, realizza per l’edizione del 1997 di Ravenna Festival un’installazione, La camera verde, nella cripta Rasponi.
La sua prima mostra personale fu a Milano nel 1981, presso lo Studio Cesare Manzo. Nel 1993 si trasferì a Rimini. Tra le principali manifestazioni d’arte a cui prese parte si ricorda: Materialmente, scultori degli anni Ottanta (Bologna, Galleria d’Arte Moderna, 1989), Anni Novanta (Cattolica, Le Navi, 1991), Padiglione Italia, Abruzzo, 54° Esposizione Internazionale d’arte della Biennale di Venezia 2011 (Ex Aurum Pescara, Fortezza Borbonica di Civitella del Tronto), Souvenir, Torri d’Italia, progetto ad hoc per Gran Touristas, Biennale di Architettura di Venezia 2012.
Dal 2007 ha curato nel web un suo Journal letterario (www.variosondamestesso.com), pubblicando suoi racconti, recensioni, aforismi, biografie di artisti e vari pensieri, ora in parte confluiti nel volume Disegno dal vero (Pendragon, Bologna, 2014).
Marchetti LibroDisegno dal vero è una raccolta postuma di articoli, saggi brevi scritti dal 2007 al 2013, anno della sua drammatica scomparsa, scelti e assemblati con quella cura e quel puntiglio di chi vuole testimoniare per l’ultima volta il proprio pensiero, il proprio sguardo sul mondo. La scrittura è elegante, modella e disegna con nitidezza figure della contemporaneità e affronta temi di urgente attualità sull’arte, la cultura, la società italiana. Molto forte è l’intenzionalità di aderire alla storia del proprio tempo, cercare di penetrarvi gli aspetti di fondo. Questo artista-scrittore, padroneggiando una vastissima cultura, affonda il suo stilo con competenza e ironia sull’ambiente dell’arte che viene abilmente smascherato, oggi, nella banalità feroce dei suoi meccanismi. Mentre grande è il piacere di ritrovare nella fucina degli anni settanta e ottanta e nel novero dei propri personali ricordi, i profili, le forti personalità di artisti come Fabro, Merz, Tadini, Boetti e Mauri. La biografia immaginaria di Franco Angeli che conclude il volume, del resto, svela chiaramente gli interessi dell’autore, sia in merito alle esperienze artistiche che alla tonalità del vivere. E poi nel testo si rincorrono i ritratti di alcuni maestri a lui cari del Novecento, Alberto Savinio ed Ennio Flaiano; emerge la passione per la grande letteratura e per il cinema. Nella varietà di temi affrontati propri della tradizione del journal, del diario di viaggio, Antonio Marchetti, con mordace ironia e disincanto, in un costante esercizio del guardare e dell’arte del descrivere, analizza i comportamenti, le mentalità, i grandi ritardi dell’italietta attuale. E poi i luoghi, i tanti luoghi incantati del nostro vivere e del bel paese con la sensibilità e il tocco di chi ama ciò che è desueto e che cattura il cuore.

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