Una carriera nata nel mondo attoriale, tra cinema e televisione, ma subito affiancata da una produzione cantautoriale indipendente di successo, capace di fondere forti messaggi sociali – dal femminismo all’inclusività, dall’antirazzismo alla sostenibilità – con la leggerezza di una musica pop dalle influenze barocche e intercontinentali.
Margherita Vicario, classe 1988, sarà all’arena dello Stadio dei Pini di Milano Marittima il 18 giugno, nell’ambito della rassegna “Il Trebbo in musica 2.4”, con un inedito accompagnamento live dell’orchestra classica La Corelli per il suo Gloria!.
Il concerto condivide il nome con nuovo film di Vicario, al suo esordio come regista, che a poche settimane dall’uscita può già vantare critiche entusiaste e la candidatura all’Orso d’Oro di Berlino.
Quella impressa sulla pellicola è una storia tutta al femminile, perfettamente inserita nell’immaginario tratteggiato della cantautrice, che racconta l’affermazione di un gruppo di orfane della Venezia di fine ‘700, mettendo al centro della narrazione la musica e i suoi risvolti salvifici, in un connubio che ci aspettiamo di ritrovare nel verde dell’Arena dei Pini.
Cosa dobbiamo aspettarci da questa prima collaborazione con un’orchestra classica?
«Un concerto glorioso, in tutti i sensi possibili. La Corelli è un’orchestra importantissima, che ha già affiancato numerosi artisti provenienti dalla scena della musica leggera creando un intreccio eccezionale. Il mio repertorio poi, si presta particolarmente alla formazione orchestrale, tra musiche cinematografiche che possono essere “riempite” e valorizzate dall’accompagnamento ambientale per dare vita a un connubio ricco e particolare. La performance comprende anche una parte più ritmica, dove i suoni di batteria e percussioni si fondono alle sonorità classiche dell’orchestra».
Lo spettacolo resterà incentrato sulle tematiche dell’omonimo film e sulla colonna sonora o andrà ad esplorare aspetti diversi della sua discografia?
«Al centro della scena ci saranno alcuni brani della colonna sonora di Gloria!, più che adatti a questo tipo di esibizione: le ispirazioni settecentesche delle musiche, impreziosite dagli arrangiamenti di Dade (Davide Pavanello, ndr) risuoneranno al meglio nelle note de La Corelli. Il concerto però si muoverà anche tra le canzoni dei miei album precedenti, più “pop” e moderne, ma mai minimali: credo che le composizioni ricche, quasi barocche, di Minimal Musical, Bingo e Showtime renderanno al meglio in questo binomio».
La dimensione musicale di Gloria! incide notevolmente sulla pellicola, ma come è stato misurarsi con un’esperienza di regia a tutto tondo, vivendo il cinema “dall’altra parte della camera”?
«Sicuramente impegnativo, ma bello. È un film complesso, che vede la musica come la vera protagonista della storia, ma c’è di più: portare a termine le riprese mi ha fatto sentire un po’ come se stessi facendo un concerto di dodici ore… Ogni giorno però! Ci si preoccupa principalmente degli aspetti tecnici del girato, ma non sono da sottovalutare i risvolti umani: dal “tenere il pubblico” – la troupe in questo caso – ai rapporti con le maestranze. Ho trovato la regia un lavoro molto performativo, devi conquistare le persone che lavorano con te per far si che tirino fuori il cuore. È bello avere idee chiare da trasmettere, ma è altrettanto bello riuscire a delegarle a qualcuno che ci mette anche il suo talento per portarle in vita. Come regista ritengo importante affidarmi agli attori e al loro lato creativo, molto del film dipende da quanto loro si danno nel realizzarlo».
A proposito delle performance degli attori in scena, colpisce in particolare quella di Veronica Lucchesi (La Rappresentante di Lista), in un personaggio che sembra vestirle alla perfezione e che ad un certo punto canterà anche una sua canzone. La scrittura del personaggio di Bettina è stata in qualche modo ispirata da Lucchesi?
«Mi ha totalmente ispirata. Sono una fan della prima ora di Veronica e de La Rappresentante di Lista e il personaggio di Bettina è stato scritto pensando a lei. La canzone ripresa nel film (Questo Corpo, ndr) è la mia preferita e racconta una storia potente. Partendo da ciò che viene narrato nel testo ho immaginato una “back story”, che ha dato forma al personaggio di Bettina e al suo passato. Non poteva essere interpretato da altri se non da lei.».
Non è la prima collaborazione con Lucchesi: nel 2022 ha accompagnato (insieme a Ginevra) La Rappresentante di Lista nella serata duetti di Sanremo. Nei suoi progetti futuri c’è l’idea di partecipare al Festival da concorrente?
«Sanremo è una partita che si gioca anno per anno, si scopre all’ultimo chi entra in squadra e chi no. Non è una cosa su cui è davvero possibile fare progetti. Non nego che mi piacerebbe, ma mi sono sempre trovata altro da fare nel frattempo».
Tra musica, recitazione e regia sicuramente gli impegni non mancano… da quale di questi ruoli però si sente più rappresentata?
«Ognuno di questi aspetti è unico, con le sue diverse fasi e le varie sfaccettature comunicative. Il live però rimane il mio momento preferito. Quando canto per il pubblico riesco a percepire il grande scambio che avviene attraverso la linea del palco. Ogni volta è un’emozione».
La sua discografia nasconde temi complessi all’interno di brani spesso allegri e scanzonati. Quanto è importante per lei avere più livelli di lettura in un testo e unire a musiche allegre e “pop” messaggi più impegnati?
«È fondamentale. Spesso quando scrivo sono mossa da un sentimento di rabbia e frustrazione, da un dolore che decodifico in parole, per sublimarlo attraverso i testi. È proprio in questi casi che mi accorgo che il mezzo più potente per superare questo sentimento è un sorriso mosso dalla speranza. Mi dico: questa cosa fa male! Però chissà, magari, se sviscerata con ironia e dolcezza, riesce ad arrivare a più persone possibili. È una cosa che faccio spontaneamente, senza prestare particolare attenzione, ma divertendomi: il più bel gioco che si può fare con le parole è scegliere quelle più ambigue, o addirittura fuorvianti, per nascondere più significati all’interno di un brano».
Ha mai avuto timore di venire fraintesa in questo gioco di contrasti?
«Credo di essermi spinta al limite varie volte con il mio immaginario, ma non sono mai stata fraintesa. Oggi vengono messe sotto la lente di ingrandimento molte cose, tra cui anche le espressioni artistiche, ma mi ritengo molto chiara in quello che è il mio messaggio. Nasco come cantautrice e sono naturalmente portata a guardare il mondo attraverso il mio corpo e a trasformare tutto ciò che vivo: dal primo amore all’attualità che mi circonda. Quando scrivo un nuovo pezzo, la prima persona a cui mi rivolgo sono io. Mi do consigli, appunto ricordi, come in un diario personale. Non ho paura di affrontare tematiche sociali, ambientali, inclusive o femministe, ma la mia musica non è esclusivamente “al femminile”, anzi, ho scoperto durante i miei live che aiuta tanti ragazzi: a volte a capire qualcosa di più sulla propria fidanzata, amica o sorella, a volte su loro stessi»