Sapere cosa spinge un affermato artista californiano di circa 50 anni a trasferirsi nell’entroterra romagnolo e a dividere questa nuova residenza con New York è una curiosità che non possiamo soddisfare. Ma il dato certo è l’arricchimento artistico del nostro territorio che accoglie questa new entry con una mostra sinceramente interessante e assolutamente in linea con quanto presentano gallerie nazionali di livello. Alcune mostre a Milano e Venezia vanno inserite nel curriculum di Christian Holstad – nato nel 1972 a Anaheim –, che ne ha allestita una in due atti nelle sedi del museo civico Varoli e presso la chiesa del Suffragio di Cotignola.
Suddivisi nelle due esposizioni rispettivamente dal titolo Salve e A flutter of butterflies atop debris to reach our gentle heights, i lavori da una parte costituiscono un omaggio al contesto in cui l’artista si è trovato a lavorare. Quindi, a partire dall’analisi della corposa collezione del museo civico di Cotignola e dalla personalità eclettica di Luigi Varoli, Holstad ha preso atto dei materiali tradizionali utilizzati dal vecchio maestro e nella tradizione della scuola dei mestieri di Cotignola. Assecondando con sensibilità un muto dialogo con i materiali esposti, di cui molti ormai raggiungono il centinaio di anni di vita, Holstad ha deciso di impiegare materiali poveri come carta, cartapesta o frammenti di gusci di uova per realizzare una serie di oggetti – palloncini, farfalle, targhe – ispirata alla collezione del museo e alle iconografie reiteterate da Varoli.
Un passo diverso è rappresentato dalle ceramiche componibili realizzate dall’artista statunitense e allestite nella chiesa del Suffragio (aperta su richiesta al personale del museo), in cui viene perseguita una progettazione aperta, frammentaria, mai univoca. I pezzi che formano vasi e contenitori dipinti in modo prezioso ed elegante possono essere ricomposti ma anche smembrati in modo definitivo. Non esiste quindi una rigidità formale nell’esecuzione del pezzo ceramico, che gode un’assoluta libertà di assemblaggio dipendente solo dai desideri dell’eventuale proprietario. In un certo qual senso in queste realizzazioni vengono aggirate anche le aspettative del mercato, un concetto su cui Holstad insiste anche nell’allestimento pavimentale dello spazio, dove appaiono schiacciati a terra alcuni carrelli della spesa: realizzati in stoffa, plastica, cordelle, nastri, restituiscono in modo ironico e divertente la stessa critica che l’artista statunitense Barbara Kruger esprimeva negli anni ‘80 nell’iconico pseudo-advertisement “I shop, therefore I am” (Compro, dunque sono). Probabilmente è la provenienza dagli Stati Uniti a unire una selezione di persone che percepiscono in modo più acuto rispetto agli europei l’espansione e i danni di un capitalismo privo di regole. La bella e intensa selezione dei disegni esposta nella sede museale di palazzo Sforza, realizzati da Holstad negli ultimi 30 anni, assolutamente va in questa direzione. L’artista interviene sulla base di fogli di giornale, asportando lettere o parti di parole, in sostanza creando un sistema di deragliamento semantico che non solo causa un semplice spaesamento nell’osservatore ma gioca l’azzardo di capovolgere il senso della frase, di mettere zizzania fra testo – spesso pubblicitario – e prodotto pubblicizzato, fra scritto e immagine. Questo deragliamento avviene anche all’interno delle immagini stampate sottoposte a interventi che possono asportare un volto, renderlo fantasmatico o mostruoso, aggiungere arti impossibili trasformando in Gorgoni uomini e donne dell’alta società, politici o personaggi pubblici. L’aggiunta di elementi decorativi ridondanti riescono a unire figure antropomorfe, sdoppiandole o svirilizzandole in una sorta di ringiovanimento forzato da uomo a infante. I preziosi interventi a pennello in colore oro isolano alcuni elementi in modo da modificarne l’importanza o la relazione col contesto visivo. E in questa perdita di senso generale che insegue la deriva tragicomica già percorsa dai Surrealisti e dagli Espressionisti storici, Holstad ribatte in modo serrato alle seduzioni della ricchezza, agli status symbol che circondano esseri umani deprivati, ai valori nazionalisti del suprematismo bianco o alla solitudine estrema dei finti Happy Days.
Christian Holstad. Salve
A cura di Gioele Melandri
Sede Museo Civico Luigi Varoli, Palazzo Sforza, Corso Sforza 21, Cotignola (Ravenna)
Atto primo A flutter of butterflies atop debris to reach our gentle heights
Durata 10 marzo – 30 giugno 2024
Atto secondo Hello
Durata 13 aprile – 30 giugno 2024
Orari di apertura
venerdì: 16:30-18:30 | sabato, domenica e festivi: 10:00- 12:00 e 15:30-18:30.
Per informazioni www.museovaroli.it | museovaroli@comune.cotignola.ra.it
Tel. 0545 908810 – 3204364316