Il paradosso di Banksy a Cervia: un format che lo street artist ridicolizza

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Pubblichiamo la recensione di Serena Simoni scritta prima del caso del presunto “falso” in mostra, poi sequestrato, ma che affronta un tema in qualche modo legato, quello dell’arte e del mercato, del capitalismo e del “sistema”.

Si intitola Banksy a Cervia ma poteva meglio definirsi Banksy, la vendetta o “la vendetta di Banksy” se preferite. Stiamo parlando della mostra dedicata allo street artist inglese più famoso al mondo le cui immagini sono virali a cominciare da quella Girl with Balloon del 2004, dove una bambina allunga le manine verso un palloncino a forma di cuore. A differenza di altri grandi street artist che lo hanno preceduto – non solo statunitensi ma anche europei come Blek Le Rat, che hanno iniziato ad operare almeno dagli anni ‘70 e ‘80 – è sicuramente il più famoso grazie ad alcune formule comunicative di grande effetto che quasi oscurano l’immaginario palpitante di Keith Haring.

La mostra di Cervia – inaugurata a marzo e aperta fino a giugno ai Magazzini del Sale – spiega bene chi è l’artista di cui nessuno, tranne i suoi collaboratori, la sua stamperia di fiducia e i suoi amici, conosce le fattezze. Banksy infatti è un po’ come l’Elena Ferrante dell’Amica geniale (o lei un po’ come lui): nessuno sa esattamente chi sia e chi collabora deve parlare con intermediari. Anzi, possiamo anche affermare che alcuni degli interventi sui muri del mondo siano progettati da Banksy ed eseguiti in luogo dai suoi collaboratori.

Abbandonando la preoccupazione di che faccia ha l’artista, una riflessione va fatta sulla mostra. MetaMorfosi, l’associazione culturale di Roma che ha curato l’evento e i due precedenti di Cervia dedicati a campioni della street art come Keith Haring- Buggiani e Obey, negli ultimi due anni è riuscita a piazzare la mostra dedicata a Banksy in varie città italiane: in ordine alfabetico Ancona, Bari, Cagliari, Chioggia, Ferrara, Firenze, Gallipoli, Genova, Lugano, Osimo, Otranto, Palermo, Parma, Reggio Calabria, San Marino, Sansepolcro, Sarzana, Teramo, Trento. Notiamo anche che solo nel 2023 – comprendendo anche altri enti organizzatori – mostre del medesimo artista sono state aperte ad Avellino, Bologna, Genova, Livorno, Torino e Trieste. Il che significa, come ha notato un collega – il giornalista Federico Giannini -, che «se non ti è ancora capitata una mostra di Banksy nel raggio di una cinquantina di chilometri, vuol dire che probabilmente vivi sulla Luna».

Affermazione questa che però giustificherebbe la scelta di questa ennesima mostra a Cervia perchè la distanza con Bologna e Ferrara supera i 50 km. così come quella con San Marino, se pure di un soffio. Ma come dice un mio amico a difesa delle mostre didattiche, fare una passeggiata fra opere reali – per quanto multipli – con didascalie e pannelli esplicativi ben informati, alzandosi dal divano di casa, è sempre meglio che sfogliare un libro sull’artista o guardare le sue opere in rete. Accettiamo la didattica ma dando un 6 meno meno alla scelta del format.

La mostra progettata da MetaMorfosi – che ha il pregio di non essere stata autorizzata dall’artista – presenta fotografie di inter- venti, video, litografie, stampe offset e soprattutto serigrafie, tutti pezzi autentici appartenenti per la quasi totalità alla Deodato, una galleria specializzata nella vendita online, che conta anche varie sedi fisiche in Italia fra cui una a Roma, due a Milano, una a Courmayeur, a St. Moritz e Bruxelles. Non ci sorprende anche che fra gli artisti proposti dalla Deodato ci siano vari street artist fra cui – oltre a Banksy – anche Obey e Keith Haring. Dunque la congiuntura Deodato e MetaMorfosi è evidente e probabilmente rende molto a entrambi. Nulla di male: il mondo dell’arte è anche di mercato, come sa bene Banksy, e la professionalità dei due enti costituisce una buona carta di presentazione, saldata nel lavoro del curatore Roberto Mastroianni, che illustra e contestualizza il lavoro di Banksy attraverso gli anni.

