Manca poco al debutto di Lettere a Bernini, la nuova creazione del drammaturgo e regista ravennate Marco Martinelli – fondatore delle Albe insieme a Ermanna Montanari (con cui condivide l’ideazione dello spettacolo) – che debutterà in prima assoluta martedì 3 dicembre al Teatro Rasi di Ravenna, dove resterà in programma fino a domenica 15. Tra i nodi che l’opera si propone di affrontare, c’è quello del rapporto fra gli intellettuali e il Potere in un’epoca segnata dalla propaganda, quello della complessità dell’animo umano contro ogni tentativo di semplificazione e infine uno sguardo su un passato che, per certi versi, somiglia al nostro presente.
Lettere a Bernini si svolge interamente in un giorno d’estate dell’anno 1667, esattamente il 3 agosto. In scena, nel suo studio di scultore, pittore e architetto, il vecchio Gian Lorenzo Bernini, interpretato dall’unico attore sul palco, Marco Cacciola, che recita in italiano e in napoletano. La massima autorità artistica della Roma barocca è infuriata con Francesca Bresciani, intagliatrice di lapislazzuli che ha lavorato per lui nella Fabbrica di San Pietro e che ora lo accusa, di fronte ai cardinali, di non pagarle il giusto prezzo per il suo lavoro. Da questa vicenda, storicamente documentata, prende il via Lettere a Bernini: sono le lettere che la Bresciani spediva ai potenti committenti del Bernini, per denunciare il torto subito e rivendicare i propri diritti, rivelandosi figura di emancipazione femminile ante litteram.
Nell’infuriarsi con la donna, – in questo atelier che era un vero e proprio teatro, in cui, mentre scolpiva e creava, parlava con i cardinali, impartiva degli ordini ai suoi artigiani e spesso, appunto, si infuriava – Bernini evoca l’ombra dell’odiato rivale, Francesco Borromini. Ed è proprio nella figura di Borromini che risiede la genesi di questo lavoro di Martinelli:
«Anni fa visitai con Ermanna San Carlino, il capolavoro di Borromini, e rimanemmo incantati, travolti, tramortiti. Da lì ho cominciato a leggere di tutto; e più entravo nella vita di Borromini, più si faceva avanti il rivale, Gianlorenzo. All’inizio tendevo ad allontanarlo, mi dava fastidio questa figura così prepotente, così protetta dai papi, il dittatore artistico della Roma del suo tempo. Non era solo un grande artista, era un imprenditore, decideva lui chi lavorava e chi no. Poi a un certo punto, grazie a Ermanna, mi sono fatto rapire anche io dalla grandezza di Bernini e il primo pensiero è stato quello di creare un dialogo fra i due» spiega l’autore.
Nella visione di Martinelli, che si incarna anche nell’omonimo libro edito per Einaudi, la narrazione procede tra una citazione di un Papa e una di un Cardinale, un discorso su di Hitler e uno sui followers, catapultando il pubblico immediatamente dal Seicento all’oggi. Attraverso una drammaturgia in cui la voce monologante dell’attore e quella di Bernini si rincorrono e sovrappongono senza soluzione di continuità, l’opera ci mostra un Seicento che parla di noi, sospeso tra il secolo della Scienza nuova e l’attuale imbarbarimento, sempre più incombente.
Infine, per approfondire la figura del Bernini, Albe/Ravenna Teatro propongono un ciclo di tre appuntamenti: oltre alla presentazione del libro del 7 dicembre, è in programma per l’8 dicembre, sempre al Rasi, La commedia di Filodosso, ovvero: le fatiche della Virtù, una lettura teatrale, ad opera dell’attore/performer Gianfranco Tondini, della Philodoxeos fabula di Leon Battista Alberti con l’introduzione del docente Alberto Giorgio Cassani.
La mattina del 14 dicembre invece, nella sala Muratori della Biblioteca Classense di Ravenna, verrà presentato A questo serve il corpo. Viaggio nell’arte attraverso i corpi delle donne (Bompiani, 2023) di Roberta Scorranese, in dialogo con con Marco Martinelli e Francesca Masi, direttrice di RavennAntica.
Terminata la programmazione a Ravenna, lo spettacolo andrà in scena dal 28 al 30 gennaio al Teatro Eleonora Duse di Genova, dal 4 al 9 febbraio al Teatro Elfo Puccini di Milano, dal 4 al 9 marzo al Teatro delle Passioni di Modena, dal 2 al 6 aprile al Teatro Biondo di Palermo e, dal 10 al 16 aprile, a Gallerie d’Italia, Napoli.