L’Accademia riporta sotto i riflettori l’arte di una scultrice controcorrente

Fino al 12 aprile in piazza Kennedy la piccola mostra dedicata alla riscoperta di Teresa Feodorovna Ries

Teresa Feodorovna Ries

Teresa Feodorovna Ries

Certe volte bastano appena due opere e un semplice allestimento fotografico di fondo per aprire una porta chiusa sul passato, recuperare la memoria di un’artista controcorrente e con lei il passato di Ravenna e di una delle sue antiche istituzioni. L’inaugurazione di una piccola mostra dedicata a Teresa Feodorovna Ries (18661956) al Polo delle Arti dell’Accademia di Belle Arti, Un paradiso amaro. Visita a Ravenna, ha coagulato una serie di eventi dal recupero conoscitivo di due modelli in gesso appartenenti alla collezione dell’Accademia al loro recente restauro, dalla riscoperta di una scultrice vissuta fra Otto e Novecento all’attivazione di una rete fra l’Accademia di Ravenna e alcune ricercatrici viennesi che hanno studiato l’artista e realizzato l’allestimento.

A delineare le collaborazioni che hanno portato alla scoperta dei due gessi e alla biografia di Teresa F. Ries, ricordiamo per Ravenna la direttrice dell’Accademia di Belle Arti Paola Babini, la consulente della gipsoteca dell’Accademia Giovanna Montevecchi, e la giovane Irene Ciacci, restauratrice diplomata all’Accademia che sotto la supervisione di Augusto Giuffredi ha studiato e restaurato i due gessi e ampliato la biografia di Ries. Per la parte austriaca di questo viaggio hanno collaborato Judith Augustinovic e Valerie Habsburg, artiste e curatrici dell’allestimento, alle quali si deve inoltre la riscoperta di Ries tramite un progetto per l’Accademia di Belle Arti di Vienna. La passione le ha portate poi all’acquisto dell’archivio personale dell’artista messo all’asta e a una conoscenza approfondita della biografia e delle opere di Teresa, consegnate finalmente alla memoria pubblica grazie a una grande mostra del 2019 intitolata City of Women. Female Artists in Vienna from 1900 to 1938.

Che la figura di Teresa F. Ries fosse caduta nell’oblio non è inusuale: una generale damnatio memoriae ha operato per secoli sulle donne artiste e ancor di più sulle scultrici che dall’epoca rinascimentale sono state viste e tramandate come donne sregolate, eccezioni al loro genere, come nel caso della rinascimentale Properzia de’ Rossi. Per le donne era quasi impossibile studiare arte: solo le figlie di padri artisti risultavano talvolta avviate alla pittura o alla miniatura. La scultura invece, così come l’architettura, veniva considerata inadatta alle donne, la prima perché troppo astratta e matematica per le doti mentali del genere femminile; la seconda perché legata a materiali pesanti e sporchi, inadatti alla gentilezza attribuita socialmente alle donne. Comunque, anche se le pittrici ebbero ai loro tempi sorti migliori, lo stesso non hanno potuto accedere alla ribalta della storia se non in tempi assai recenti. Infatti è solo dagli anni ‘80-’90 del secolo scorso che la produzione di Artemisia Gentileschi, Rosalba Carriera, Miriam Mafai – citando nel mucchio – è stata oggetto di studi, recuperi e mostre.

Teresa Feodorovna Ries non è sfuggita alla regola: non solo era donna ma era anche ebrea, quindi doppiamente sottoposta a epurazioni storiche. Nata a Budapest nel 1866 in un contesto borghese, Teresa manifesta fin dai primi studi una predisposizione al disegno che la favorisce a intraprendere la formazione artistica presso l’Accademia di Belle Arti di Mosca, città in cui si era trasferita con la famiglia. Qui impara a dipingere e soprattutto dà avvio alla passione per la scultura ma a causa di contrasti con un docente viene espulsa. Nel 1894 si trasferisce a Vienna ma la locale Accademia non permette l’ingresso alle donne: come molte altre artiste nello stesso periodo, l’unica strada è studiare in atelier privati. Questo è il passaggio obbligato per la scultrice e coetanea Camille Claudel a Parigi, come sarà per Teresa a Vienna nello studio di Edmund Hellmer. Ma a differenza di Claudel – una figura fragile e tragica -, Teresa ha i mezzi economici per creare una stanza tutta per sé e possiede una decisa consapevolezza del proprio lavoro.

L’apertura del proprio studio privato le permette di lavorare in modo remunerativo come ritrattista – uno dei committenti sarà lo scrittore Mark Twain (1897) – e di realizzare sculture di chiara matrice simbolista in perfetto allineamento con l’epoca. Nel 1895, quasi trentenne, si aggiudica un premio alla mostra nel Künstlerhaus con la Strega nella notte di Valpurga, una scultura innovativa non tanto per lo stile – di un realismo dalle forti tinte espressive – quanto per il soggetto, che pur inserito nel contesto del Simbolismo incarna un femminile dirompente e del tutto controcorrente. Allo stesso modo doveva essere percepita anche la stessa autrice dell’opera, come anche le altre colleghe con cui Teresa espone al Salon Pisko nel corso del primo decennio del nuovo secolo. Assieme alla solidarietà fra artiste, Ries porta avanti la carriera in modo individuale partecipando a numerose mostre della Secessione, ad alcune esposizioni internazionali (Parigi 1900 e Roma 1911), a varie edizioni della Biennale di Venezia (1903, 1907, 1910). È proprio in laguna che il ravennate Carlo Malagola – responsabile dell’archivio storico di Venezia – intercetta il lavoro della scultrice e propone all’Accademia di Ravenna di riconoscerle il titolo di Accademica. Teresa contraccambia donando nel 1910 due busti che probabilmente vengono consegnati nel contesto di un suo viaggio a Ravenna, quando visita i monumenti accompagnata dal direttore dell’Accademia Vittorio Guaccimanni. I ritratti di Emma Rattner e N. W. Medinzoff sono fra le poche opere dell’artista che si sono salvate dalla distruzione operata dai nazisti e dall’incuria successiva. Superata la Prima guerra mondiale, Teresa cerca di affrontare l’alba del terzo decennio del ‘900, ma per una donna, ebrea, artista non ci sono sconti. Vivrà a Vienna in uno stretto ritiro che nel 1942 si deve trasformare in esilio: riesce a raggiungere Paradiso, nel distretto di Lugano, e mai nome di luogo fu più tristemente ironico di questo.

“Un paradiso amaro. Visita a Ravenna”
Polo delle Arti, piazza Kennedy 7
Fino al 12 aprile.
Orari: lu-sa 10-18. Ingresso gratuito

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