La nostra visita alla mostra del Mar dedicata al grande fotografo internazionale di origini ravennati. Chiude 6 giugno
Riaperta a fine aprile con il passaggio in zona gialla e aperta al pubblico fino al 6 giugno, la mostra fotografica di Paolo Roversi è un buon antidoto alle difficoltà del periodo: la bellezza delle immagini del fotografo ravennate infatti è insindacabile e la felicità degli occhi garantita.
Roversi inizia la carriera di fotografo nel 1970 a Ravenna: lo studio è PhotoGraphis in via Cavour, aperto assieme a Giancarlo Gramantieri. Tre anni dopo, Roversi è a Parigi dove agli inizi lavora come assistente di Laurence Sackman e poi apre il proprio studio dal nome sintomatico di Studio Luce, una derivazione dalla prima esperienza di PhotoGraphis – segni di luce – e un atto di poetica in sé, data l’importanza attribuita dal fotografo alla luce e al suo opposto.
Da qui in poi la carriera è aperta e Roversi è oggi quello che tutti conoscono: un fotografo specializzato nel campo della moda che lavora per case come Dior, Armani, Yves Saint Laurent e per riviste come “Vogue” e “Vanity Fair”, che esegue ritratti di star internazionali come Sting, Rihanna o Kristen Stewart e lavora o ha lavorato con modelle-icone da Kate Moss a Naomi Campbell e Natalia Vodianova, senza abbandonare l’amore per scatti di still life – sgabelli presi dalla strada e posizionati in studio oppure strumenti di lavoro fra cui la fedelissima Deardoff – o per still tratti da viaggi che riprendono interni di case o bimbi in abiti locali.
Fin qui tutto quadra e spiega l’omaggio che la sua città natale rende ad un concittadino dopo 50 anni di attività a questi livelli e una perizia tecnica tale da ottenere immagini sempre impeccabili. Ma la perfezione non basta e i tre piani di immagini che inseguono il lavoro di Roversi attraverso gli anni – scatti di lavoro ma anche inediti di archivio mai esposti fino al recente Calendario Pirelli 2020 da cui è scaturito anche un cortometraggio – vanno esplorati alla ricerca di quella bellezza sporca, impura e distorta che risulta molto più interessante.
Non ci soffermiamo quindi su tutta una serie di fotografie di donne e uomini talmente belli da coprire in un certo senso la ricerca di Roversi: l’incanto che inevitabilmente sorge davanti a questi eccessi di natura rende quasi opache alcune scelte dell’autore come la costante esecuzione degli scatti in studio su fondali neutri spesso trattati con effetto flou – in modo da creare una sorta di unità fra soggetto e sfondo – oppure l’insistenza sul rapporto luce e gradazioni di ombra da cui quasi emergono i volumi dall’oscurità o viceversa si staglia una figura per contrasti. Per questo tipo di scatti lo spazio è percepito come un vuoto, una sorta di palcoscenico virtuale in cui si palesano delle presenze effimere, votate ad una malinconia di sguardi che è un tutt’uno con quella di chi sta dietro alla macchina fotografica.
Sono immagini spesso inquiete come la serie di Audrey (1996) in cui le masse sfolgoranti rosse e arancioni degli abiti diventano parte integrante di un mondo immaginario, solarizzato, quasi immerso in profondità marine. Anche un soggetto tradizionale come il nudo femminile sfugge allo stereotipo: lo fa presentando una bellezza morbida come quella di Tess (2020) – in un bianco e nero da cui emerge solo la cascata di capelli rossi della modella – oppure producendo in serie (1993-2003) nudi maschili e femminili talmente sovraesposti da apparire come disegnati a matita su carta.
Paolo Roversi – Studio Luce; MAR Ravenna; fino al 6 giugno 2021. Orari: dal martedì al sabato dalle 9 alle 18; domenica dalle 11 alle 19; lunedì chiuso. Per il sabato, la domenica e gli altri festivi la prenotazione è sempre obbligatoria e deve essere effettuata entro le 24 ore precedenti la visita.