
Appena inaugurata, la mostra Omaggio al maestro, dedicata al pittore romagnolo Umberto Folli – curata da Mara Predicatori –, si costuitisce come omaggio al maestro che ha insegnato per anni all’Accademia di Belle Arti di Ravenna. Nelle sale dei Magazzini del Sale di Cervia è presente una piccola e intensa selezione di opere del pittore, scomparso nel 1989 a settant’anni, assieme a una serie di opere di un gruppo di artisti e artiste del territorio che sono stati alla sua scuola.
A causa dello spazio si tratta di poche opere per ognuno degli 11 artisti presenti in mostra ma la quantità è sufficiente per comprendere il punto attuale di ricerca di quanti sono stati allievi di Folli fra la fine degli anni ‘60 e nei due decenni successivi.
La vita e l’arte di Folli sono state indagate soprattutto grazie a una ampia retrospettiva del 1999, ospitata al Mar di Ravenna, che ha consentito una ricognizione del percorso dell’artista nato a Massa Lombarda e avviato giovanissimo al lavoro presso un decoratore locale. La vocazione all’arte diventa una necessità di vita quando l’artista comincia a seguire gli insegnamenti di Luigi Varoli nell’affollata e dinamica Scuola delle arti e mestieri di Cotignola. Alla metà degli anni ‘30, Folli lavora a paesaggi e ritratti delineati attraverso una pittura tonale quasi monocroma mentre nel 1940 – col passaggio all’Accademia di Bologna e l’insegnamento di Giovanni Romagnoli – si applica alla tecnica della pittura murale, che ormai da una ventina di anni aveva risvegliato l’attenzione in tutta Italia. Nonostante a Bologna Folli segua anche le lezioni di incisione del grande Giorgio Morandi – che pare apprezzare il giovane artista – le prove pittoriche di questo periodo approfondiscono la grande capacità tecnica ma rafforzano anche la devozione verso un mondo figurativo visto attraverso una lente naturalista. Nei primi anni ‘40 si intravedono nella pittura di Folli le riflessioni sull’esperienza del gruppo di Novecento e forse non è un caso che Francesco Balilla Pratella lo menzioni con parole di lode, ma l’esperienza viene subito superata da una pittura più smagliata a livello di colore.
Quello che rimane costante fra le pennellate grevi e potenti che molto devono al Postimpressionismo e all’Espressionismo è un inquadramento formale geometrico, sprovvisto di cedimenti. Negli anni ‘50 Folli partecipa a varie mostre importanti e ha contatti con gallerie milanesi, ma il baricentro della propria vita resta in Romagna, dove inizia a insegnare dal 1960, prima al Liceo Artistico poi nella Accademia di Belle Arti, dove è apprezzato per le sue capacità didattiche. La passione verso i grandi artisti del passato non si allinea a tendenze o a mode: negli anni ‘60 Folli prosegue uno studio degli espressionisti tedeschi e dei Fauves – assieme a Ensor, Munch, Kirchner, Permeke, Soutine – che influenza il suo lavoro diventando talvolta evidente citazionismo. In sostanza il maestro rivendica consapevolmente il mestiere e una inattualità che gli garantiscono comunque di restare fedele a temi e soggetti amati, alla gurazione e al proprio stile, sempre facilmente riconoscibile.
Forse è proprio a causa della grande capacità didattica posseduta che Folli non vuole che allievi lo copino ma che ciascuno trovi una strada personale. Dalla sua fucina escono quindi Paola Babini – oggi direttrice dell’Accademia di Ravenna – e Rosetta Berardi, che a Cervia presentano opere complementari per la scelta del soggetto. Gli esiti dei lavori portano le due artiste a superare con grande margine il maestro ma anche a divergere nello stile, nella tecnica e poetica: Babini evoca paesaggi emotivi come ricordi lontani, garantiti dalla stratificazione della tecnica mista su carta e acetato; Berardi trasforma la realtà naturale in attracchi formali in cui rami e tronchi vengono percepiti come esperienze calligrafiche. Le installazioni di Alexandra Baglio utilizzano materiali vari che possono sfociare in elementi scultorei: l’ambiguità delle forme amplificata dalle implicazioni del titolo, dalle proprietà dei materiali – come soffcità, opacità, trasparenza – creano un’aura di forte attrazione attorno a ogni lavoro. Più vicini a Folli per il grande amore del mestiere e per la fiducia concessa alla pittura si posizionano le prove di Giovanni Fabbri e Stefano Mazzotti, che virano verso un linguaggio astratto dalle componenti più materiche e simboliche il primo, più emotive ed espressioniste il secondo. Anche il riminese Agostino Marchetti manifesta fedeltà al medium pittorico, che si amplia a comprendere figurazione e un accentuato espressionismo, caratteristiche queste rintracciabili anche nelle mappe naturalistiche a fotografia, acrilico e pastelli a olio realizzate da Maurizio Pilò. Guerrino Siroli e Oliana Spazzoli condividono di nuovo la pittura, virata all’astratto-informale per il primo e alla sintesi segnica e di traccia di colori la seconda. Chiudono la serie degli ex allievi Stefania Vecchi, che riprende dal maestro l’affetto verso il soggetto umano trasformato però in un vibrante ed energico riassunto di linee e colori, e il più giovane e indisciplinato fra i presenti, il riminese Franco Pozzi, che opera un tradimento e un ritorno alle origini. I suoi fantasmatici pochoir di polvere di vetro sono infatti quanto di più opposto alla gravità terrena della pittura di Folli ma quanto di più vicino alle affascinanti composizioni del suo maestro Morandi.
“Umberto Folli 1919-1989. Omaggio al maestro” – Cervia, Magazzini del Sale – fino al 14 luglio – orari: lu-ve 20-24; sa-do 10-12 e 19-24 – ingresso libero.