sabato
28 Giugno 2025
Il festival

Ammutinamenti si chiude con la Vetrina della giovane danza d’autore

Fino al 14 settembre vari luoghi di Ravenna ospiteranno le coreografie di quindici autori provenienti da tutta Italia

Condividi
Eliana Stragapede Amae Ph David Kalwar 2
Eliana Stragapede Amae

Da giovedì 12 a sabato 14 settembre la XXVI edizione del festival Ammutinamenti propone come ogni anno la Vetrina della giovane danza d’autore, piattaforma nazionale di emersione della nuova generazione di artisti nell’ambito della danza contemporanea e di ricerca italiana che vede protagoniste le creazioni di 15 autori selezionati tramite call nazionale dai partner del Network Anticorpi XL. 

Giovedì 12 settembre la rassegna si apre con cinque lavori, a partire (ore 16.30, Almagià) da Gossip body della coreografa e danzatrice Ottavia Catenacci, creazione che nasce dal desiderio di esplorare la narrazione attingendo alle relazioni umane come materiale di composizione. Daughters (Fondazione Sabe per l’Arte, ore 17.30 e in replica 18 e 18.30), di Teodora Grano, indaga invece il rapporto tra scrittura e danza, partendo dal racconto di un legame familiare situato fuori dalla biologia. Il tutto impreziosito dalle musiche di Massimo Pupillo. Il palcoscenico del teatro Rasi ospita invece in serata (dalle ore 20.45) tre spettacoli: I have seen that face before è il titolo della coreografia di Giovanni Insaudo (danzata da Sandra Salietti Aguilera e Hélias Dorvault), un’analisi delle possibilità fisiche e cinematografiche contenute nei secondi tra il termine di una performance e gli applausi. A seguire, Roberta Maimone firma Wonder, Love, performance che esplora il regno dell’amore impossibile, danzata da Federica Lovato, mentre la prima giornata della Vetrina si chiude con AGiTA – Il corpo elettrico di Mariagiulia Serantoni, spettacolo di danza, voce e suono che affronta il concetto di “agire”, osservando cosa spinge un corpo femminile a mettersi in moto.

 Sette sono poi i lavori di venerdì 13 settembre, a partire da HÀ-BI-TUS (ore 16.30, Mar), coreografia di Alessandra Ruggeri (con le danzatrici Anya Pozza e Kyda Pozza) che si addentra nel tema dell’identità, ponendosi domande fondamentali su cosa costituisce veramente il nostro essere, cui segue (ore 17.30) Superfici discontinue di Antonio Cataldo, attraverso il quale il coreografo indaga il ruolo pratico ed emozionale che gli aggeggi e rituali protettivi esercitano in relazione a quelli nocivi o pericolosi. La performance si sviluppa da un approccio ribaltato ai dispositivi utilizzati dal performer, il quale maneggia ginocchiere, gomitiere, guanti chirurgici sterili e chiodi come oggetti sconosciuti. Alle 18.30 in piazza Kennedy ecco quindi Swan, di Gaetano Palermo, prodotta da La Biennale di Venezia, una performance (con Rita Di Leo) per spazi pubblici che si ispira all’assolo La morte del cigno che Michel Fokine coreografò per Anna Pavlova nel 1901. In serata (ore 20.45, Rasi)  è sul palco Klore, lavoro nato dall’esigenza di Mariangela Di Santo (in scena con Giacomo Graziosi e Carmine Dipace) di sottrarre la tradizione dalle proprie radici e farla rifiorire nella contemporaneità. Punto di partenza è la tarantella lucana, sottile incantesimo mimico del corteggiamento amoroso. A seguire, Michael Incarbone, regista e coreografo, guida Erica Bravini in Fallen Angels, una sospensione ipercinetica, tra alto e basso, ascesa e rovina. Spintə (Quasi caduta), ideato da Claudio Larena e con Elena Bastogi e Giulia Cannas, è invece una performance che nasce da un’indagine sull’ambiguità del gesto della spinta (sull’altalena) in termini relazionali, individuali e fisici. La lunga giornata si chiude, sempre al Rasi, con Amelia del Collettivo Macula, un elogio alla fragilità, un invito a immergersi nella dimensione del ricordo e a lasciarsi attraversare dal senso di vuoto che deriva dalla sua perdita. 

Sabato 14 settembre, terza e ultima giornata della Vetrina, prende avvio con due performance (dalle ore 17.30, Rasi). KAMA, lavoro di Gianni Notarnicola, è un gioco, che ruota attorno alle maniere, i modi, gli stereotipi, come parlare, muoversi e atteggiarsi. A seguire, il lavoro di Eliana Stragapede, che con AMAE si interroga sul bisogno di co-dipendenza nelle relazioni umane indagando il desiderio di essere amati passivamente, cercando l’indulgenza dell’altro. La Vetrina si conclude (ore 21.30, Almagià) con il lavoro di Simone Lorenzo Benini dal titolo (e poi entrarono i cinghiali), un vero e proprio urlo, liberatorio ed eccessivo che dalle profondità del polmone corre lungo la trachea, invade le corde vocali e muta.

Condividi
Contenuti promozionali

LA CLINICA DELLA FINANZA

CASA PREMIUM

Spazio agli architetti

Casa CZ, nuova luce in una bifamiliare

Il progetto di ristrutturazione dello studio Locarc a San Mauro Pascoli

Riviste Reclam

Vedi tutte le riviste ->

Chiudi