Grande Ferro R: storia di un’opera dimenticata, bistratta e violata

A Ravenna riemerge l’attenzione per la scultura dell’artista Alberto Burri. L’associazione Dis-Ordine spera nel ritorno definitivo alla dignità che merita

Riceviamo e pubblichiamo questa riflessione firmata dall’associazione culturale ravennate Dis-Ordine a proposito della monumetale scultura di Alberto Burri del Pala De André

«Ora che è stata annunciata per il prossimo autunno una grande mostra di opere dell’artista Alberto Burri per l’VIII Biennale del Mosaico Contemporaneo di Ravenna, riemerge il dolore per la lunga vicenda del Grande Ferro R del grande artista umbro. È la storia di una scultura monumentale da troppi decenni dimenticata, bistratta, violata: mai un’opera d’arte è stata così abusata nella storia dell’arte, frutto di una lenta e progressiva incomprensione che il suo autore, i finanziatori del tempo e gli ideatori dell’intero progetto del Pala De André non avrebbero mai potuto immaginare.

Come pochi sanno, Il Grande Ferro R, ideato e realizzato nel 1990, venne pensato e realizzato come site-specific per il complesso del Palazzo delle Arti e dello Sport Mauro De André, commissionato da Raul Gardini e inserito nel progetto degli architetti Francesco Moschini e Carlo Maria Sadich. Rispondeva alla tipica formulazione teorica dei “Progetti d’Opera” che prevedevano l’inserimento di opere artistiche pensate in modo contestuale all’oggetto architettonico e non casualmente sovrapposte a progetto concluso.

Durante gli annuali eventi fieristici Il Grande Ferro R ha ospitato al proprio interno i tavolini di una caffetteria, è stato inglobato o affiancato da tensostrutture, è servito per esporre cartelloni pubblicitari e per parcheggio di auto e camion in vendita, addirittura è servito da appoggio ai bidoni della raccolta differenziata dell’immondizia. Atti di sfregio? No, atti di non conoscenza, dunque atti di ignoranza, di dimenticanza, di mancata cura della memoria della città. Come se si decidesse di allestire una rivendita di giornali a Galla Placidia o un bar a San Vitale! Tutt’oggi restano pochi coloro che riconoscono il valore autonomo e il significato di questa vera e propria abside laica del Novecento.

Ci auguriamo che questo sia l’anno del suo definitivo ritorno alla dignità e al rispetto che merita, con quella sua ideale rievocazione di una carena di nave rovesciata, emblematicamente aperta verso i lidi, verso levante, ma anche rappresentazione di un processo nel tempo che si sostanzia nella metafora del rudere che, con quella sua linea spezzata, segna la tensione verso un’azione che non giunge a compiersi. Insomma, una profezia contemporanea di rara attualità che dobbiamo riscoprire in tutta la sua potenza comunicativa».

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