«A tutti interessano i soldi, ma chi legge davvero le lettere della banca?»

Maria Pia Timo parla del suo nuovo spettacolo scritto con la consulenza di una banking trainer: «Mi piace affidarmi agli esperti per dare veridicità ai testi»

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un ritratto di Maria Pia Timo (foto Elena Bandini)

I soldi, in Italia, sembrano essere un argomento tabù. Ci si pensa spesso (forse più del voluto), ma se ne parla sempre malvolentieri. Il nuovo lavoro di Maria Pia Timo, Sol di Soldi, nasce per scardinare questo imbarazzo, indagando con ironia il mondo finanziario, i suoi sprechi e le sue contraddizioni.

Lo spettacolo dell’attrice e comica faentina (in scena alla sala del Carmine di Massa Lombarda il 16 dicembre, al teatro di Cervia l’11 gennaio e al Masini di Faenza il 16 gennaio) è realizzato in collaborazione con una banking trainer e nasce per ridere di un argomento strettamente umano, delicato e controverso che, nonostante tocchi in maniera trasversale l’intera società, nasconde aspetti che vengono spesso dati per scontati, ripudiati o completamente ignorati.

Com’è nato lo spettacolo?

«Con l’idea di parlare di qualcosa che interessi alla gente. I soldi toccano in maniera trasversale tutti quanti, ma si è pudici nel parlarne, almeno in Italia. Anche la percezione della società verso il denaro è cambiata: non guadagniamo per spendere, ma per accumulare. È assurdo poi pensare quanto poco conosciamo del mondo finanziario, quanto diamo per scontato o decidiamo di ignorare nella nostra quotidianità. Chi legge davvero le lettere della banca ad esempio? Io una volta credo di aver buttato via una carta di credito senza accorgermene!».

La sceneggiatura è stata scritta con la consulenza di una banking trainer, com’è nata questa collaborazione?

«Spesso il teatro comico viene visto come poco impegnato, ma io non credo che debba essere così. È importante far ridere e svagare le persone, ma voglio farlo in maniera intelligente, lasciando un messaggio. Solitamente scrivo insieme a mio marito, Roberto Pozzi, mio autore da sempre, oltre che regista di questo spettacolo. Quando scelgo di rappresentare un argomento che non mi appartiene ritengo però giusto affidarmi anche a un esperto, per dare la giusta tridimensionalità e veridicità ai testi. Qualche tempo fa, partecipai a una lezione sulla finanza della banking trainer Daniela Lorizzo che mi fece riflettere su questo microcosmo, così ho chiesto il suo aiuto per poter ridere su questi temi in maniera puntuale. Anche uno dei miei ultimi spettacoli, Una donna di prim’ordine, che tratta del disordine che pervade le nostre vite, è stato scritto in collaborazione con Sabrina Toscani, professional organizer ravennate».

Oltre agli spettacoli teatrali, anche cinema e tanta televisione, tra cui Zelig, Colorado e Quelli che il calcio. Quando è iniziata la carriera da comica?

«Ho iniziato girando per festival e sagre locali, esibendomi ogni volta che potevo. La Romagna, per fortuna, offre molto da questo punto di vista. Durante uno di questi spettacoli, sono stata notata da un’agenzia bolognese. Da lì il debutto in televisione nel 2003, nella prima edizione di Bulldozer, programma satirico condotto da Federica Panicucci. Prima dell’avvento dei social, del digitale terrestre e delle piattaforme streaming, il piccolo schermo era una cassa di risonanza fortissima, che mi ha permesso di cambiare la mia vita, dedicandomi alla mia passione. Non bisogna pensare però che il mio sia un lavoro semplice, fatto di solo divertimento e risate. I ritmi e le tournée possono essere sfiancanti».

È stato difficile muovere i primi passi in un periodo in cui la figura del comico era legata principalmente a personaggi maschili?

