Cavezzali: «Oggi contiamo più lettori giovani e voglia di socializzare»

Il direttore di “ScrittuRa” su dieci anni di incontri e le prospettive future: «Il pubblico è in crescita e tanti autori ambiscono a un invito. Chi sogno di portare? Carrère è ancora in sospeso, ma prima o poi…»

Matteo Cavezzali

Classe 1983, ravennate doc, scrittore egli stesso di fama (gli ultimi due romanzi Nero d’Inferno e Il labirinto delle nebbie sono stati pubblicati da Mondadori), autore di podcast per la Rai e format innovativi, giornalista, ­firma anche di una rubrica di libri sul nostro settimanale, Matteo Cavezzali è da dieci anni il direttore artistico di “ScrittuRa”, (qui il programma del festival imminente) di cui è anche ideatore e fondatore, a cui af­fianca durante l’anno altre rassegne, in primis “Il tempo ritrovato”.

Direttore, nel 2023 arriviamo alla decima edizione del Festival, cosa ti rende più orgoglioso di questo traguardo?
«Non immaginavo che ci saremmo arrivati. E che ci saremmo arrivati così! Con un pubblico sempre più numeroso e tanti autori che ambiscono di essere invitati. Se è un festival che funziona, oltre a tanti magnifi­ci volontari che ci lavorano, lo si deve soprattutto alla cittadinanza che partecipa sempre molto numerosa. Sono particolarmente orgoglioso quando qualcuno mi dice di aver scoperto qui un’autrice o un autore dei cui libri poi si è innamorato. La lettura è contagiosa».

Qual è l’autore che ancora non sei riuscito a portare e che sogni di avere qui a Ravenna?
«Uno che provavo a invitare dalla prima edizione è Domenico Starnone, che ­finalmente quest anno riusciamo a portare. E molti sogni in questi anni si sono esauditi. Uno che ho ancora in sospeso è Emmanuel Carrère, ma prima o poi…»

Dopo l’anniversario di Dante, i fondi per la cultura almeno a Ravenna, sono stati ridotti. Di quanto? E come sei riuscito a compensare?
«In realtà durante l’anno dantesco i fondi erano aumentati, cosa che ci permise di invitare la Premio Nobel Olga Tokariuk assieme all’orchestra jazz della polonia. Poi i fondi comunali sono tornati a come erano prima. Il problema è stato un pesante taglio da parte della Regione Emilia-Romagna che ha colpito tutte le realtà indipendenti. Speriamo sia stata una manovra temporanea perché altrimenti sarà veramente dif­ficile proseguire. Anche perché i costi per realizzare il festival sono molto aumentati nel post pandemia».

La pandemia che effetto ha avuto sul pubblico degli incontri e dei festival? Che futuro vedi per queste manifestazioni?
«Dopo la pandemia le iniziative dal vivo legate alla letteratura sono ripartite con grande entusiasmo. Non si può dire così di tutte le attività culturali, il cinema ad esempio non si è più ripreso. Credo che le iniziative in cui c’è molta socialità, come gli incontri che organizziamo e i concerti, abbiano invece ripreso molto bene. Forse proprio perché la gente ha molta voglia di incontrarsi e socializzare».

E sull’editoria in genere? Che tendenze vedi adesso in Italia?
«Anche l’editoria sta vivendo un buon periodo negli ultimi anni. Si legge di più, soprattutto i giovani. Se prima la fascia di lettori più forti erano gli over 60 oggi sono i ragazzi di 20 e 30 anni. A Ravenna hanno aperto tre librerie nuove negli ultimi anni. Direi che siamo sulla buona strada».

Accanto a ScrittuRa, tu per anni hai organizzato “Il tempo ritrovato”, rassegna autunnale e primaverile con cadenza settimanale, al momento sospesa. Che ne sarà di quell’appuntamento?
«Aspettiamo di vedere come andrà il bando comunale per le convenzioni di cui sapremo l’esito a giugno, e il responso della Regione, per decidere. La volontà e le idee per continuare ci sono. Sono ­fiducioso».

Un’ultima domanda: c’è chi dice che la cultura dovrebbe sempre più essere in grado di ­finanziarsi da sola. Cosa ne pensi?
«Fare strade, avere una scuola pubblica che formi i ragazzi, avere ospedali ef­ficienti e un sistema culturale vivace, credo siano proprio le cose che deve fare uno stato democratico per i suoi cittadini. Altrimenti la salute, la formazione e la cultura rimarrebbero una cosa solo per i ricchi, mentre devono essere di tutti».

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