Primo tour all’estero per Hernandez & Sampedro

Il duo rock ravennate suona in Germana
e sogna l’America. La nostra intervista

Con 250 date in tutta Italia – tra cui un centinaio nella sola provincia di Ravenna – sono ormai ben conosciuti non solo nella nostra città. Nella loro carriera hanno aperto i concerti di Eugenio Finardi, Ryan Bingham, Vini Lopez (il primissimo batterista di Bruce Springsteen) e Turin Brakes, ma tra pochi giorni esporteranno per la prima volta la loro musica in due delle più belle città tedesche, Berlino e Amburgo. Loro sono Hernandez & Sampedro, il duo ravennate folk e country rock che affronterà – il 6 e 7 febbraio – le prime date all’estero. Un minitour che li porterà prima all’Unikat di Amburgo e poi al Lagari di Berlino, locale nello storico distretto artistico Neukölln, a cui David Bowie ha anche dedicato una canzone.

Ovviamente eccitatissimo, abbiamo contattato al telefono Luca “Hernandez” Damassa.

Ciao Luca, come siete arrivati a farvi conoscere in Germania?
«Da dopo l’uscita del nostro disco Happy Island avvenuta due anni fa, ho iniziato subito a contattare locali all’estero ed eccoci qua, pronti e ansiosi di sbarcare».
Avete in programma altre date all’estero?
«No, le due tedesche sono le ultime del tour. In seguito ci esibiremo un altro paio di volte in Italia, poi ci fermaremo per due o tre mesi per registrare il secondo album».
Come sarà il vostro secondo lavoro in studio?
«Mettiamola così: prima eravamo più Eagles, ora vogliamo essere più Social Distortion. Per i profani, vogliamo tirare fuori maggiormente l’anima rock dei pezzi, non tanto nei testi quanto nei suoni. Vogliamo far capire al pubblico che non siamo solo un duo, all’occorrenza possiamo anche essere una rock band. Ovviamente non mancheranno gli omaggi ai nostri artisti preferiti, come abbiamo sempre fatto, tra cui Pearl Jam, Springsteen, Neil Young, i Ramones».
In quali altri paesi vorreste esibirvi?
«Abbiamo un piccolo seguito di fan in Svezia, ci piacerebbe poterci suonare. Poi ovviamente in America, a New York o nel New Jersey, lo Stato che ha dato i natali a Springsteen, oppure in California».
Spesso si sente dire che all’estero i musicisti rock siano più apprezzati che in Italia, tu che ne pensi?
«Devo ammettere che anche in Italia ci si può sentire apprezzati. Certo, musicalmente parlando il nostro paese è indietro rispetto agli Stati Uniti o all’Inghilterra, ma anche nello stivale vi sono luoghi dove il pubblico risponde molto bene. Se suoni nel posto giusto, nella nicchia giusta e nel locale gestito dalle persone giuste, è bellissimo. Inoltre c’è da dire che all’estero tu sei il “forestiero” e quindi un po’ più apprezzato dei musicisti locali, ma ciò succede anche da noi: gli artisti esteri magari possono suscitare più curiosità rispetto ai locali. Con tutte i concerti che abbiamo fatto, non continueremmo a girare se non ci divertissimo».
Se potessi descrivere il tuo duo con una parola, quale useresti?
«Genuinità. Ciò a cui miriamo è scrivere musica sincera, genuina e semplice, con un messaggio che arrivi nell’immediato al pubblico. Non cerchiamo di scrivere pezzi difficili e innovativi, bensì semplici e originali. Per inventare qualcosa di nuovo oggigiorno nella musica bisogna avere menti fuori dal comune».

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