mercoledì
25 Giugno 2025
l'intervista

Mani, burattini e “neuroni specchio”: per un nuovo approccio al teatro di figura

Sull'ampio e articolato saggio di Stefano Giunchi, fondatore del festival "Arrivano dal Mare!" e di "Atelier delle Figure"

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Stefano Giunchi
Stefano Giunchi con una delle sue teste di legno

Un libro e due anniversari, al centro un artefice, ideatore, organizzatore, appassionato studioso e animatore (il termine è metaforico ma anche pratico) del fantastico mondo dei burattini, e delle figure, che si agita intorno all’immaginario umano da tempo immemorabile. Lui è Stefano Giunchi – cervese d’origine, classe 1948, oggi forlivese d’adozione – per l’appunto autore del recente volume Mani e Burattini (Edizioni del Girasole), fondatore e promotore del festival internazionale “Arrivano dal Mare!” che quest’anno compie 50 anni (da alcuni anni sotto la direzione del Teatro del Drago di Ravenna) e di “Atelier delle Figure” che festeggia i 25 anni di attività.

Ho conosciuto e collaborato con Stefano dai primi anni ‘80, (sia all’Arci che al Centro Teatro di Figura), coinvolto nella sua visione e azione culturale non convenzionale, spesso entropica e anticonformista, a cui devo non poco, nel mio successivo percorso umano e professionale. Una via non sempre facile e proficua ma eccitante. Oggi mi stupisce che il Giunchi, dall’intrico delle sue esperienze di una lunga “vita spericolata”, abbia generato un tale compendio ordinato di studi, storie, documentazioni, suggestioni, prospettive…

Stefano, ma cosa ti ha motivato e consentito di realizzare questo articolato e approfondito saggio? Devi avere accumulato un notevole archivio…
«Fra tutte le attività culturali che ho promosso, diretto e in cui sono stato coinvolto non ho mai mancato di raccogliere e conservare le documentazioni più disparate. Sono sempre stato convinto, soprattutto quando eravamo in una fase inedita, evolutiva e di “confine”, che prima o poi quelle testimonianze e studi sarebbe stato utile archiviarli o ricordarli. Recentemente ho pensato che fosse il tempo giusto per sistemarli, farli rivivere e rimetterli in gioco nero su bianco. Almeno una parte…».

Cos’è che ne fa un nuovo approccio al mondo del teatro di figura che, peraltro, è un termine identificativo di quel campo culturale che tu hai contribuito a coniare?
«La letteratura critica e storica su quella nicchia del mondo dello spettacolo che è il teatro di figura in effetti è scarsa e, tolta qualche eccezione, potremmo dire anche scadente. Diciamo che un lavoro di indagine scientifica di livello universitario è iniziato solo da qualche decennio. Quindi l’esigenza di questo settore culturale, quando l’ho preso in mano seriamente, anche attraverso l’evoluzione del Festival “Arrivano dal Mare!”, era che si configurasse come un’arte autonoma, cercando di approfondirne in modo più analitico, sensato, moderno, le radici e l’identità. L’obiettivo era dargli un rango istituzionale con tutte le funzioni relative, oltre a un nome generale che ne contenesse tutti i rami, per l’appunto “teatro di figura”, una filiera di festival, associazioni, corsi universitari, attività formative, archivi, musei, iniziative editoriali… E piano piano siamo riusciti a costruirle tutte. Sul piano delle pubblicazioni sono usciti diversi libri e riviste ma erano contributi un po’ frammentari. Mani e Burattini nasce invece da un piano editoriale che prevede questo primo volume di quasi 300 pagine, a cui ne seguirà a breve uno sul teatro degli oggetti, e in futuro altri titoli di una vera e propria collana sul settore, che cerca di mettere in ordine sistematicamente storia, categorie, tendenze, problematiche e i loro protagonisti».

