Eron e Salvatori, l’ironia e tecnica nel confronto con il tema del paesaggio urbano

Le personali dei due artisti romagnoli si inseriscono nella programmazione triennale di Bagnacavallo

Salvatori

A Bagnacavallo hanno aperto i battenti due belle mostre di arte contemporanea, visibili fino agli inizi di novembre nello spazio dell’ex convento di San Francesco e nella centralissima chiesa del Suffragio: ospiti due artisti quasi coetanei – Eron e Andrea Salvatori – entrambi legati per nascita alla Romagna ma ormai noti ben oltre la soglia nazionale. Inseriti all’interno di una programmazione triennale che a Bagnacavallo vede come soggetto catalizzatore la natura, gli artisti si sono misurati per questa edizione col paesaggio urbano, tema mai così attuale dopo le alluvioni di maggio scorso.

Nello spazio dell’ex convento, il direttore dei Musei civici Davide Carnoli cura e presenta la mostra di Eron (1973), famoso street artist riminese che presenta una selezione dei lavori più recenti. Nonostante abbia raggiunto la fama grazie a interventi di grandi dimensioni su treni, relitti navali e muri – fra cui a Milano il più grande murale al mondo, dal titolo W.A.L.L. – per questa occasione Eron presenta solo tele e opere rappresentative del lavoro degli ultimi anni.

Sicuramente la scala di grandezza degli interventi cambia ma nelle opere rimane traccia della spinta sociale e della presa di posizione politica sui temi più scottanti della contemporaneità che da sempre caratterizza le opere dell’artista. Nelle tele rimane anche alta la qualità pittorica che si avvale di una tecnica spray talmente raffinata da imitare così bene la realtà da confondere gli spettatori: all’inaugurazione, molti dei presenti si chiedevano se si trattasse di interventi pittorici su fotografie invece che dipinti integrali, come in effetti sono.

La mostra riesce a rendere la traiettoria dei lavori in contesti urbani datati fra il 1989 e il 2003 che vengono qui integrati grazie a cartoline in un espositore, titolate ironicamente Saluti da kRimini. Si tratta di immagini di graffiti eseguiti da Eron in veste di writer ancora agli esordi in un tempo in cui questa attività era ancora sottovalutata, almeno in Italia, o anche perseguita dalla legge. Dalla prevalenza di writing e studi di lettering si passa a una serie di tele del 2017 che raffigurano silhouette di uccelli alternate a immagini di uccelli rese in modo quasi fotografico, creando una frizione fra realtà e finzione. Questo dispositivo oppositivo viene spesso utilizzato da Eron anche se il tema dei dipinti è un paesaggio, un paesaggio con figure, un edificio con operai al lavoro: l’indefinizione dei tratti, la sottrazione di corpo e volume, la luce diffusa e intensa, giocano di contrasto con la precisione dell’effetto nel suo complesso.

Eron3

Un esempio eclatante è costituito da Painting 25922, in cui il buco nero di una galassia si colloca nello stesso tempo in posizione intermedia fra finzione e realtà tridimensionale. Nonostante alcune cadute iconografiche che probabilmente soddisfano nel loro sapore pseudo pop i palati più semplici – e stiamo parlando del sole-cuore, albero-cuore, ecc. a maggior parte dei lavori rimandano una maggiore significazione perchè meno consolatoria. Si veda ad esempio Profondo, del 2022, in cui una barca giocattolo alla deriva amplifica il senso nel contesto di quanto accaduto in questi mesi o anche l’ultimo lavoro eseguito a terra a imita- zione di una lastra marmorea quasi tombale, in cui gli occhi ricercano a fatica e poi trovano la mappa di un’Europa allusivamente poco in salute.

Altrettanto ironico è il lavoro del faentino Andrea Salvatori che da anni ha abituato il suo pubblico a ceramiche deliziose e irriverenti, impudiche e altrettanto compromettenti. Anche il titolo dell’attuale esposizione Sono come pensieri dal piede pesante anche se abitano il cielo – verso tratto da una poesia di Emanuel Carnevali – incanala un intento narrativo che circola in tutti i lavori.

L’inondazione di maggio ha causato gravi danni al laboratorio dell’artista, che ha dovuto interrompere il progetto espositivo e modificarlo: dall’iniziale bosco di ceramiche immaginato – da cui si è salvato solo un unico lavoro messo in mostra – si è passati a un bosco di colonne che reggono lavori meno recenti (ma almeno in buone condizioni) che rendono perfettamente la tempera- tura del mondo fantastico di Salvatori. Se due piccoli buchi in una pietra sono sufficienti per l’apparizione di un UFO, se un pallone sgonfio su un prezioso vaso ceramico hanno in comune la stessa deriva creativa infantile, altri lavori sono autentici piccoli altari allo humour nero. La morte è un fantasma che aleggia sulle forme volutamente cinerarie di alcuni pezzi, su- gli obelischi – fin dall’antico connessi al ricordo fune- bre -, sui teschi adagiati su eleganti supporti ceramici dedicati al memento mori. Di nuovo l’ironia si concretizza nella presentazione di un vaso reggente un fallo

in oro, dissonante in questo contesto ambientale, e fa il pari con la risata che suscita un autoritratto introspettivo in cui è il deretano a vincere su tutto.

L’inconveniente di essere nato è pesante come la pietra incastonata nell’opera ma l’humour di Salvatori riesce a sovvertire i valori trasformando ciò che è pesante in leggerezza: il piede che dà il titolo alla mostra e condensa un pensiero cupo, visibile sull’altare, presenta un interno cavo in cui nuota un blu intenso. Lo stesso colore trapassa nei disegni delle Notturni nei due altari laterali dando spazio a un senso di bellezza che neanche i piccoli mostriciattoli realizzati col fango che ha invaso lo studio dell’artista a maggio scorso possono insidiare.

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