«Difficile, come lo sarebbe ora. Credo che anche oggi una comica donna venga percepita diversamente da un uomo, una sorta di retaggio maschilista comune a molti campi, tra cui il mondo dello spettacolo. Un tempo, quando dilagava la comicità di pancia e l’utilizzo clownesco del corpo, per una comica era più difficile emergere, risultando in contraddizione con l’idea angelica che si aveva della figura femminile. Oggi, con la diffusione della stand-up comedy e di un tipo di comicità perlopiù dialettica, una comica può far ridere come e più di un uomo».

Quale forma di espressione si addice di più alla sua comicità?

«Personalmente, continuo ad apprezzare la comicità corporale unita a quella dialettica, utilizzo molto il mio corpo e la mia espressività durante i miei monologhi. Più in generale, posso dire di preferire l’esperienza dal vivo rispetto a quella cinematografica e televisiva. Sono un po’ pigra e detesto spostarmi per lavoro, ma l’alchimia che si crea con gli spettatori durante la performance live è magica, capace di ripagare qualsiasi fatica. Posso dire che è un po’ come fare l’amore. Dopotutto, uno spettacolo teatrale si costruisce in due: da una parte io sul palco, dall’altra il pubblico e le sue reazioni. Un altro aspetto emozionante del teatro è sicuramente la sua intensità: il cinema ti obbliga a trattenerti, a conservare le energie per il ciack successivo e per quello dopo ancora. Il teatro invece ti chiede il massimo, sempre».

Maria Pia Timo Lumaca

la comica faentina in una scena del “Pinocchio” di Garrone in cui interpreta, quasi irriconoscibile dal trucco, la Lumaca

Tra i ruoli cinematografici più noti, quello della Lumaca nel Pinocchio di Matteo Garrone, com’è stata questa esperienza?

«Travolgente. È stata la mia agenzia a propormi, sapevamo che Garrone stava cercando un’attrice per la Lumaca in tutta fretta a causa della difficoltà di realizzazione del costume, ma non mi aspettavo di ritrovarmi a provare sul set di Londra dopo sole due settimane dal provino. L’esperienza è stata meravigliosa, lavorare in un set internazionale, capace di lasciare spazio all’improvvisazione, mi ha trasmesso il sapore del cinema vero, molto lontano dal cinema brillante italiano. Il costume però si è rivelato essere davvero un problema: ingessata al suo interno faticavo a muovere viso e corpo e, a causa del suo peso, ho dovuto rivolgermi a un osteopata una volta terminate le riprese».

In settembre ha presentato “Me la Sfango go go” lo spettacolo allestito nella piazza di Faenza per celebrare la ripartenza della Romagna dopo le alluvioni della scorsa primavera. Da Faentina, come ha vissuto il dramma delle inondazioni?

«Io sono stata fortunata, ma parte della mia famiglia è stata colpita in prima persona. Vedere la propria città coperta di fango e i propri amici sott’acqua, ti segna in modo indelebile. In quei mesi parlavo dell’alluvione continuamente, inserivo il tema in ogni mio spettacolo, per dare valore a ciò che stavamo attraversando come regione. Io e mio marito abbiamo scritto anche un pezzo al riguardo, l’abbiamo portato in giro per le zone alluvionate, per dare un po’ di leggerezza alle persone. Ridere su un argomento simile sembra difficile, ma non lo è: quando a farti i complimenti è qualcuno che ha appena perso la casa, o la macchina, significa che hai toccato le corde giuste. L’evento del 22 settembre è stato molto emozionante. La piazza era gremita, tra il pubblico c’erano ventenni scatenati e ottantenni con la seggiola portata da casa. Sul palco, icone dell’Emilia-Romagna come Mirko Casadei, Modena City Ramblers e Nomadi. Presentare questa serata è stato un onore, mi ha trasmesso quella sensazione di vicinanza, unione e calore che noi romagnoli abbiamo scoperto grazie all’alluvione, o forse, che avevamo solo dimenticato»

Faenza RA, 22/09/2023, Piazza Del Popolo, Concerto, Alluvione, Pro Alluvionati, Me La Sfango Go Go”

Maria Pia Timo (con Neri Marcoré) sul palco dell’evento organizzato in piazza a Faenza per ringraziare tutti i volontari post alluvione (foto Stefano Tedioli)

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