Cover Mani e Burattini
La copertina del volume “Mani e Burattini” sulla quale spicca una curiosa miniatura medievale con baracca, burattini e tre fanciulle divertite dalla messa in scena

Ma qual è la formazione ed evoluzione intellettuale chi ti ha accompagnato fino a questo punto?
«Ho una formazione universitaria, ma ho iniziato presto a lavorare nell’ambito politico, sociale e culturale, prima come dirigente dell’Arci, poi appunto in campo teatrale come organizzatore e nella formazione artistica. Ma negli ultimi cinquant’anni non ho mai smesso di studiare, indagare e tenere contatti col mondo accademico, continuando a usare una visione antropologica-culturale che poteva connettere l’angolo di attività intellettuale in cui operavo ad un sottostrato sociale, economico, linguistico. E questo restando anche un po’ inviso da una certa parte del settore».

E come spieghi questa diffidenza?
«Perché i tradizionalisti puri non vedevano di buon grado in mio inserimento del teatro dei burattini all’interno di un orizzonte più ampio della semiologia, dei segni, della comunicazione, come si evidenzia nel libro. Mentre gli innovatori non comprendevano perché fossi così legato e ostinato a indagare le forme più tradizionali e radicali, ignorando certi studi storici, antropologici, umanistici che dimostravano l’esistenza di regole e archetipi, che discendono addirittura dalla conformazione del nostro corpo, che influenzano l’arte della manipolazione dei burattini e d’altra parte la percezione empatica da parte del pubblico che partecipa alla rappresentazione ludica o teatrale. Come per altre forme d’arte, il teatro di figura ha una struttura profonda di stampo artigianale che si trasmette fra generazioni e fra maestri e allievi con l’apprendimento. E anche le avanguardie non possono prescindere da queste radici illudendosi di agire solo su istanze concettuali e slanci creativi, almeno se ambiscono a stimolare la sensibilità degli spettatori».

Questo meccanismo di manipolazione, per così dire atavico, di cui parli nel libro, prendendo a prestito la facoltà anatomica del pollice opponibile e alcune teorie delle neuroscienze come i “neuroni specchio”, spiegherebbe l’universalità ed efficacia della “simpatia” dei burattini, ben oltre le epoche e le circostanze…
«Proprio così, è evidente che se mutano i contesti e le sensibilità c’è un declino di attenzione. Se pensiamo alla grande fortuna che questo genere teatrale ha avuto in passato negli spazi popolari delle piazze e delle fiere, oggi non può resistere allo stesso modo fra centri commerciali e social media. Ma se questa struttura empatica elementare ha funzionato, può funzionare ancora, ammesso che si inventino altre finalità e occasioni di incontro col pubblico contemporaneo. In fondo il teatro dei burattini è un fenomeno carsico, che può tendere a scomparire ma anche riemergere, com’è già accaduto in varie epoche e in vari angoli del mondo, e a prescindere da come e cosa si racconta. Quello che attrae e “tocca il cuore” è il movimento, l’agitazione e la simulazione manipolatoria. Si tratta di una grammatica essenziale, di solito tramandata, ma che è stata anche codificata in pochi movimenti di base della mano, che sono identici dovunque si pratichi il teatro dei burattini. A questo proposito c’è un manuale, La grammatica elementare della manipolazione del francese André Charles Gervais, che ho tradotto, annotato e inserito nella parte centrale libro che esemplifica perfettamente il senso e la tecnica dell’animazione, a servizio degli iniziandi burattinai».
Certo il saggio di Stefano non finisce qui, ricco di ben 37 capitoli, appendici, testi e copioni, contributi di esperti nel campo e una ponderosa bibliografia, “trasversale” a diverse suggestioni e discipline culturali e artistiche che inquadrano in modo “aperto” il tema.

Chi fosse curioso di esplorare l’affascinate universo dei burattini e delle figure potrà conoscere altri particolari dalla viva voce dell’autore e di vari ospiti che hanno incrociato le esperienze di Giunchi, in occasione della prossima presentazione del libro proprio a Ravenna (vedi info qui sotto).
Il libro “Mani e Burattini” di Stefano Giunchi verrà presentato pubblicamente lunedì 20 gennaio, alle ore 18, alla libreria Feltrinelli di Ravenna (via A.Diaz 14). A coordinare l’incontro il giornalista Fausto Piazza; dialogano con l’autore Franco Belletti, direttore organizzativo di Ravenna Festival, Roberta Colombo, direttrice festival “Arrivano dal Mare!”, Marisa Ostolani, premio Guidarello 2024, Marianna Panebarco, vicepresidente nazionale Cna, e Dino Silvestroni, esperto librario.

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