Le linee connettive di Alonzo King

In scena al Pala De André il 9 luglio

Alonzo KingL’arrivo della compagnia di danza contemporanea Alonzo King Lines Ballet, di base a San Francisco in California, sarà una della pagine più intense e vibranti del cartellone di danza del Ravenna Festival 2016 che si concluderà sabato 9 luglio (alle 21.30) al Palazzo Mauro De André. Quella di Alonzo King è una visione artistica globale, unica nel suo genere, in grado di ispirarsi a un ampio ventaglio di tradizioni culturali, profondamente ancorate alla tecnica del balletto classico e di grande potenziale espressivo, un ponte fra tradizione e modernità.

Questo grazie anche alla preziosa collaborazione con compositori, musicisti e visual artist di rinomata fama, quali il mitico saxofonista jazz Pharoah Sanders, il virtuoso di tabla Zakir Hussain, l’attore Danny Glover, i monaci Shaolin. Forte di grandi successi internazionali, la compagnia è presente nelle stagioni e nei festival più importanti e sostine il suo progetto didattico attraverso la Lines Ballet School, fondata nel 2001, programma realizzato con l’Università Dominicana della California e il Dance Center, uno dei maggiori centri dedicati alla danza nella costa ovest degli Stati Uniti.

Perché Alonzo King ha chiamato la sua compagnia Lines Ballet? «Il termine lines (“linee”, ndr) – afferma il coreografo –, è un’allusione a tutto ciò che è visibile. Non esiste nulla infatti che non sia formato senza una linea. Siamo contornati da linee: le nostre impronte digitali, la forma del nostro corpo, le costellazioni, la geometria. La linea implica connessione, genealogia, progenie e parole. Indica una direzione, un’intenzione di comunicare a un concetto. Il filo di un pensiero. Una frontiera o l’infinito. Una vibrazione o un insieme di punti, una linea è l’organizzazione visibile di ciò che vediamo». Considerato dalla critica un coreografo visionario, di lui William Forsythe avrebbe detto: «È uno dei rari veri maestri della nostra epoca». Grande ammiratore di George Balanchine e danzatore sia per Alvin Ailey che per l’American Ballet Theatre, Alonzo King ha ha impresso alla sua compagnia una duplice eredità coreografica. Dal 1982, anno della formazione di Lines Ballet Company, King ha elaborato infatti un linguaggio binario, dove la purezza neoclassica incontra e sposa con accostamenti vertiginosi la fluidità sanguigna della danza afroamericana. Ne emerge uno stile visionario, fatto per ballerini contemporanei, virtuosi, ma con una qualità drammatica di fondo.

Alonzo KingNe sono un perfetto esempio i due pezzi portati in scena per il Ravenna Festival: Writing Ground (2010) e Shostakovich (2014). La prima creazione, commissionata dai Ballets di Monte Carlo ispirandosi alla liriche di successo di Colum McCann, disegna paesaggi di danza intimi, rituali dell’anima scanditi da antiche musiche sacre della tradizione ebraica, cristiana, musulmana e del buddismo tibetano che spingono i danzatori al di là dei loro limiti fisici.

«Ho fatto mia l’idea degli antichi secondo cui l’arte debba essere al centro di tutto – spiega Alonzo King –. Il primo principio dell’arte è la conoscenza del modo giusto con cui fare le cose. Perché in ciò che è fatto male, non c’è nulla di artistico. Tutte le discipline, tutte le imprese umane, tutte le forme di lavoro sono dei supporti per la creazione e l’immaginazione. Qualsiasi creazione, portata al suo più alto livello, ha qualcosa di poetico. Scrivere, cantare, educare i bambini, coltivare un campo, tessere un paniere, governare un Paese o danzare, è la stessa cosa. La mia esperienza mi ha insegnato che, quando si lavora con creatori artistici di qualsiasi ambito, si fa la stessa cosa. Nel caso di Wrinting Ground, la collaborazione  è con lo scrittore McCann, per cui il linguaggio del movimento contiene delle parole. Le parole, che siano scritte o parlate, sono dei suoni e delle forme che hanno un senso e che si utilizzano per comunicare delle idee. Nel movimento, le forme sono il risultato del distillato di idee tradotte in simboli, che si utilizzano ugualmente per comunicare. Creando un linguaggio in movimento, diamo una prima forma visibile a pensieri  e idee».

A seguire, il recentissimo lavoro Shostakovich del novembre 2014, partitura di corpi tesi come frecce di luce. Come una freccia pronta a essere lanciata, una sorda e inquieta agitazione impregna – infatti – l’ultima creazione di Alonzo King sul quartetto d’archi di Shostakovich. La musica oscilla in uno stato di sospensione cristallina, spingendo i danzatori a resistere alla trazione fino al limite per meglio rivelarsi in uno spazio tra armonia e discordia. Le luci sono di David Finn, mentre i costumi di Robert Rosenwasser. Due coreografie in grado di arrivare dritte al cuore degli spettatori, perfetto esempio del modernismo più sofisticato della danza classica. m

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