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Quello che è chiaro è che il sistema attuato dalla joint-venture Deodato-MetaMorfosi è proprio quello che Banksy aborrisce e ridicolizza. Lo testimoniano varie opere in mostra eseguite a partire dal 2007, ovvero l’anno in cui la grande casa d’aste Sotheby’s batte per la prima volta un’opera dell’artista, che – chiariamo – non intasca nulla da queste vendite fatte sui suoi lavori immessi nel mondo del collezionismo. In mostra non vedremo l’olio di Banksy dal titolo Devolved Parliament del 2009 – venduto 10 anni dopo da Sotheby’s alla spaventosa cifra di oltre 12 milioni di euro – ma sarà possibile constatare ciò che già ne pensava l’artista nella serigrafia dal titolo offensivo Morons (2007), in cui in un’asta si sta vendendo un pezzo con la scritta “I can’t believe you morons actually buy this shit”. L’idea che comprare “questa merda” sia da “imbecilli”, l’artista lo ripete nell’insulto verso gli acquirenti e la stessa Sotheby’s nel 2018 quando – e in mostra c’è il video che illustra l’evento – la Girl with Balloon si autodistrugge con un tritadocumenti inserito apposta da Banksy nella cornice, appena l’opera viene venduta all’asta per più di un milione di sterline, fra lo stupore e le risate dei presenti. Si comprende bene quindi la posizione dell’artista sul mercato dell’arte, e in generale sul mercato stesso e sul capitalismo, che porta gli ignavi a piangere come in un gruppo della Pietà per la fine dei saldi o a vedere il carrello della spesa connaturato agli esseri umani fin dalla preistoria (Sale Ends Today, 2007; Peckham Trolley 2005- 2017).

C’è però un corto circuito nelle azioni descritte: Banksy, da ottimo comunicatore quale è, sa bene come colpire la pancia e l’immaginario del pubblico mondiale grazie a soggetti condivisibili e ad azioni eclatanti come ridurre in frammenti una sua opera appena venduta all’asta, inaugurare una propria mostra con una moltitudine di topi vivi e scorazzanti o con una elefantessa decorata, attaccare di nascosto le proprie opere sui muri dei più importanti musei del mondo per essere scoperto anche solo una settimana dopo. Queste incursioni e azioni sorprendenti diventano fenomeni di massa, eventi a cui accorrono le grandi star e i vip dei paesi ospitanti.

Così, il valore della rivoluzione – come attacco al mercato globale, opposizione alle multinazionali, all’inquinamento, alla guerra in Ucraina o in Palestina e pacifismo in generale – viene divorato dal mercato che riesce a trasformare ogni azione oppositiva in prodotto. Laconicamente lo vediamo in Festival (2006), una serigrafia in cui la massa “antagonista” si ritrova pacificamente in fila per comprare una maglietta che recita “Destroy Capitalism”. Banksy sa bene che non se ne esce. L’unica allora è adeguarsi alle leggi del mercato e indossare quella maschera che per lui è obbligatoria se si vuole essere onesti e dire qualcosa. L’unica è creare immagini nelle zone di guerra per non far cadere l’attenzione su quei luoghi. L’unica è vendere – come già ha fatto – per raccoglie- re soldi a favore di un ospedale pediatrico in Ucraina o comprare una nave al servizio del salvataggio dei migranti in Mediterraneo. Percheé, come Banksy afferma sui muri, c’è sempre speranza.

Banksy a Cervia – Magazzini del Sale (Torre) fino al 2 giugno 2024
Orari: lu-gio15-20; ven 15-23; sab e prefestivi 10-23; do 10-21.

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