Tra critica d’arte ed estetica, il libro denso e ricchissimo di Claudio Spadoni Seguici su Telegram e resta aggiornato Presentazione il 29 giugno a Marina di Ravenna. ll volume edito da Maretti raccoglie una serie di scritti dello storico dell’arte ravennate, a lungo direttore del Mar Lo storico e critico d’arte ravennate Claudio Spadoni Pubblicata dall’editore Maretti a fine 2021, la raccolta di saggi di Claudio Spadoni, Storie d’arte e di critica tra Ottocento e Novecento, sarà presentata al pubblico dall’autore ravennate mercoledì 29 giugno a Marina di Ravenna. L’incontro, condotto da Alberto Giorgio Cassani, è in programma alle 21, allo stabilmento balneare Luana Beach, per la serie degli incontri letterari promossi dall’associazione Capit. Di seguito una recensione del volume firmata recentemente per R&D dalla studiosa e critica d’arte Serena Simoni. Un libro denso e ricchissimo, difficilmente riducibile allo spazio di una recensione: la consapevolezza dell’affermazione appare già come una sentenza di autocondanna per questa presentazione che tenterà – senza forse riuscirci adeguatamente – di presentare l’ultimo libro di Claudio Spadoni, pubblicato l’anno scorso da Maretti editore. Docente storico all’Accademia di Belle Arti di Ravenna e direttore per numerosi anni al Mar della stessa città, giornalista collaboratore per testate nazionali, Spadoni ha curato numerose mostre in Italia, ha fatto parte di comitati scientifici di musei e fondazioni, ha rivestito ruoli di prestigio per la Biennale di Venezia, la Quadriennale di Roma e per altri importanti enti pubblici. Il primo passo della sua formazione a Bologna sotto l’ala di Francesco Arcangeli – grande storico e critico d’arte, noto per la sua onestà intellettuale e profondità teorica – fa comprendere l’imprinting teorico sottotraccia al testo Storie d’arte e di critica tra Ottocento e Novecento, costruito su una selezione di saggi per la maggior parte editi e pubblicati fra la metà degli anni ’80 fino al 2019 in occasione di mostre – a Ravenna, Bologna, Ferrara, Reggio Emilia, Roma –, di convegni italiani ed europei o come interventi in riviste d’arte. La lunghezza dei saggi variabile secondo il tipo di intervento non cambia l’assetto di fondo che rimane una riflessione attenta e profonda, ricca di interferenze creative e citazioni intertestuali in cui Spadoni dialoga continuamente con l’oggetto della ricerca che sta analizzando – artista, tendenza, gruppo o critico che sia – interrogando i contemporanei del tempo, dando spazio allo sguardo critico di chi l’ha preceduto, utilizzando frequentemente un’analisi estetica aggiornata per aiutare la lettura o desumere il senso del lavoro. Nelle indagini l’autore trapassa continuamente dalla storia dell’arte alla filosofia, dalla critica all’estetica, dalla letteratura alla storia della cultura: di una tale complessità e ricchezza di approccio derivante dalla grande tradizione storico-critica italiana ne è una chiara testimonianza l’ultimo saggio del testo, pubblicato nel 1985 in occasione della mostra Anniottanta a Bologna. In questo contesto l’autore interroga l’approccio critico all’arte, la sua possibilità di attribuzione di senso nel rapporto fra passato, presente e futuro partendo dalla figura mitica e ossimorica di Epimenide, di colui che ha dormito per decenni e poi viene risvegliato in un tempo in cui l’attualità oramai non gli appartiene. A metà degli anni ’80, in un’analisi che parte dalle Avanguardie fino alla contemporaneità, Spadoni si interroga sul rapporto dell’arte col passato – reciso o invocato – o col futuro – impossibile o rivendicato – chiarendo quanto l’arte rischi nei tempi attuali di essere ostaggio della tecnica. Vengono quindi definite le dinamiche dei rapporti fra attribuzione di senso e di valore all’arte del passato e la caduta contemporanea di ogni pretesa valoriale totalizzante. L’altro saggio appartenente al 1984 è dedicato al percorso artistico di Giulio Paolini, analizzato alla luce di una lettura filosofica, l’unica in grado di restituire la complessità della poetica dell’artista. Solo un approccio critico altrettanto complesso poteva rendere le considerazioni di Paolini sulla sua opera assoluta – perchè in essa coincide passato e presente – e in generale sull’arte intesa come sintesi di un rispecchiamento continuo della percezione e dello scambio fra autore-spettatore. La stessa profondità e ricchezza di analisi è riservata da Spadoni agli interventi che spaziano da autori o movimenti dell’Ottocento – i preraffaeliti, Antonio Fontanesi, Monet – fino al Novecento, con acuti studi monografici su Dalì, Giacometti, Sironi, Cagli, Casorati, l’informale, Burri e Warhol, opere e autori di periodi diversi che esigono lo stesso infallibile approccio complesso, basato sulla storia, sulle testimonianze documentarie, sulla critica precedente mai riducibile a un solo schema interpretativo. Una menzione speciale è riservata ai saggi sui grandi storici e critici d’arte – Corrado Ricci, Roberto Longhi, Francesco Arcangeli e Giovanni Testori – che sono stati editi nei cataloghi usciti in occasione delle mostre al Mar di Ravenna fra il 2004 e il 2012, a cura dello stesso Spadoni. La scelta di approfondire il lavoro critico e le scelte artistiche ed estetiche di alcuni grandi critici della storia dell’arte italiana risultò vincente e venne premiata da un notevole flusso di visitatori elevando il Mar a una posizione nazionale, in opposizione quasi alla “città dormiente” evocata dal giovane Corrado Ricci nella sua prima guida di Ravenna. L’intervento di Spadoni sul critico ravennate rilegge la città alla luce delle visite condotte da illustri visitatori, arriva a inquadrare il metodo scientifico dei restauri di Ricci, il riallestimento moderno della galleria civica, la sua opera di divulgazione, consapevole di quanto la descrizione letteraria dei monumenti potesse far presa sul grande pubblico. Il secondo approfondimento di Spadoni su Roberto Longhi del 2004 è più opportunamente centrato su un particolare aspetto della esplosiva attività del grande critico, ovvero sul suo mancato rapporto con la scultura contemporanea. L’autore indaga le incomprensioni di Longhi, cita i suoi giudizi affilati e tranchant ma al tempo stesso si distacca dal predecessore rileggendo in autonomia l’arte del passato attraverso il presente. Più concertato su vari aspetti è il saggio per la mostra dedicata ad Arcangeli: si dà conto del personale taglio critico del maestro sulle categorie del Romanticismo, della natura, e sulla rivalutazione critica di esperienze come il Realismo di Courbet. Sono il sentimento e la passione che creano l’arte non adattabile a modelli precostituiti, né riflessa nel museo, a rendere vitale lo sguardo di Arcangeli che mantiene una diffidenza insanabile verso ogni impalcatura ideologica. Per lui, la lettura dell’opera rimane sempre una realtà di fatto da cui, solo dopo, prende avvio la scrittura. Lo stesso sentimento verso l’arte descritto dal maestro, la medesima sua diffidenza verso le ideologie, sorreggono quell’approssimarsi circostanziato all’arte – complesso e ricco – in questo bel libro. Total0 0 0 0 Forse può interessarti... Trent’anni di critica d’arte nel volume di Claudio Spadoni edito da Maretti Sul ruolo delle gallerie in un itinerario selezionato dell’arte italiana Il mito di Napoleone rivisto dall'arte di Jean Gaudaire-Thor in mostra a Ravenna Seguici su Telegram e resta aggiornato